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Agromafie, il nuovo preoccupante bilancio per l’Italia

“Il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia è salito a 21,8 miliardi con un balzo del 30% nell’ultimo anno”. Con questi preoccupanti dati si apre la presentazione, nel Palazzo Rospigliosi a Roma, del 5° Rapporto sui crimini agroalimentari stilato da Eurispes, Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.
A coordinare la presentazione del Rapporto è stato il Presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Agromafie, Gian Carlo Caselli che ha introdotto gli interventi dei vari ospiti. Dopo un breve riassunto sul contenuto del Rapporto, esposto dal Presidente Eurispes Gian Maria Fara, hanno preso parola le autorità istituzionali presenti.

La questione del caporalato

Sia il Ministro dell’Interno Minniti, che il Ministro della Giustizia Orlando, hanno sottolineato l’esigenza di chiudere i ghetti, dove si insidia la piaga del caporalato. Come ha specificato il Ministro Orlando, per caporalato si intende “il grave sfruttamento della manodopera, che approfitta degli imponenti flussi migratori, per manovalanza a bassissimo costo e senza diritti.”  Tale fenomeno, non coincide soltanto con il lavoro nero o con i bassi salari, bensì con una vera e propria “riduzione in schiavitù delle persone”.
Per contrastare questo sistema di servitù, recentemente è stata approvata la L. 199/2016 che ha introdotto il reato di caporalato, prevedendo pene e confische dei beni per chi sfrutta in modo violento e aggressivo la manodopera.

Indagini e confische: pronti a discutere una nuova legge

Parla il Presidente Eurispes Gian Maria Fara
Parla il Presidente Eurispes Gian Maria Fara

Secondo i dati della Coldiretti, la criminalità si è radicalizzata non soltanto nei campi, ma anche nella ristorazione e nei locali delle più grandi città italiane. Da Milano a Palermo, le indagini rivelano che “il business dei profitti criminali investe oltre 5000 locali”. Indagini che hanno portato alla cattura e alla confisca di beni per valori di milioni di euro alle cosche mafiose.
Infatti, lo scorso novembre, la Dia ha sequestrato i beni di un imprenditore legato ai Casalesi, i quali avevano il controllo del trasporto dei beni agroalimentari nel Mezzogiorno, a partire dal mercato di Fondi. Più recentemente, a Febbraio, i Carabinieri del Ros hanno portato alla luce il business del clan Piromalli che controllava un grossa fetta della produzione e della distribuzione delle arance, dei limoni e dei mandarini verso gli Stati Uniti. Sempre nello stesso mese, sono state confiscate 4 società italiane riconducibili al boss Matteo Messina Denaro.

Le autorità nazionali stanno cercando di porre un freno a questo capillare e diffuso sistema criminale, ma non sempre è semplice, non soltanto per la vastità del sistema, ma anche per colpa di una legislazione statale che spesso è incompleta.
Proprio per questo, durante la presentazione del Rapporto, gli ospiti hanno espresso la loro volontà di discutere la nuova proposta di legge della Commissione Caselli. Un progetto di 49 articoli,  che è stato sottoposto al Consiglio dei Ministri e che si spera arrivi in Parlamento, con il quale- a detta del Procuratore Caselli- si cerca di “tutelare meglio gli interessi e la salute del consumatore, di aumentare la lealtà commerciale e di dare vita a un buon funzionamento dell’economia rendendola pulita dal malaffare”.
Questa necessità di tutelare i consumatori si riflette anche nella tutela del cibo e della produzione di qualità italiana, colpita dal fenomeno dell’italian sounding e della contraffazione dei prodotti agroalimentari nostrani, come ha affermato il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, ribadendo un controllo sull’import/export e sulle varie filiere agroalimentari.

I Numeri

Prendendo in considerazione indicatori come: furti, estorsione, contrabbando, associazione a delinquere, ricettazione, il nuovo Rapporto ha stilato una classifica delle città in cui il fenomeno delle agromafie è più diffuso, e al primo posto troviamo Reggio Calabria, seguita da Genova e Verona.
La provincia di Ragusa si posiziona al 23°, mentre lo scorso anno si trovava in prima posizione, questo anche perché sono cambiati alcuni indicatori tra quelli presi in considerazione, invece la Capitale si attesta al 74° livello, meglio di Milano.
Ciò che impressiona è il grafico in cui viene evidenziato il tasso di crescita medio annuo dei crimini agroalimentari. Prendendo in considerazione il quinquennio 2011-2016, al primo posto per tasso di crescita troviamo Genova, seguita da Brescia e Verona.
Questi dati danno ulteriore conferma del fatto che tali crimini sono quasi più diffusi nell’Italia settentrionale che nel meridione, questo perché il denaro sporco può essere ripulito più facilmente nelle città in cui c’è un traffico maggiore delle finanze, traffico che è appunto più concentrato nelle città del Nord della Penisola.

In definitiva, questa analisi ha sottolineato come i crimini commessi nel settore agroalimentare siano un fenomeno che affligge tutte le Regioni italiane e che sta aumentando negli ultimi anni. Se non vengono prese delle misure serie per contrastare il malaffare, si rischia di mettere in ginocchio il settore agroalimentare del Paese, che è il fiore all’occhiello dell’economia italiana. Bisogna intensificare i controlli, colmare il vuoto legislativo attraverso norme adeguate e difendere da estorsioni, furti e intimidazioni le aziende che lavorano onestamente, soprattutto in quei territori che sono più a rischio ad infiltrazione mafiosa.

Youssef Hassan Holgado

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