Fa freddo sabato pomeriggio. È il 5 gennaio, trentacinque anni dopo l’omicidio del direttore Giuseppe Fava. Per l’omicidio sono stati condannati Nitto Santapaola (ergastolo), in qualità di mandante, Vincenzo Ercolano e Maurizio Avola (7 anni il patteggiamento), considerati gli esecutori materiali del delitto.
Arrivo puntuale in Piazza Roma, a Catania, dove già un folto gruppo di persone si è radunato per l’appuntamento delle 16. Riconosco alcuni storici membri della redazione dei “Siciliani giovani”. C’è Giovanni Caruso, del GAPA, e Maurizio Parisi, che mi accoglie con il suo solito sorriso di caruso. “C’è anche Don Ciotti” mi dice Giovanni, “salutalo”. Faccio il giro della piazza e mi accorgo che si è formato un piccolo capannello di persone vicino a dove sta la polizia e si è accesa una discussione. Accanto a me vedo Giovanni Abbagnato, canuto attivista palermitano a cui chiedo informazioni. “C’è un assessore leghista che vuole partecipare al corteo” mi spiega. In effetti i toni sono parecchio accesi per via della presenza dell’assessore Fabio Cantarella (Lega Nord). “Dovremmo prenderlo di peso e allontanarlo” suggerisce uno tra i manifestanti, “oppure andarcene noi e lasciarlo da solo: noi con questo qua non abbiamo nulla a che fare”. Il clima resterà teso per tutta la durata del corteo (e anche dopo), tra chi avrebbe voluto mandarlo via in malo modo e gli altri che, in silenzio, lo ignorano.“È molto grave – scriveranno poi i Siciliani Giovani in un comunicato stampa – che la provocazione di un assessore leghista, atta all’unico scopo di ottenere visibilità per farsi strada nel suo partito e assicurarsi la candidatura alle prossime elezioni, abbia in parte oscurato la grande partecipazione al corteo, al quale ha partecipato in prima fila Don Luigi Ciotti, e abbia distolto l’attenzione dai temi che la nostra mobilitazione vuole portare avanti: le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni, il ruolo dell’imprenditoria collusa nel potere mafioso, gli affari di Mario Ciancio e dei nuovi cavalieri in una città divorata dalla mafia e dai colletti bianchi. È molto grave che il ricordo di Giuseppe Fava sia stato ostaggio del cinismo di un assessore che ha furbescamente tentato di apparire vittima. Vittima del buon senso”. E aggiungono: “Che un esponente della Lega Nord in Sicilia dica a I Siciliani di vergognarsi provoca solo una grande e liberatoria risata”.
Il corteo si conclude in via Fava, di fronte al Teatro Verga, dove è avvenuto l’omicidio. Ad attenderci, insieme alle istituzioni e a due poliziotti sull’attenti sotto la lapide, ci sono anche gli occhi vispi di Riccardo Orioles. Si appoggia ad un ragazzo, che riconosco come uno dei nuovi carusi del giornale: si vede che è contento di essere presente. “Fatevi sentire ogni tanto” mi saluta così. Non c’è tempo per altro se non il lavoro e penso sia giusto così. Mi congedo dalla folla che, nel frattempo, si sposta nel foyer del teatro, dove ci sarà la consegna del Premio Fava, a cura della Fondazione Giuseppe Fava.
Tornato a casa e ripensando al corteo, ho riaperto “Prima che la notte”, il libro di Michele Gambino e Claudio Fava e ho seguito con attenzione il dibattito che si è sviluppato sulla presenza al corteo dell’assessore leghista. Da un lato, Michele Gambino ci mette in guardia circa le criticità del giornalismo militante, scrivendo appunto “che la militanza ti ficca negli occhi una luce di alterigia, una sfumatura di superbia, una presunzione di diversità che fa presto a diventare arroganza. Ho conosciuto pochissimi uomini capaci di coniugare l’impegno in favore del genere umano con la simpatia per gli uomini in carne e ossa. Uno di questi era il direttore”. Dall’altro lato, non possiamo che accogliere l’invito del direttore ad essere combattenti civili e lottare contro coloro che attentato alla libertà della nostra terra e del nostro popolo, siano essi borghesi, politici o mafiosi.
Simone Lo Presti
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