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Sempre più social

Viviamo nella società della condivisione e dell’innovazione; i progressi scientifico-tecnologici sono sempre più frequenti, ed ogni forma di notizia è raccolta in un uditorio globale. Questa platea invisibile ma immensa si chiama internet, più nello specifico social network. Di recente l’attenzione mondiale è stata catturata da queste nuove forme di comunicazione: a marzo di quest’anno Mark Zuckerberg, padre di quella che ad oggi è la più grande piattaforma social del mondo con più di 2 miliardi di utenti attivi, è stato travolto da uno scandalo che ha causato la rottura della fragile fiducia che l’utente aveva inconsciamente deciso di donare all’applicazione, portando alla luce retroscena sconosciuti sulla gestione della privacy. Quest’evento ha portato molti utenti a chiedersi se fossimo in grado di conoscere a fondo la vera essenza dei social network o se ciò che vediamo è solo la punta di un iceberg ancora immerso nelle gelide acque del complottismo. George Orwell già nel suo celebre romanzo “1984” si era immaginato come, la società del futuro, sarebbe stata soggiogata da un’entità invisibile ma onnisciente (internet?), in grado di eliminare ogni forma di privacy in nome della “sicurezza nazionale”. Sarà davvero possibile che un governo, un gruppo di hacker sovversivi o organizzazioni criminali già note, possano riuscire a creare questo tipo di controllo? Forse i soggetti più in grado di fornire gli strumenti per questa “distopica” situazione siamo noi stessi. I dati raccolti dall’azienda russa Karspersky nel 2017, mostrano che il 93% delle persone esaminate, una volta connesse, condividano le proprie informazioni online. Questo dato è il sintomo dell’inizio di una nuova era, un nuovo periodo storico, in cui per parlare di politica, di arte o di qualsivoglia argomento, non c’è più bisogno di recarsi al foro come gli antichi romani né a teatro come gli antichi greci e tanto meno nelle piazze come accadeva nell’Europa Rinascimentale. I tempi sono cambiati e di conseguenza anche il tipo di socializzazione; non sono spariti i rapporti interpersonali perché questi esistono, si sono solo spostati in luoghi diversi. Anche se non sono più rappresentati da ampi spazi geografici da raggiungere fisicamente per coglierne l’essenza, ma si trovano dietro lo schermo di uno smartphone, sotto i nomi di Twitter, Facebook e più in generale forum o blog, i nuovi spazi di socializzazione sono anche più accessibili. Internet, almeno all’apparenza, si presenta come la digitalizzazione di una democrazia capitalistica, dal momento che permette ad ogni individuo, che ha la possibilità economica di avere uno smartphone di ultima generazione, di esprimere la propria opinione su un argomento. Nel 2015 Umberto Eco, durante una conferenza all’Università di Torino, afferma che “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. È, quindi, lecito temere che le notizie pubblicate da una persona di rilievo possano condizionare individui privi di giudizio critico? Forse è meglio credere che ciò che stiamo contribuendo a creare intorno a noi sia solo un altro processo di globalizzazione, questa volta più capillare, ma che permette di eliminare confini culturali e geografici.

Gabriele Poggi

 

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