“C’è gente che deve vivere con mille euro al mese… Che ci deve campare una famiglia!”. 27 settembre. Ad un distributore di benzina, alle porte di Vittoria, ci sono tre persone; l’argomento è l’insufficienza della politica, dei notabili di palazzo, la distanza immensa tra chi è in prima linea e chi sta nella retroguardia. Paolo Caligiore indossa gli occhiali da sole, un modello a mosca, di quelli dei primi anni Zero, mentre quelli da vista gli ciondolano sul petto attaccati con un cordino. Tra le tante cose, fa il presidente dell’Antiracket della provincia di Siracusa, nella FAI, ed è di Palazzolo Acreide, la città natale di Pippo Fava. Oltre a lottare con concreto realismo, sul terreno malamente acconciato delle province babbe di Siracusa e Ragusa, Paolo promuove il consumo critico, ha rapporti quotidiani con la cittadinanza e con i commercianti, le cui fila vanno assottigliandosi sotto la bestia immonda della depressione economica. In parole povere, sa come stanno andando le cose tra le piccole e medie imprese. Mentre la nostra decadente classe dirigente si ingrassa come può e agisce male e poco contro i mafiosi, quasi il problema non lo potesse conoscere veramente, intontita dal potere e dal denaro, la sovrattassa del pizzo e l’usura mangiano le carni del tessuto economico. Con noi c’è anche Giorgio Abate, coordinatore provinciale di Libera, 32enne in procinto di impiegarsi in un paese vicino e straniero. Al luogo d’incontro, la stazione di servizio, deve arrivare qualcuno di Altragricoltura, che ci porti alla loro sede, visto che nessuno fra noi conosce le strade ipparine. E qualcuno arriva: al posto di guida c’è Maurizio Ciaculli, lenti da vista e capelli che si vanno ingrigendo. I saluti hanno sempre il sapore della solidarietà, in certe occasioni. Se, infatti, siamo qui è per quello che a Maurizio è successo e per tutto quello che ne è seguito: un’escalation- direbbe un servizio giornalistico ammiccante- di minacce, ultima delle quali l’impiccagione del gatto (già morto) all’albero del giardino.
Parcheggiamo i mezzi dirimpetto a un grosso supermercato. “I posti fino alla linea rossa sono pubblici”, chiarisce Maurizio, non stiamo rubando spazio ai clienti. Ironia della sorte. La grossa distribuzione e i supermercati lo hanno fatto arrabbiare non poco in un passato recente. In un punto vendita di una grande catena di supermercati, Maurizio aveva trovato dei prodotti registrati a nome della sua azienda, ma che non aveva però riconosciuto come tali. Dopo questa sua denuncia si il suo fatturato andrà da 6 a 1 milione di euro annui: una coincidenza che lascia poco spazio alla fantasia ed alimenta la fucina dei legittimi sospetti. I giornalisti della Rai- su Rai news, ma anche ad Uno Mattina e Verde1– si sono messi a dare voce alla denuncia, lasciando dire all’intervistato perfino che era stato avvicinato per ricevere dei soldi in nero per un accordo, al fine di evitare un processo alla catena e alla grande distribuzione. Licenze che, a dirla tutta, sui fogli locali avrebbero incontrato la censura. Uno che non ci vede chiaro, parlerebbe di agromafie e direbbe: dietro c’è un giro losco, in un territorio dove troneggiano gli Stiddari, nella provincia dove la stessa Cosa Nostra ha lavato i soldi per decenni. Però, come vuole il detto: si pensa, ma non si dice. E’ più comodo pensare che la mafia non esista: questo vale per la maggioranza silenziosa dell’opinione pubblica, ma anche per tutti coloro i quali continuano a non accettare il dato di fatto che sugli Iblei i mafiosi ci sono e da un bel pezzo.
La sede di Altragricoltura doveva essere appartenuta ad una ditta di trivellatori o qualcosa del genere; alle pareti ci sono ancora le foto di macchinari all’opera negli anni’70. I militanti ci accolgono con una gioia sommessa, allegria di naufraghi. Tano Malannino è il presidente, ha il tono inscurito dalle sigarette, ma non troppo, i capelli bianchi,
una superficie di parole italiane da cui salta fuori sempre un termine antico e siculo, al momento giusto, come in quei romanzi di Camilleri. La sede è in costruzione, tutti ci tengono a dirlo, come se giustificassero le condizioni di una stanza in disordine, il loro gioiello tanto faticosamente guadagnato: la devono ancora inaugurare ed è già – suo malgrado- un centro strategico per l’antimafia iblea. Abbiamo qualche minuto per commentare la prima pagina locale di un giornale lasciato sulla scrivania: i Forconi hanno messo su una protesta contro il sequestro di una casa in una contrada di Scicli, lo stesso comune interessato da recenti indagini della DDA; anche
Altragricoltura si è battuta duramente contro le aste giudiziarie e proprio a Giovanni Guarascio, che si diede fuoco dopo aver perso la sua, sarà dedicata una targa nella nuova sede. Del resto, per questa stessa questione, Tano e Maurizio erano finiti davanti al microfono di Sandro Ruotolo: questo rende la dimensione nazionale del problema delle aste; peccato che per spiegarne gli aspetti servirebbe una storia a parte.
Intervista di una televisione locale ai presenti, poi ci mettiamo a sedere. Al tavolo bianco, ci sono i dirigenti e i militanti di Altragricoltura, Paolo Caligiore, Riccardo Santamaria, presidente regionale Sos Impresa– afferente a Confesercenti-, Giorgio Abate e la persona che vi scrive. Arriveranno poi i parenti di Maurizio (fratelli, moglie e figlio). Ci sono anche i giornalisti, quelli abituati alla routine dei fogli locali, che di solito scappano dopo i primi venti minuti di conferenza stampa, ma che, in quest’occasione, resistono in parte fino alla fine. L’argomento è importante, la questione è sentita.
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Tano apre i lavori: siamo qui per i ruoli che ricopriamo, “a seguito di quel fattaccio”. La questione è la protezione che Altragricoltura ha richiesto per Maurizio e la sua famiglia: l’aumento della sorveglianza non è stato percepito. E se sono loro- quelli di Altragricoltura- che non riescono a vedere chi dovrebbe proteggere l’imprenditore? “Ci è stato detto che i soggetti (le forze di polizia addette alla protezione, ndr) sono invisibili”. Forse, ipotizza Tano, sono invisibili anche a chi vuole colpire. A Vittoria c’è fermento: alcune azioni di repressione hanno fatto pensare ai criminali che derivassero dalle denunce di Maurizio Ciaculli. Le istituzioni prendono tempo, ma “questa persona non può correre questi rischi”. “I rischi dobbiamo assumerceli tutti” chiarisce Tano. Lunedì Altragricoltura è convocata a Palermo dall’Assessore Calatabellotta; a qualcuno scappa una risata amara, vista la condizione precaria del Governo regionale, immischiato in diatribe lontane e poco chiare alla gente comune. Forse martedì ci sarà un incontro con Sonia Alfano, presidente della “Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro” a Strasburgo. Dopodiché, si farà la conferenza stampa che è in programma da parecchi giorni.
Giorgio Abate vuole sottolineare che e la commercializzazione dei prodotti agricoli, e le aste giudiziarie sono settori da seguire molto bene. Paolo è chiaro sul condannare l’atto anche solo per l’atteggiamento mafioso. Non bisogna lasciare terreno libero, neppure se si tratta di un caso di antipatia o di concorrenza sleale: se il mafioso si trova in un ambiente in cui è concesso minacciare, allora può operare con facilità. Del resto, le cose si stanno muovendo, sugli Iblei: “A Ragusa stiamo costituendo un’associazione, a Modica si costituirà un’associazione” dice con ritmo e fermezza. Santamaria parla di quanto sia fattiva l’antiracket rispetto alle promesse della politica; cerca di porre l’accento sull’importanza dei rapporti con la Questura, perché è quella che esprime pareri importanti per la Prefettura. Muoversi senza di essa non ha senso, secondo lui. Anche se “non è che sono tutte persone intelligenti in Questura”. Certo, ci può essere una persona sbagliata dentro la divisa, che dà un’opinione compromettente. Poi, Santamaria fa un quadro della situazione locale: a Vittoria ci sono aziende di ex galeotti, che hanno investito, “come se fossero stati in Germania o in America”, e di prestanome: è un terreno inquinato, con le proprie forze di polizia sempre impegnate per l’alto rischio mafioso. E certo questo quadro poco idilliaco stona con la fiducia nelle Istituzioni che Altragricoltura continua a sostenere e a causa della quale si indigna se viene considerata meno di quanto vorrebbe. Quando Tano riprende la parola, c’è tutto lo spazio per ricordare le sfide che l’associazione ha sostenuto in Sardegna, per bloccare bloccare il sistema delle aste intorno ad un affare poco chiaro, nonostante le minacce al proprio responsabile regionale. Per quanto riguarda Vittoria, “a noi la dinamica è chiara”: non è il vicino o il concorrente ad aver innescato le minacce. Al momento, invece, bisogna fare chiarezza per quei soggetti di livello inferiore che interpretano i controlli subiti in questi giorni come frutto della denuncia dell’imprenditore agricolo. Maurizio tira le fila: “Pochi amici sono rimasti”, molti hanno paura. Eppure, una grande macchina sembra essersi messa in moto. Quando ce ne andiamo, ci ringraziano di esserci stati: “Grazie”. Ma di cosa?
Giulio Pitroso
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