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Il riscatto palestinese passa anche per lo sport

Come al solito siamo in ritardo e il calcio d’inizio sta per scattare tra poco meno di dieci minuti.

Entrando nei campetti di calcio della Cisco Collatino in Via dei Gordiani a Roma, mi rendo conto che il pubblico è più numeroso di quanto pensassi. Famiglie e bambini tengono in mano orgogliosamente la bandiera palestinese, in un clima euforico e disteso.
Una settimana prima avevo ricevuto una chiamata da parte di Lorenzo, un amico che gioca al Casal Barriera, squadra di calcio che milita nel campionato di Promozione, nella quale mi chiedeva di giocare una partita a calciotto. Avevo accettato senza pensarci. Lorenzo aveva pero’ omesso un piccolo dettaglio che mi rivelerà solo dopo: “si gioca contro una squadra rappresentativa della Palestina”.

Ed eccoci qua, stiamo per entrare in campo.
Durante il riscaldamento parliamo con uno dei nostri avversari, Alì, che ci racconta che le loro magliette vengono direttamente dalla Palestina, dove i loghi e le pezze sono stati ricamati a mano. Dopo qualche passaggio e un paio di allunghi, arriva il loro portiere e possiamo iniziare.

“Oh Youssef, te prima punta che sei scarso, al centro campo ci penso io” mi dice Lorenzo.
Dopo cinque minuti dal fischio di inizio andiamo in vantaggio, ma sfortunatamente gli avversari ribaltano subito il risultato e a fine primo tempo siamo sotto 2-1.

Il sole picchia forte e riprendiamo le forze bevendo un po’ d’acqua.
Mentre i ragazzi discutono su come migliorare la tattica difensiva e offensiva, sento un leggero brusio, mi giro verso l’entrata del campo e intravedo l’ambasciatrice Mai Alkila (Ambasciatrice dello Stato di Palestina e Rappresentante Permanente presso diverse agenzie delle Nazioni Unite) che si avvia verso la panchina dove siedono i nostri avversari. Il pubblico chiede che l’ospite appena entrata tiri il calcio d’inizio del secondo tempo, e così ricomincia la gara.

Dopo una serie innumerevoli di pali e traverse finisce anche il secondo tempo. Il risultato parla chiaro: 4-2 per loro. Ma non importa, vedere la gente festeggiare sugli spalti ci fa sentire lo stesso vincitori. 
Cominciano le premiazioni. Gli amici avversari sollevano la sofferta coppa al cielo e fanno le foto insieme ai bambini che hanno sostenuto la squadra dagli spalti, mentre noi veniamo premiati ad uno ad uno con una medaglia  dall’ambasciatrice, che ci ringrazia e ci fa i complimenti per la partita giocata.

Prima di lasciare il campo veniamo fermati dal Dottor Yousef Alazar, organizzatore dell’evento insieme all’Ambasciata della Palestina, che ci avverte che siamo tutti invitati a cena per il terzo tempo.
Così dopo una rapida doccia e i capelli ancora un pò bagnati, entriamo nel Ristorante della Cisco, giusto in tempo per gli antipasti.
Ci sediamo al tavolo con i nostri amici palestinesi, quasi tutti loro parlano bene l’italiano, senza nascondere l’accento arabo. Mentre ceniamo ci raccontano un po’ delle loro vite: Ayeb, studia ingegneria a Tor Vergata, Mohamed si è laureato in lingue in Egitto e ora sta facendo la magistrale qui Roma. Ci dicono che spesso ritornano in Palestina, ma non me la sento di chiedere di come sia la situazione giù: in fin dei conti è una sera di festa e vorrei evitare di far riaffiorare cattivi ricordi. Ogni tanto le nostre chiacchiere si interrompono per sentire i discorsi del Dottor Yousef Alazar, che oltre a congratularsi con noi per la bella partita giocata, ci annuncia di una prossima gara contro la squadra di Zagarolo.

Sono le 22:40 e la serata è quasi finita. Molte famiglie se ne sono andate, così anche noi usciamo dal centro sportivo, mezzi zoppicanti per i crampi che puntualmente sono arrivati. “Bella regà, ci vediamo alla prossima!”, salutiamo i nostri nuovi amici, stanchi ma consapevoli del valore e della bellezza che giornate come questa riescono a regalare. 

Youssef Hassan Holgado

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