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Coronavirus: terreno fertile per le mafie

LA MAFIA AI TEMPI DEL COVID-19

 

L’impatto del Covid-19 è stato chiaro e devastante. Il virus non ha conosciuto né confini né barriere, non ha fatto distinzioni, è stato equo. Talmente impercettibile all’occhio umano ma allo stesso tempo così grande da colpire l’intera economia mondiale, senza fare esclusioni. Si stima che l’Italia possa perdere infatti circa il 10% del proprio PIL a causa dell’emergenza, entrando di fatto nella peggior crisi dal dopoguerra.

Ad oggi diversi settori, come quello della ristorazione o del turismo, hanno già subito importanti perdite di denaro, diventando così prede facili di quegli avvoltoi criminali pronti a trarre il massimo beneficio dalle debolezze economiche e sociali. Lo spettro della mafia è tornato a far parlare di sé in tempi di Covid-19 e lo stesso Procuratore nazionale anti-mafia, Federico Cafiero de Raho, è sembrato preoccupato durante il suo intervento alla conferenza “La criminalità internazionale ai tempi della pandemia di Covid-19” organizzato da IAI.

“Dove c’è sofferenza c’è mafia, le organizzazioni criminali individuano i soggetti più in difficoltà al fine di collocare le proprie risorse” ha dichiarato il Procuratore. In questa emergenza i gruppi mafiosi non fanno ricorso alla violenza bensì sostengono le persone più bisognose, le piccole e medie imprese colpite dalla pandemia, sostituendosi allo Stato sociale e attuando prestiti che mascherano il vero obiettivo che si cela dietro queste azioni: immettersi nell’economia legale. Si pensi ad esempio alla ‘Ndrangheta che ogni anno riesce a generare circa 30 miliardi di euro grazie al commercio internazionale di cocaina. Di questa cifra solamente una somma irrisoria è reinvestita nel traffico di stupefacenti, il resto è destinato all’economia formale, in quei settori che offrono la miglior prospettiva di ritorno.

La storia insegna che già in passato sono state sfruttate situazioni di crisi al fine di investire capitali illeciti in attività legali. Nella Germania del 1989 dopo la caduta del Muro, in Romania e in molte altre aree dell’est Europa la mafia ha saputo sfruttare situazioni di transazione politica, conflitti e povertà per i propri interessi. Durante l’emergenza Covid lo stesso commercio internazionale di mascherine è stato per la criminalità un’opportunità per spostare ingenti quantità di denaro e flussi finanziari verso l’estero.

Tutto ciò fa dedurre quanto in realtà anche la mafia operi senza confini e in maniera quasi del tutto impercettibile, proprio come un virus. “Negli ultimi anni i boss mafiosi hanno cambiato modus operandi” – aggiunge de Raho durante il suo intervento – “Totò Riina era solito agire attraverso l’uso della violenza mentre oggi i vertici delle organizzazioni sono spesso rappresentati da persone laureate in giurisprudenza, in economia o addirittura in medicina, con il fine di inserirsi nel mercato delle grandi case farmaceutiche.”

Proprio per questo motivo bisognerebbe porre una particolare attenzione alla mafia durante questo periodo di forte crisi, non soltanto all’Italia ma anche a livello europeo. I mafiosi sono cittadini del mondo e riescono sempre ad insediarsi nei territori stranieri, entrando in contatto con le comunità locali. Ad esempio, in Olanda la mafia ha avviato un importante business basato sul commercio di fiori e sulle agenzie immobiliari.

Nel 2020 non è quindi corretto affermare che solo “in Italia la mafia sta aspettando di mettere le mani sulla nuova pioggia di soldi in arrivo da Bruxelles”, come scritto sul quotidiano tedesco Die Welt in piena emergenza Covid. Come ha affermato l’ex Ministro della Giustizia Paola Severino “non ci sono barriere nazionali in tal senso. Serve una coscienza comunitaria e un forte mezzo di contrasto a livello europeo.”

Riccardo Lucentini 

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