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Delitti e Deliri a Catania

L’editoria italiana ha visto tempi migliori. Di lettori ce ne sono pochi, perlomeno in proporzione alla popolazione. Aspettando che l’avvento del digitale cambi una volta per tutte il mercato e magari apra spiragli di alfabetizzazione, la scrittura- sia giornalistica che libraria- boccheggia. In tempo di crisi, la crisi secolare della penisola italiana si moltiplica e cerca appigli e scappatoie, s’ingegna dignitosamente ed è costretta a lavorare fuori dagli schemi.
La coraggiosa iniziativa di un gruppo di ragazzi sotto i trent’anni dovrebbe interessarci in tal senso, soprattutto se il prodotto commercializzato ottiene un discreto successo. Sprovvisto di reti clientelari, appoggi di grandi magnati e santoni deficienti dell’editoria, Adriano Ficili ha potuto esprimere il proprio talento. Talento, tra l’altro, riconosciuto anche nell’ambito del concorso “Racconti della Rete” nel 2009 per il suo “Uomini”. L’associazione “Il R.i.c.c.i.o.”, sotto la guida di Paolo Cirica e Bartolo Lorefice, lo ha appoggiato, ha organizzato eventi di promozione culturale e ha scomodato amici vicini e lontani, nell’ottica artigiana e sincera di un piccolo gruppo culturale. Alla periferia dell’Italia che s’ingrassa nella dimenticanza, a Scicli, quella che Vittorini definì la città più bella del mondo, l’associazione ha editato per anni “Sciclipress”, un periodico d’informazione locale. Sempre per piacere, spirito d’iniziativa e amore per la propria terra: tradotto in italiano, non per soldi. Nonostante il piccolo centro ibleo sia una delle punte di diamante della cultura del Val di Noto, un luogo dove ancora si conserva un certo interesse per il dibattito non solo politico, fare il giornalista onesto, qui come altrove, equivale a subire la precarietà, anche quando si è in proprio. Per questo, i ragazzi dell’associazione hanno voluto provare qualcosa di diverso, tentare di dare visibilità e slancio alla qualità di un loro conterraneo, stampando a fine dicembre 2012 “Delitti e Deliri”, sprovvisto di codice ISBN, fatto circolare tra amici e parenti, gradito dal sottobosco del pubblico, come un vecchio manoscritto clandestino. I tre eretici del sistema editoriale sono tutti studenti: Adriano e Paolo a Filologia Moderna, Bartolo, un passato da assessore in una giunta di centrosinistra, a Scienze e Culture dei Paesi Mediterranei.

Ora, dopo aver presentato nel paese natale il lavoro di Adriano a Scicli, la replica catanese del 15 maggio, alla libreria Prampolini, storico punto di riferimento per il capoluogo etneo. Era prevista la presenza della professoressa Sardo, Dipartimento di Scienze Umanistiche, impossibilitata all’ultimo minuto, e anche quello della professoressa Mazzone, Scienze Politiche e Sociali, la quale ha inviato un messaggio. La professoressa Bonomo ha commentato i testi di Adriano Ficili, il quale ha interloquito articolatamente con lei, con la poetessa Erika Donzella, gli editori e il pubblico, venendo meno alla sua fama di personaggio timido. Leandro Alfieri ha creato il sottofondo musicale alla lettura dei brani da parte di Antonio Starratino, dai quali sono emersi i paesaggi surreali e macabri di “Delitti e Deliri”.
“Il racconto più letto” è intervenuto Ficili “è La casina rossa”, riferito a un luogo che esiste veramente nelle zone di Scicli. “C’è gente da fuori che vuole vedere la casina rossa” ha detto Paolo Cirica. “Facciamo marketing territoriale” ha chiosato ironicamente Bartolo Lorefice. Risata collettiva. Per Adriano, “la dannazione dell’uomo non è legata a qualcosa di soprannaturale ma all’uomo stesso”; al centro della sua narrazione c’è il male, una forma di diabolico di hoffmanniana memoria. Un labirinto, dove “la trappola è sempre quella della società”. Quindi, uno spirito realistico, immerso in una orgogliosa topofilia, ancorata ai luoghi natali e del vissuto, al fine di costruire più facilmente la profondità psicologica: Catania e Scicli. E come scrive Adriano Ficili? Lo scrittore lavora sui frammenti e poi li mette insieme: la scrittura dà un ordine, è una struttura. E se è cosciente della fase di transizione che stiamo vivendo anche nell’arte, cui risponde una certa voglia di far cultura dal basso, per le strade, con il territorio, Adriano rivendica un modo di rapportarsi con il pubblico che non snaturi se stessa per inseguire il pubblico stesso.

Al termine dell’incontro, il pubblico, perlopiù colleghi ed amici, si fanno fare una foto con Adriano, si fanno fare una dedica. Sono i primi momenti di difficile affermazione di un ragazzo che scrive in un paese semianalfabeta, sostenuto da una produzione coraggiosa. Investire su di lui non deve essere facile, ma vale la pena di farne il prodotto di uno sforzo collettivo, pagare 8 euro e iniziare a leggere quelle 70 pagine circa di “Delitti e Deliri”.

 

Giulio Pitroso

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