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L’Europa non svolta a destra

Brexit

“La velocità delle sottoscrizioni è la più alta mai gestita dal sito”. Così alle sei meno un quarto del mattino, il 21 marzo, un tweet della Commissione Petizioni britannica si giustificava per i problemi tecnici. Appena oltre sei milioni (6,074,119) le firme per fermare la Brexit. Ma un passo indietro è improbabile. Il 12 aprile la Gran Bretagna sarebbe diventata un paese terzo a tutti gli effetti, senza nessun accordo, se non fosse stato per il delay al 31 ottobre. La campagna euroscettica trovò sostenitori sia a destra e che a sinistra.

Macron e il suo manifesto

Insomma, si fa presto a dire sovranismo. A preoccupare gli europeisti sono gruppi diversi fra loro che evidenziano le contraddizioni tra il piano politico e quello economico dell’Unione. Lo dimostra la lettera per il Rinascimento europeo di Macron, che è stata definita un manifesto del sovranismo europeo. Rivolta direttamente ai cittadini degli stati dell’Unione, è un manifesto politico, forse autocritico, che parla di sicurezza sociale, lavoro, gestione equa dell’immigrazione: ha raccolto tiepidi consensi e il plauso di Viktor Orbán.
Il gruppo di Visegrad è considerato a torto un blocco unitario. La Polonia sembra sul punto di voltare pagina alle prossime europee, con una lista pro-UE. Al primo turno delle presidenziali, la Slovacchia ha visto la vittoria della leader anti-corruzione Zuzana Caputova contro gli euroscettici. Dove sono all’opposizione, le destre populiste incrociano il malcontento nelle aree rurali e nelle periferie approfittando del declino di classi dirigenti diverse fra loro, ma egualmente incapaci di formulare proposte originali. Nel farlo, si servono della xenofobia e minacciano l’uscita dall’UE: avrebbero percentuali a due cifre l’estone EKRE, i Democratici Svedesi, Alternativa per la Germania, il Front National, forse la spagnola Vox. Tutti questi partiti bollati come populisti hanno idee diverse in fatto di famiglia naturale, aborto, gay. Potrebbero confluire nel gruppo di Salvini e Le Pen, l’ENF, o nel gruppo del M5S, l’EFDD, ma non sono escluse altre soluzioni. L’etichetta è, insomma, poco efficace: sovranisti sono definiti anche i separatisti catalani processati in questi giorni a Madrid. L’EFA, l’euro-partito che raccoglie formazioni analoghe costituisce una minaccia reale per l’unità nazionale di Gran Bretagna, Francia, Belgio e Spagna. La loro non è una semplice lotta per “nazioni senza stato”, ma un attacco alla classe dirigente dei paesi di provenienza.

Nuove categorie politiche

Non sono solo le famiglie politiche tradizionali europee ad affrontare un grande cambiamento, ma le categorie politiche stesse. Il leader della France Insoumise, Mélechon, ha giocato sulla disaffezione verso i partiti a sinistra, costruendo relazioni anche con i gilet gialli. La Sinistra GUE è attraversata dalla frattura tra la greca Syriza e il partito francese, accusato di tenere posizioni ambigue sui migranti. Tuttavia, la strategia di rubare voti a Marie Le Pen sembra controproducente, in quanto i due elettorati hanno posizioni politiche e livello di formazione differenti.
Populismi e sovranismi costringeranno in minoranza Popolari e Socialisti, che dovranno allargare la coalizione ai Liberali. Il punto sta, però, nella mancanza di idee e soluzioni comuni che riavvicinino i cittadini di serie B alle istituzioni. Gli schieramenti anti-EU lucrano sull’immobilità degli europeisti, mentre questi ultimi agitano lo spauracchio della fine dell’Europa per nascondere la loro inadeguatezza.

Giulio Pitroso

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