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Ciclo dei rifiuti in Sicilia: il caso Racalmuto

Come abbiamo già visto in un precedente articolo la Commissione Regionale Antimafia ha individuato una tempistica sospetta che collega lo scioglimento del Comune di Scicli a una negata autorizzazione per l’ampliamento delle attività dell’azienda A.C.I.F. srl. Autorizzazione che, invece, è arrivata “improvvisamente” sotto la gestione prefettizia non senza che persistano delle opacità nei passaggi amministrativi che hanno portato a quel risultato. L’idea che viene illustrata dalla Relazione sul ciclo dei rifiuti è, dunque, che lo scioglimento per mafia del comune, successivamente rivelatosi infondato, sia stato uno strumento per aggirare le resistenze amministrative al consolidamento del monopolio delle discariche private da parte di alcune grandi proprietà.

La scorsa settimana, invece, abbiamo visto come anche nel caso dello scioglimento del Comune di Siculiana si siano verificate delle coincidenze simili. Anzi il caso di Siculiana, primo in ordine cronologico tra quelli trattati nella relazione dell’ARS, rappresenta un vero e proprio modello di conduzione dei rapporti tra un gestore privato e gli uffici pubblici della Regione. In particolare si nota che l’influenza politica di un’impresa come la Catanzaro Costruzioni srl permette di portare avanti degli iter burocratici favorevoli che sollevano comunque “perplessità e zone d’ombra sulla condotta dei funzionari pubblici e degli imprenditori coinvolti” e, quando tale influenza non incontra la giusta accondiscendenza, ricorre eventualmente a minacciare i singoli funzionari con richieste di risarcimenti personali.

Anche Racalmuto è un comune sciolto per mafia con un decreto del Presidente della Repubblica del marzo 2012. Lo scioglimento avviene nell’ambito di un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo del giugno 2011 che indaga il sindaco Salvatore Petrotto per concorso esterno in associazione mafiosa. Petrotto si dimette, ma l’ipotesi investigativa viene archiviata quattro mesi dopo. Ma per l’allora Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, l’archiviazione del procedimento non escluderebbe la vicinanza dell’ex sindaco all’associazione mafiosa locale che “avrebbe consentito all’organizzazione criminale di potersi infiltrare all’interno del Comune”.

Petrotto, audito dalla Commissione dell’ARS, riferisce che l’avviso di garanzia gli venne consegnato una decina di giorni dopo l’inaugurazione di un Centro comunale di raccolta dei rifiuti al servizio di tre città, occasione nella quale dichiarava che non avrebbe più “conferito un chilo di rifiuti in discarica”. Durante l’audizione Petrotto afferma anche di essere stato oggetto di una campagna giornalistica ostile guidata da Antonello Montante che riprese con un certo vigore nel 2016.

Soltanto due pagine della relazione sul ciclo dei rifiuti (pp. 101-102) vengono dedicate al caso di Racalmuto ma, nonostante questa sproporzione rispetto agli altri due casi, esse permettono comunque di far emergere gli aspetti principali che li accomunano. Il caso Scicli e quelli di Siculiana e Racalmuto si inseriscono, innanzitutto, in un quadro generale in cui si fronteggiano due politiche pubbliche diverse e confliggenti: da un lato la scelta di perseguire il modello del conferimento in discarica dei rifiuti (discariche private o comunque a gestione privata), dall’altra quella di creare impianti pubblici di raccolta differenziata. In tutti e tre i casi la Commissione ha sollevato dei dubbi circa il ricorso allo strumento dello scioglimento per infiltrazione mafiosa che, in queste circostanze può aver “travalicato le finalità imposte dalla norma”. È una pura coincidenza il fatto che i tre casi siano accomunati da una opposizione legittima a progetti che prevedevano la realizzazione o l’estensione di impianti privati per lo smaltimento dei rifiuti? È una casualità che in tutti e tre i casi lo scioglimento del comune si sia poi rivelato infondato? Come si spiegano le robuste campagne giornalistiche a favore dello scioglimento di questi comuni e le loro affinità con il “sistema Montante”?

Un insieme di coincidenze che la Commissione Regionale Antimafia, attraverso la Relazione sul ciclo dei rifiuti in Sicilia, ha posto all’attenzione del Parlamento nazionale. Quello che sembra emergere è un vero e proprio modello di influenza economico-politica che, attraverso il timbro di “mafiosità” sugellato dallo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa, ha proceduto con una delegittimazione delle amministrazioni che opponevano resistenze alla creazione di veri e propri monopoli privati. Tutto ciò in un settore, come quello della gestione dei rifiuti, in cui è documentata una infiltrazione almeno ventennale della criminalità organizzata siciliana. Questo, però, non deve portare a pensare che lo scioglimento per mafia sia uno strumento illegittimo o all’idea che qualsiasi amministrazione sciolta per mafia debba essere ritenuta assolta: si tratta di casi documentati e ragionati. Una tale rivendicazione a caldo e priva di un’analisi altrettanto minuziosa suonerebbe come un tentativo maldestro di rifarsi una nuova verginità.

                                                                                                                                   Massimo Occhipinti

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