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Aaron Swartz – Apologia del “genio fragile”

“La depressione è quello stato d’animo di quando ci si sente soli, o qualcuno che amiamo se ne va, o un progetto sfuma. Ci si sente vuoti, senza valore. Solo che la depressione arriva, e se ne va, senza motivo.”

Aaron Swartz

Il genio “fragile”

Il fantastico mondo hacker (vocabolo che dovrebbe essere riabilitato, anzi nobilitato) statunitense ha partorito alcune fra le menti più geniali del ventesimo e del ventunesimo secolo. Dai controversi creatori della Microsoft, Bill Gates e Steve Ballmer, agli “avversari” della Apple, Steve Jobs e Steve Wozniak. Per giungere al profeta del Free Software, Richard Stallman. Ridurre, però, tutto a questi quattro nomi è enormemente riduttivo. Di piccoli grandi geni ne sono nati tanti. Alcuni di questi hanno avuto una storia meno felice di quelli sopra citati. L’esempio rappresentativo, a un anno dalla sua tragica fine, è quello del giovane cyber-attivista Aaron Swartz. Una mente letteralmente assassinata dal suo sogno di una società cibernetica libera, soffocata da quello stesso sistema di cui era stato mago e allo stesso tempo scardinatore. Fu lui uno dei creatori dei famosissimi feed RSS volti alla distribuzione dei contenuti sul web. Sviluppò molti anni addietro anche Reddit, piattaforma creata per la condivisione ed il rating dei link sulla rete. Fu anche uno dei principali attivisti del movimento DemandProgress nonché uno dei padrini, assieme a Lawrence Lessig, del codice sorgente delle famosissime licenze Creative Commons, favorendone poi in prima persona l’ampia diffusione. Un autentico predestinato, figlio perfetto (nella sua forma migliore) della nuova cultura che ordinariamente fruiamo. La libertà d’espressione, non il lucro, la sua formula vincente. Purtroppo, però, il prezzo da pagare per Swartz è stato altissimo: la vita.

L’amore per la libertà che uccide

La vita di Aaron Swartz si è interrotta alla tenera età di 26 anni, l’11 gennaio 2013. Una corda e la volontà di farla finita le cause finali di questa grande tragedia che ha le sue cause scatenanti in ben altri ignobili meccanismi. Dietro la sua tragica fine, infatti, ci sono il caso JSTOR e la ben nota università del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Un caso che ha fatto scalpore e che ha riportato i piedi pesantemente per terra al giovane sognatore americano, scatenando, secondo i suoi familiari, una vera e propria persecuzione nei suoi confronti. La sua voglia di condividere con tutti la conoscenza, croce e delizia della nostra era spesso mercificata a costi molto alti, lo aveva portato a commettere infrazioni informatiche contro il MIT: aveva prelevato ben 4,5 milioni di file relativi ad articoli scientifici dall’archivio centrale dell’università. Per Aaron quella moltitudine di sapere chiuso massicciamente all’interno di vere e proprie enclosures era un vero e proprio schiaffo all’intelligenza umana. Un atto di ribellione in linea con le convinzioni relative al sapere libero del nostro attivista. Il MIT, in risposta, non era rimasto a guardare, scatenando un processo “esemplare” nei confronti di Swartz. La morsa era giunta prepotentemente come una pesante daga. Il memoriale dell’accusa fu diffuso proprio il giorno del suicidio. Per il morale di Aaron, forse, questo era troppo: forse si rifiutava di continuare a vivere in un mondo così gretto e dominato dagli interessi monetari. Così il mondo è stato privato di una mente pura, limpida e brillante. Occorre assolutamente non dimenticare questo piccolo grande attivista. Wired, una celebre rivista statunitense, nella sua versione in lingua italiana, negli ultimi giorni, ha voluto rendere il meritato tributo ad Aaron Swartz. Pubblicati i 10 motivi fondamentali per cui non bisogna dimenticare questo sfortunato giovane ed anche una toccante poesia in dedica dalla rivista, scritta nel 1975 da un poeta migrante italiano, Lawrence Ferlinghetti, per rendere onore a questa mente sconfitta dal sistema chiuso del sapere digitale ai tempi della nuova società in rete. Chiudiamo mettendo in evidenza quanto le nuove tecnologie possano essere un immane strumento di progresso per tutti. A condizione, però, che esse siano realmente libere quanto a priori si professino. Il rischio, in caso contrario, è quello di monopoli della conoscenza che, senza scrupolo alcuno, continueranno ad annientare uomini che si batteranno per l’autodeterminazione dei contenuti digitali.

Simone Bellitto

 

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