Il fenomeno del caporalato è in espansione e non a caso i dati degli ultimi rapporti (Dossier Statistico Immigrazione, 5° Rapporto agromafie) mostrano numeri in continua crescita. Un vero e proprio sistema di schiavitù che coinvolge gli individui degli strati sociali più deboli: immigrati (regolari e irregolari), donne e cittadini italiani che si sono ritrovati disoccupati da un giorno all’altro.
Chi conosce bene la piaga dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro è Yvan Sagnet. Quest’ultimo ha lavorato come bracciante nelle campagne di Nardò (LE), dove era impiegato nella raccolta dei pomodori per oltre 10 ore al giorno, percependo miseri guadagni (15-25 euro). Stufo della situazione, Yvan si è reso protagonista della “ribellione” avvenuta nel 2011, dove insieme ad altri braccianti ha denunciato il sistema illegale che li sfruttava, portando alla luce dell’opinione pubblica una realtà tenuta spesso nascosta dalle istituzioni pubbliche e dagli imprenditori agricoli locali.
Dalla sua esperienza trae un libro, Ghetto Italia, scritto con Leonardo Palmisano (etnografo, scrittore e professore di Sociologia Urbana al Politecnico di Bari) ed edito da Fandango Libri, in cui racconta, attraverso le testimonianze dei braccianti vittime dei caporali, la realtà crudele nella quale sono “imprigionati”. Un libro che diventa anche un viaggio lungo l’intera Penisola volto a scoprire le terre simbolo di questo fenomeno. Terre che nascondono caseggiati e casolari abbandonati nei pressi dei quali, spesso, sorgono dei veri propri ghetti, in cui i braccianti si trovano a vivere in condizioni disumane. In questi luoghi dimenticati da tutti, i servizi igienici sono sostituiti da fosse scavate nel terreno, la corrente elettrica è quasi assente, è difficile reperire acqua potabile e si dorme su materassi stipati in piccole baracche sovraffollate. Questi ghetti, diventano un vero e proprio “universo concentrazionario” con le proprie regole e i propri ingranaggi, isolati dal centro abitato e animati da violenza, degrado e povertà estrema. I caporali sono i padroni di queste strutture fatiscenti e percepiscono ingenti guadagni elargendo i servizi basilari ai residenti (cibo, acqua, posto letto e trasporto verso i campi di raccolta). Il viaggio condotto da Palmisano e Sagnet parte dalla Puglia e giunge in Lombardia. Lungo il loro cammino incontrano braccianti provenienti dall’Africa sub-sahariana e dall’Africa centrale, le donne romene di Ragusa, spesso vittime di violenze sessuali, gli indiani “sikh” impiegati nella raccolta di frutta e ortaggi nell’Agro Pontino laziale e sui quali i caporali si avventano con più ferocia. Tutta manodopera senza diritti e a disposizione della brutalità dei caporali.
Palmisano e Sagnet riescono a delineare il sistema che impone i prezzi e le tariffe del mercato: le industrie fissano il prezzo e lo comunicano ai grossisti, questi stabiliscono il prezzo del prodotto al quintale e lo comunicano ai coltivatori, che a loro volta si rifanno sui braccianti attraverso i caporali. Una catena al ribasso dove tutti guadagnano gerarchicamente sui soggetti sotto-ordinati, fino ad arrivare ai braccianti che vedono diminuirsi il loro misero salario ogni anno sempre di più.
Ghetto Italia è una testimonianza preziosa e importante, la denuncia di un sistema che vede collusi caporali stranieri e italiani con imprenditori e grossisti. Una enorme macchina criminale formata da tanti ingranaggi crudeli, che pone in essere un business ultra milionario quasi invisibile ai nostri occhi e di cui tutti dovremmo essere a conoscenza.
Youssef Hassan Holgado
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