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Dossier “Street Art Attack Catania” – Parte II

Catania Underground

Il termine anglosassone underground in qualsiasi vocabolario inglese-altra lingua sta per “sotterraneo”. Nel XIX secolo questo termine venne affiancato a railroad per definire la rete informale di itinerari segreti e sicuri tramite i quali gli schiavi neri fuggivano dagli Usa verso il Canada e altre nazioni, che avrebbero cambiato in meglio la loro vita. Questo stesso network venne utilizzato dai disertori della guerra del Vietnam per scappare in Canada.

Intorno alla metà degli anni Sessanta, questo termine si diffuse in una diversa accezione. Inizialmente venne  riferito solamente a un certo tipo di cinema, di riviste e giornali, ma la sua connotazione era ancora strettamente linguistica – “sottobanco”, “clandestino”- richiamando un senso di sovversione. Nel corso di quel decennio il termine si espanse identificandosi con una parte della sub-cultura coeva. Dal teatro, alla musica, alla fotografia, all’editoria, all’arte si andava contro la società di massa appoggiandosi alla cultura beat e hippy. La cultura underground proponeva un uso differente dei mezzi di comunicazione atti alla diffusione di stili e principi di vita diversi da quelli consumistici propagandati dalla cultura capitalista.

Oggi come ieri l’intento di chi fruisce attivamente o passivamente della cultura underground è andare controcorrente; così come andava controcorrente chi disertava la guerra vietnamita e chi aveva il coraggio di cercare fortuna in altri Paesi. Ricordare la storia di un termine oggi d’uso comune serve a renderlo più significativo e reale.  La cultura underground è ancora radicata e presente in tutti i campi nelle varie realtà metropolitane e locali; si distacca dai mezzi di comunicazione. Perché adesso loro sono il simbolo della cultura stereotipata che svuota di significato tutto per mandare messaggi puramente estetici. Facendo loro il concetto di cultura underground, nella scena etnea un gruppo di giovani legati dalla passione per la musica, l’arte e la fotografia hanno unito le loro forze mentali e fisiche per dare uno scossone alla scena catanese.

 

InnerVisioN Collective

Nasce così InnerVisioN Collective che si dirama in due branche: una che abbraccia l’arte e la cultura con il progetto Artfist e l’altra la musica con Bassfist. Il progetto musicale è stato portato avanti insieme a un locale molto rinomato in zona, il Barbara Disco Lab, e prevede l’organizzazione di serate di musica elettronica con la presenza di artisti di fama internazionale nell’ambiente drum and bass. Affinché il progetto non si limitasse alla sola serata in discoteca, i ragazzi del collettivo hanno voluto affiancarvene un secondo, con l’intento di rendere fruibili a tutti,  lavori quali, foto e quadri e far confrontare tra loro realtà estranee.  Per dar voce alla loro “visione interna”, parafrasando il nome del progetto, sono stati organizzati incontri Artifist: street and bass, dedicati alla street art, che hanno visto in esposizione quadri sui generis di giovani artisti che attraverso tela, colori e varie tecniche artistiche danno voce al loro Io artistico. Partendo dagli studi artistici fatti, dalla passione per il disegno e mescolando anche reminiscenze sonore, nei lavori di Dario Onìkarus Longhitano, Alessio Consoli, Riccardo “Sludge” Longhitano troviamo la presenza di elementi legati alla realtà tangibile e soprattutto quella onirica e fantastica. Per questo le opere si potrebbero definire come una rivisitazione del tutto personale e attuale della corrente surrealista.

Arte è anche fotografia, e a questa è stato dedicato un incontro, nel quale diverse tecniche fotografiche e di sviluppo sono state messe in mostra con lavori di ragazzi che se ne occupano non solo per diletto. Da cornice agli eventi hanno fatto le proiezioni video d’avanguardia a cura di Visual Quake, un progetto di Vj Mira alias Simone Scarpello e Vj Zulù alias  Giorgio Wanausek. Le performances dei vj vedevano immagini, diapositive, spezzoni video, luci ed effetti visivi mixati al sottofondo musicale di elettronica, dubstep, soul, con sonorità nuove e accattivanti animato da Salvo Carel alias Lerac. A ospitare questi incontri sono stati i locali della movida catanese ma anche l’associazione culturale “Alan Lomax” attiva da un bel po’ di anni nella cittadina etnea nel promuovere iniziative musicali e culturali di vario genere. Gli artefici di questo nuovo clima sono per Bassfist e Artfist: Alessandro Vullo, Antonio Meli, Simone Scarpello aka Vj Mira; al progetto artistico si aggiunge Luca Greco mentre a quello musicale Enrico Catalano aka Dj Eko. La risposta del pubblico a questi incontri è stata positiva. Quello che è di solito un incontro puramente ludico tra amici, fatto di chiacchiere e aperitivi, si è trasformato in un qualcosa di più. Un occasione per fare dell’arte un momento d’incontro e conoscenza di realtà vicine a noi ma talvolta sconosciute. Essi si definiscono come la strada che attraversa dall’interno la rete della cultura underground. Vogliono essere il filo d’Arianna capace di guidarci in un labirinto fatto di arte, musica e nuovi spazi sociali aperti alle idee di tutti; rinnovando dall’interno ciò che appare ormai obsoleto, inventare, creare, proporre, sono queste le nostre parole d’ordine. Altra piccola ma significativa scaglia del panorama artistico catanese, sorella della street art, che vuole aprire le menti a orizzonti antichi e talvolta poco esplorati.

Thanks to InnerVision Collective

Di Federica Monello

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