Il caso di Scicli non è l’unico in cui sia possibile individuare una correlazione sospetta tra lo scioglimento per mafia dell’amministrazione comunale e le decisioni riguardanti la gestione dei rifiuti. Un caso analogo è quello di Siculiana: lo scioglimento per mafia del 2008 (vedi le pagine 86-100 della relazione) anche in questo caso risulta stranamente collegato alla gestione della discarica comunale da parte di una ditta privata, la Catanzaro Costruzioni srl. Analogamente c’è una coincidenza temporale che segue la segnalazione degli “abusi del gestore della discarica” da parte dell’ex sindaco di Siculiana, Giuseppe Sinaguglia, nell’ambito di un’inchiesta del febbraio 2007. Sebbene archiviata, in seguito a quell’inchiesta si apre l’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del sindaco e, poco dopo, avviene lo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa nel giugno 2008. Anche in questo caso entrambe le accuse si riveleranno infondate da parte della magistratura.
Tutto inizia nel 2005 a seguito di un esposto di Lorenzo Catanzaro, amministratore della Catanzaro Costruzioni srl, in cui denuncia di “avere subito e subire una serie di controlli da parte del comune di Siculiana” in merito alla gestione della discarica ritenuti “vessatori e ingiustificati”. A questo paventato abuso d’ufficio l’esposto aggiunge l’aggravante dell’interruzione di pubblico servizio, causata dal fatto che il comune aveva sospeso i lavori di ampliamento della discarica, e dell’agevolazione di Cosa Nostra nella gestione dei rifiuti nel territorio agrigentino. A detta del denunciante, infatti, i suddetti controlli e sospensione si sarebbero intensificati a seguito del rifiuto da parte dell’imprenditore di sottostare ai tentativi di estorsione mafiosa. La sentenza di assoluzione delle azioni comunali ha dichiarato legittimi i controlli e la sospensione. La cosa che colpisce, però, è che proprio questa inchiesta fa da presupposto allo scioglimento del 2008, come si evince dal provvedimento del Presidente della Repubblica 147/2008.
La relazione della Commissione, inoltre, fa emergere anche una certa dose di conflittualità nei confronti dell’amministrazione regionale. Un esempio è il tentativo di Giuseppe Catanzaro, socio della Catanzaro Costruzioni srl e già presidente di Confindustria Sicilia, di mettere in cattiva luce l’ex assessore regionale Marino, che aveva inviato una Commissione ispettiva nella discarica manifestando dubbi sulle procedure di ampliamento della vasca numero 3. “Un attacco che non c’entra niente con la munnizza” consigliava Montante in un’intercettazione del NOE di Palermo “vedi su internet qualcuno che si lamenta”. I lavori di ampliamento continuarono e, successivamente, il rilascio del V.I.A. Da parte dell’ARTA seguì un’iter parecchio veloce ma poco rispettoso di “norme e procedure”, si legge nella relazione degli stessi carabinieri.
Sono le stesse attività di intercettazione che permettono di individuare un vero e proprio modus operandi dei fratelli Catanzaro per esercitare pressioni sulle scelte della Pubblica Amministrazione attraverso due argomentazioni velatamente intimidatorie: la chiusura della discarica provocherebbe un problema igienico-sanitario per la mancata possibilità di conferimento dei rifiuti la prima, un’opposizione o un ostacolo sarebbe stato seguito da una richiesta di risarcimento danni non soltanto all’ente ma anche al singolo funzionario che l’avesse eseguita la seconda.
Un ultimo colpo fu il tentativo dei fratelli Catanzaro di ostacolare la costruzione di un impianto pubblico destinato al compostaggio presso Casteltermini, che avrebbe fatto perdere centralità alla discarica di Siculiana, dilatando quanto più possibile le tempistiche della gara d’appalto. Sia chiaro, però, che tali vicende non hanno mai costituito rilevanza penale: l’indagine della Procura di Palermo seguita all’informativa del NOE verrà archiviata, ma i magistrati non mancheranno di sollevare delle “perplessità e zone d’ombra sulla condotta dei funzionari pubblici e degli imprenditori coinvolti”. Le forme di interazione tra i Catanzaro e gli uffici pubblici della Regione risultano particolarmente pervasive e, salvo alcune eccezioni, caratterizzate da subalternità e da un’eccessiva disponibilità da parte di questi ultimi. In ogni caso, conclude la Commissione Antimafia, non è possibile comprendere la gestione siciliana del ciclo dei rifiuti senza dedicare attenzione a queste forme di interazione che dovrà accompagnare la riflessione in merito nelle opportune sedi amministrative e politiche.
Massimo Occhipinti
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