Ragusa, Siracusa e Catania
Il settore delle scommesse è troppo appetibile per non essere oggetto di una grande spartizione dei proventi. Negli ultimi anni, e fino all’operazione “Gaming Off Line” del 2018, si è assistito ad una gestione collettiva del settore, sotto l’egemonia dei clan catanesi Santapaola-Ercolano e Cappello-Bonaccorsi.
L’operazione ha coinvolto in totale 68 persone (tra la Sicilia, la Calabria e la Puglia), portando al sequestro di un patrimonio pari a 70 milioni di euro in tutta Italia ed ha concluso un’attività investigativa che si è sviluppata tra il 2016 ed il 2017. Tra i beni sequestrati, oltre ai centri scommesse, ci sono un autosalone, una squadra di calcio militante nel campionato di Promozione, un lussuoso appartamento sito a Castelnuovo di Porto a Roma e fittiziamente intestato ad un Gruppo Europeo di Interesse Economico maltese.
I reati contestati sono: associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione per delinquere, l’esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, truffa aggravata ai danni dello Stato, riciclaggio, intestazione fittizia di beni.
In particolare, l’operazione “Gaming Off Line” ha portato alla luce un sistema che vedeva coinvolte 28 persone in Sicilia, le cui iniziative si svolgevano attraverso software che permettevano di accedere ad un sistema abusivo di scommesse (il dominio del sito era .com, mentre in Italia sono autorizzati solo estensioni .it ndr). Se, da un lato, Salvatore Massimo Salvo (esponente apicale del clan Cappello-Bonaccorsi) insieme a Giovanni Orazio Castiglia (anch’egli legato da rapporti di parentela con il clan etneo) si occupavano del territorio catanese, dall’altro lato, si servivano dell’operato di Salvatore Bosco e di Antonino Iacono per la diffusione e la gestione dei centri scommesse nei territori di Siracusa e Ragusa e di Giovanni Conte, organizzatore della rete di agenzie operanti a Siracusa, Augusta, Gela, Vittoria e Floridia. Il metodo era semplice: affiancare un imprenditore locale nell’acquisto della sala, fornirgli il software e farsi garantire i pagamenti periodici per la concessione.
Le indagini sul clan Ercolano-Santapaola, condotte anche grazie al contributo di Fabio Lanzafame (ex rappresentate regionale del marchio “PlanetWin365” – oggi estraneo ai fatti -, considerato dagli inquirenti “l’ombrello legale del sistema”), hanno condotto le forze dell’ordine a sgominare un sistema che, secondo gli investigatori stessi, avrebbe fruttato più di 50 milioni di euro ai clan tra il 2011 ed il 2017. Le società, spesso di proprietà di prestanomi, erano legate a doppio filo con la Holding N.V. Curacao Company, con sede nelle Antille Olandesi, la quale deteneva l’intero capitale sociale della società albanese Remote Betting Solution, creata ad hoc per garantire la copertura del sistema e gli interessi del clan Santapaola, facendo rientrare i soldi in Sicilia attraverso l’Albania con operazioni fittizie legate anche ad una serie di autonoleggi riconducibili a Carmelo Placenti.
Al vertice dell’organizzazione c’erano i fratelli Placenti, Carmelo e Vincenzo, che si servivano di una organizzazione piramidale che poteva contare su 8 master (individuati in Cristian Di Mauro, Salvatore Barretta, Orazio Bonaccorso, Antonio Chillè, Marco Daidone, Federico Di Ciò, Simone Insanguine, Gaetano Liottasio e Angelo Mazzerbo), sotto i quali operavano 28 commerciali, 7 sub-commerciali e 20 presentatori (tra i quali Sebastiano De Matteo, Fabio Calcagno, Alfredo Valenti, Giovanna Blandini, Sebastiano Campisi, Francesco Guerrera, Ottavio Imbesi, Giuseppe Cocimano, Giovanni Iannì, Luciano Paccione, Massimo Giuffrida).
Simone Lo Presti
Be First to Comment