“Devo farvi due oneste confessioni, miei fratelli cristiani ed ebrei. La prima è che, nei due anni appena trascorsi, il bianco moderato mi ha profondamente deluso. Sono quasi giunto alla deplorevole conclusione che lo scoglio più duro, nella marcia del Negro verso la libertà, non è un’appartenente al “White Citizens Council” o un membro del Ku Klux Klan, ma il bianco moderato, il quale mostra più devozione all’ordine che alla giustizia; che preferisce una pace negativa che è assenza di tensione a una pace positiva che è presenza di giustizia. […] La superficiale comprensione da parte della gente che è in buona fede è peggiore dell’assoluta incomprensione della gente mal disposta. Una tiepida accettazione è molto più sconcertante di un rifiuto totale.”
Questo appuntava Martin Luther King, il 16 aprile del 1963, in una lettera scritta direttamente dal carcere di Birmingham, come risposta alla dichiarazione pubblicata in un giornale da otto pastori dell’Alabama, i quali gli criticavano di aver violato “la legge” durante le marce pacifiche, condotte nella stessa Birmingham, contro la segregazione e l’odio razziale.
In una cella angusta, di pochi metri, buia e vuota, Martin Luther King delineava l’archetipo dell’uomo bianco medio americano ed in particolare il suo comportamento nei confronti del problema della desegregazione razziale. Il bianco moderato non era apatico, infatti, capiva e appoggiava la lotta per i diritti civili dei neri americani, ma non era disposto ad esporre se stesso o a tollerare uno stato di “tensione sociale” per raggiungere il riconoscimento di tali diritti.
L’uomo bianco moderato non è una personalità che risale soltanto a 50 anni fa, bensì è presente anche nella società moderna in cui viviamo e oggigiorno assume le sembianze del cosiddetto “cittadino medio” che è consapevole più o meno di ciò che lo circonda, ma che è anche indifferente nei suoi confronti. Non possiamo dire con certezza se l’uomo moderato di oggi abbia una precisa opinione di ciò che accade intorno a sé e se come l’“americano bianco” comprende l’importanza dei diritti civili e del rispetto delle minoranze. Ma quello che emerge è uno scenario altrettanto grave, perché stiamo assistendo allo svanire della consapevolezza di poter cambiare il corso degli eventi, rassegnati da una società che ci ha inglobato prima e rigettato poi, come esseri prosciugati da quegli ideali che hanno contraddistinto l’attivismo della società civile del passato. Non siamo più disposti a batterci e a stare dalla parte dei più deboli, ma siamo caduti dolcemente tra le braccia dell’indifferenza e dell’incomprensione.
Sarà forse dovuto al fatto che, almeno qui in Italia, siamo sovrastati da problemi troppo più grandi di noi: disoccupazione, povertà, criminalità mafiosa; e tutto ciò, inconsciamente, fa sì che, esausti, decidiamo di non aderire a battaglie che appaiono ai nostri occhi come minori. O forse sarà per colpa di chi incessantemente ha espresso rigurgiti d’odio e violenza nei confronti delle minoranze e dei cosiddetti “clandestini”, deboli e abbandonati.
Ad oltre cinquant’anni di distanza dalla morte di Martin Luther King, quelle parole scritte da una piccola cella ci ricordano che non c’è nulla di peggiore della passività dell’indifferenza e dell’“uomo bianco”, inteso come segregazionista razziale. E quando oggigiorno mi chiedo chi possa essere l’uomo bianco secondo Martin L. King, la lista sembra a diventare quasi infinita.
L’uomo bianco è Assad, che pur di non lasciarsi sfuggire il potere dalle sue mani, è disposto a bombardare il proprio popolo e i propri bambini; l’indifferenza è quella che proviamo davanti a sette anni di guerra in quello che ne è rimasto della Siria.
L’uomo bianco è Netanyahu che ordina di sparare e uccidere centinaia di manifestanti palestinesi che protestano pacificamente per riavere indietro il rispetto e la dignità di un popolo lasciato solo da tutti; l’indifferenza è quella che proviamo per un “Giro d’Italia” che proprio quest’anno ha deciso di partire proprio dalla terra degli aguzzini sionisti. L’uomo bianco è Trump, che incurante di decenni di conflitti, decide di aizzare il fuoco e dar vita a un nuovo spargimento di sangue in Medioriente; l’indifferenza la troviamo nel mondo occidentale e in quello arabo che con il sorriso sono pronti ad accogliere l’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme.
L’uomo bianco è l’ex Ministro dell’Interno Minniti, che permette di lasciar morire e torturare migliaia di giovani africani nei centri di detenzione libici; l’indifferenza è l’Europa che acconsente a tutto ciò, in fondo, l’importante è che guardando le statistiche riusciamo a tirare un sospiro di sollievo quando notiamo che il numero degli sbarchi è diminuito. L’uomo bianco è Al Sisi che continua con il suo stato di repressione e ad oscurare la verità su Giulio Regeni; l’indifferenza è il governo italiano che prima ha fatto finta di niente rimandando l’ambasciatore al Cairo e ora categorizza l’assassinio di Giulio come una faccenda “non prioritaria”. L’uomo bianco è Erdogan che con la scusa del terrorismo sta in realtà eliminando la popolazione curda ad Afrin; l’indifferenza si trova nelle istituzioni internazionali (Europea e ONU in primis) che glielo permettono.
Gli uomini bianchi sono Di Maio, Salvini, Fontana e Toninelli, tutti Ministri del nuovo governo giallo-verde, che in un modo o nell’altro si stanno scagliando contro le minoranze, le ONG e chi tenta di difendere gli ultimi, aizzando le più becere pulsioni dell’animo umano. L’indifferenza sono i loro elettori che chiudono un occhio e giustificano l’ingiustificabile, in nome di una sovranità nazionale che diventa il pretesto e la giustifica ad ogni situazione a loro “scomoda”.
È ovvio come oramai, questa passività caratteriale non coinvolga soltanto i cittadini comuni, ma anche le istituzioni e i personaggi politici, soprattutto qui in Italia, dove alle dichiarazioni sempre più al limite di Salvini e “compagnia bella” non c’è una unita opposizione politica. Mentre il PD risolve ancora i suoi problemi interni e la Bonino e Grasso giocano a nascondino, il nuovo governo si trova ad avere la strada spianata. Oltre mezzo secolo dopo, il bianco moderato, che accetta tutta questa situazione continua a fare la differenza, continua a fare paura.
Youssef Hassan Holgado
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