Come hanno fatto le mafie italiane ad impadronirsi della Germania? Come viene percepito il fenomeno mafioso a Berlino? Sono tutti quesiti a cui hanno cercato di rispondere Sabrina Pignedoli e Ambra Montanari nel loro ultimo libro “Le mafie sulle macerie del Muro di Berlino. Gli affari di ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra in Germania” edito da Diarkos. Fresco di stampa nel novembre del 2019 questo testo ripercorre storicamente gli avvenimenti più importanti che hanno portato le cosche italiane ad espandere il loro business illegale in uno dei Paesi cardini dell’Unione Europea. Ma come è stato possibile?
Dalle macerie del muro
Gli investitori italiani “arrivarono con le valigette” – si legge nelle prime pagine del testo – subito dopo la caduta del muro. Valigette piene di denaro contante che serviva per comprare tutto il possibile, soprattutto nel settore della ristorazione. Così, membri di spicco e intermediari delle varie famiglie mafiose pompavano soldi nella Berlino Est per comprare bar, fabbriche e ristoranti in svendita. Denaro funzionale a rimettere in piedi l’economia tedesca dalla magra esperienza sovietica. Nessuno faceva domande, era considerato tutto legale. “Gli interessi dello stato tedesco – scrivono le autrici – involontariamente hanno combaciato con quelli della mafia siciliana e delle altre mafie italiane, che nel frattempo hanno aumentato la loro potenza, soprattutto la ‘ndrangheta”. L’impero economico di queste famiglie è partito dalla compravendita di beni immobili a prezzi irrisori e con metodi di pagamento che rendevano pressoché impossibile verificare la tracciabilità del denaro.
Attraverso una narrazione giornalistica basata su fonti di cronaca giudiziaria, documenti e rapporti stilati dalle agenzie di sicurezza nazionali e internazionali, ci viene restituita una realtà problematica in cui l’intero territorio tedesco sembra essere permeato dalla criminalità italiana. Una realtà incompresa dalle forze di polizia locali e dai governi tedeschi che si sono succeduti dai primi anni 90 ad oggi, i quali – come riporta la tesi del libro – hanno derubricato le questioni di mafia come “faccenda tra italiani” scordandosi di fatto che gli omicidi e i loschi affari sono commessi in terra tedesca e vanno ad incidere nella salute dell’economia nazionale.
Altro fattore che ha permesso alla criminalità organizzata di espandersi capillarmente è la nuova strategia di collaborazione nata tra le varie famiglie. Per mantenere il proprio dominio si preferisce agire nell’ombra ed evitare il più possibile esecuzioni materiali e regolamenti di conti, in modo da non attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e degli apparati di polizia. “Le mafie italiane – scrivono le autrici – hanno capito che nella ricca terra tedesca, così come nel Nord Italia, non serve controllare il business e guadagnare tutti. La collaborazione e l’aiuto reciproco diventano, quindi, più utili”. Camorra, ‘Ndrangheta e Cosa Nostra alleate in terra straniera per guadagnare il più possibile attraverso prestanome, fatture false, vendita di capi d’abbigliamento e ristorazione. Tutte attività che servono a riciclare i proventi del traffico di stupefacenti, soprattutto di cocaina. Quest’ultima, dai porti sudamericani arriva nei porti europei di Anversa, Rotterdam e Gioia Tauro, giusto per citarne alcuni, all’interno di enormi e colorati container per poi essere smistata in tutta Europa.
Il terrore in Germania
Tuttavia, il silenzio e l’invisibilità mafiosa sono stati squarciati dalla strage di Duisburg del 2007, di cui le due autrici ci restituiscono un vivido e brutale racconto. Quella notte vennero assassinati con 55 colpi di arma da fuoco sei ragazzi (Marco Marmo 25 anni, Francesco Giorgi 16 anni, Francesco Pergola 22, Marco Pergola 19, Sebastiano Strangio 38, Tommaso Francesco Venturi 18). L’intero Paese si svegliò scioccato e per la prima volta iniziò a rendersi conto di quanto la mafia italiana sia permeata nel sistema sociale ed economico tedesco.
Nelle ultime pagine del libro, le autrici cercano di fare un’analisi più ampia del fenomeno, tracciando le misure di sicurezza adottate dalla Germania e le problematiche di una legislazione troppo lenta nel reagire agli impulsi della criminalità organizzata. C’è da dire però che l’opinione pubblica tedesca fortunatamente non ha conosciuto un periodo stragista come quello che abbiamo avuto qua in Italia nel 92-93 dove agenti, giudici, giornalisti e membri delle istituzioni sono stati vittimi di attentati e auto bombe. Un periodo di sangue e terrore che ha dato vita all’adozione di misure preventive forti e necessarie per il contrasto alla criminalità. Ed è proprio questa la direzione su cui sembra tendere la Germania, un paese oramai in cui ‘Ndrangheta, Camorra e Costa Nostra la fanno da padroni.
Youssef Hassan Holgado
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