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Lì nella terra di nessuno l’ennesima sconfitta per lo Stato

Le periferie in mano alle mafie

Dalla “Torraccia” di Torrespacata a Via dei Codirossoni situata nel quartiere di Torre Maura ci vogliono circa dieci minuti di macchina. Il centro che avrebbe dovuto accogliere i settanta Rom dista poco più di due chilometri. Nella mattinata soleggiata di venerdì 5 aprile la situazione è tornata quasi alla normalità, ci sono soltanto una decina di residenti a controllare lo “sgombero” dei rom dalla struttura. Però, le manifestazioni esplicite e violente dei giorni prima, animate principalmente da Casapound, hanno lasciato il segno tra i palazzoni. I residenti non sono d’accordo con la narrazione di questi giorni che etichetta Torre Maura (20,000 abitanti circa) come razzista.

Il quartiere si trova nel VI Municipio, quello delle Torri. A Torre Angela è stato arrestato qualche anno fa Enrico Nicoletti, considerato dagli inquirenti il cassiere della Banda della Magliana. Già un focus dell’Associazione antimafia daSud aveva evidenziato come in numerosi quartieri è meglio non aprire un esercizio commerciale per via del pizzo. Questo succede sia nel rione ricco e universitario di Piazza Bologna sia qui a Torre Maura. 

Sul mattino di Torre Maura splende il sole. Chiediamo ad una signora del posto se si può parcheggiare nella via adiacente al centro d’accoglienza, visto che non ci sono le tipiche strisce bianche. Mi risponde di sì. “Tanto co’ tutto sto casino de ‘sti giorni non penso sia un problema”. “Ma li stanno sgomberando tutti?” chiediamo. “Embé lo spero proprio!”
L’ingresso principale del centro è sorvegliato da una ventina di poliziotti venuti con quattro camionette. Al di là del cancello c’è Carmine, un italiano che si trova lì dentro e risponde  pazientemente alle domande dei giornalisti. È stato mandato insieme ai Rom e capiamo a pieno il disagio che prova quando ci dice “se loro vivono come bestie, io non lo sono, sono un essere umano”. Continua accusando l’amministrazione Raggi, “la casa me la devono dare, sono 20 anni che faccio ‘sta vita, che sto sempre con le valigie in mano. Se non me la danno, metto la tenda qui davanti – indica il prato di fronte – e mi metto a dormire qua”. Carmine è italiano, è visto con un occhio diverso dai residenti, che più volte lo difendono affermando che lui in questo centro ci può stare a differenza degli altri (i Rom). Mentre cerchiamo di parlare con alcuni abitanti del quartiere, le prime due navette della Sala Operativa Sociale iniziano a trasportare i rom verso altre strutture, le quali non vengono rivelate dalle forze dell’ordine per motivi di ordine pubblico e sicurezza.

 

Giornalisti e residenti non si capiscono

“Noi con i giornalisti non ci vogliamo parlare, basta interviste. Parlo solo se siete in diretta” ci dice un signore molto magro, sulla cinquantina e con il giubbotto nero, mentre ci riprende con il suo cellulare. Ci accusano di aver riportato una realtà diversa e falsa negli articoli pubblicati e nei video mandati in onda in televisione. “Avete intervistato dei sedicenni, è ovvio che quelli te dicono che li vojono brucia’, je vojono da’ foco. So’ teste calde, non ragionano” ci dice un altro signore, mentre si fuma una sigaretta. Tuttavia, il clima sembra calmo, sino a quando non si avvicina un signore alto, con i capelli lunghi, che sta portando a spasso due barboncini. Chiede i nostri nomi, per quale testata lavoriamo e mentre va via ci urla in maniera inequivocabile: “Voi dovete fini’ nei forni insieme a sta gente de merda (sempre i Rom ndr.)”. Ci troviamo in mezzo ad una decina di residenti, una signora dopo aver sentito quelle parole dice: “Vabbé ma questi so’ bravi, stanno solo cercando di fare il loro lavoro” riferendosi a noi.
Quando chiediamo il perché delle loro proteste la risposta è sempre la stessa “non siamo razzisti, ma loro sono un popolo illegale. Ce vengono a ruba’ dentro ‘e case”. Più volte ci ribadiscono che non hanno avuto nessun tipo di problema, quando già qualche anno fa sono stati accolti alcuni immigrati nello Sprar lì affianco. “Osman insegnava inglese ai nostri figli fuori scuola” dice un residente,  “ci pulivano i giardini e  gli lasciavamo sempre qualche spiccio. Erano integrati, ma questi (sempre i Rom ndr) so’ diversi, questi nun se vojono integra’”.
Mentre discutiamo della questione, uno dei residenti chiama col fischio un altro giornalista, di una rinomata testata nazionale, è appena arrivato, ma l’accoglienza non è delle migliori. “Te mando sulla sedia a rotelle a te!”, “te strappo” gli dice, cercando di intimorirlo. I giornalisti sono visti come infami, gente che scrive fesserie,mettono in cattiva luce l’intero quartiere. Un quartiere che a loro detta non è violento e non è razzista. In pochi ammettono le colpe di Casapound e di coloro ritratti col braccio alzato in numerosi video circolati nelle giornate scorse.
L’ora di pranzo si avvicina, se ne va anche la terza navetta. “Io nun so’ de nessuna fazione politica, so’ del partito della pagnotta, ma ‘sta gente qua non ce la voglio” ci dice un ragazzo con la tuta della Roma. Nel frattempo la gente del posto ritorna a casa, la lotta riprenderà dopo mangiato.

Credit Photo: Youssef Hassan Holgado

Dopo un paio d’ore anche l’ultima navetta parte dal centro accoglienza, sono tutti contenti e soddisfatti. Più contenti sono gli esponenti di Casapound e di Forza Nuova che qui hanno terreno fertile per seminare odio e rabbia da trasformare in voti. La Raggi è la grande assente di questa terra scordata da tutti e governata da nessuno. Alla fiaccolata organizzata da Forza Nuova del pomeriggio partecipano una decina di persone, è maggiore il numero dei giornalisti presenti. Purtroppo il grande vuoto istituzionale è stato colmato da fazioni politiche estremiste e dalla criminalità organizzata locale. Roma è in balia degli squali. La sinistra manifesta una volta che i giochi sono finiti e la faccenda è stata conclusa con una marcia promossa dall’Anpi.

Youssef Hassan Holgado

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