Press "Enter" to skip to content

Datagate: Tecnocrazia di prima scelta garantita dal 1980

“Siete sorvegliati. Il governo dispone di un sistema segreto, una macchina, che ci spia ogni ora di ogni singolo giorno.”

Harold Finch/Micheal Emerson – Person Of Interest

Privacy
L’ossessione della privacy è qualcosa che, nel suo tran tran quotidiano sui mass media e su Internet, ha ormai pervaso totalmente la nostra società. Un account violato, qualche hacker da strapazzo che inonda il web con le nostre foto pornografiche o tentativi (alquanto velleitari) di fare phishing via e-mail con messaggi del tipo “tu avere vinto premio, per ritirare inserire tuo numero carta di credito, tu molto fortunato”. Sembrano essere queste quattro baggianate a magnetizzare il dibattito odierno sulla Rete. Quando è invece il Governo a penetrare nei nostri computer, invece, che cosa accade? Qualcuno si preoccupa? Se un enorme mole di dati viene utilizzata a danno degli internauti (o dei contribuenti di un’intera nazione) chi è che fa la voce grossa? Per queste ragioni ci vogliamo porre la domanda: che fine ha fatto Edward Snowden? Proprio lui, quello di Wikileaks e del Datagate. E anche quest’altro quesito: quali sono le ragioni che stanno dietro al Datagate? Interrogativi che, magari, molti addetti ai lavori si sono posti ma sui quali riteniamo opportuno tornare. Avevamo lasciato tutta questa vicenda in mezzo al caos scatenato, più di un anno fa, dall’informatico e cyber-attivista Snowden , che scoperchiò un vero e proprio vaso di Pandora. Una rete di intercettazioni (indiscriminate) aveva praticamente azzerato l’intimità dei semplici cittadini, mediante un programma, Primer, che riuscì nel più totale anonimato a inserirsi nella vita (e nella privacy) di un numero non ben precisato (ma spaventosamente elevato) di persone.

L’origine del male

L’esito di questa brutta storia sembrerebbe ufficialmente aver avuto esito positivo. Il congresso americano avrebbe apparentemente posto un freno all’inquisizione digitale, dopo lo scoppio del grosso scandalo. Mentre il povero Snowden, come tutti coloro che hanno provato a scardinare la nomenklatura, è finito in Siberia. Tutto è bene quel che (non) finisce bene? Beh, proviamo a scavare un po’ nel passato e ci daremo qualche risposta. Bisogna fare un piccolo passo indietro, a quella tanto cara Guerra Fredda di cui molti si sentono (stupidamente) orfani. Erano gli anni ’80, e la presidenza degli USA era nelle mani di quell’adorabile caratterista di nome Ronald Reagan. Fu allora che dall’apparato centrale e dalla National Security Agency fu progettato e poi messo in opera l‘Ordine esecutivo 12333 (EO 12333). La misura (in realtà a quanto pare non fu nemmeno legge “ufficiale”) consentiva già un’ampia manovra di monitoraggio ai servizi segreti, intenti a combattere l’onda rossa proveniente da Est. Già ai tempi, dunque, si cercò di accumulare una quantità di dati “necessaria” ad arginare le minacce alla nazione. Provate a immaginare, nell’era di Bush e Obama e della lotta al terrorismo quanto questo sistema possa essere stato affinato, considerate anche le differenze tecnologiche fra quest’epoca e appena un trentennio fa. Gli Stati Uniti, purtroppo, non sembrano guariti dalla loro malattia infantile, la tecnocrazia a tutti i costi. Di certo, dall’altro lato del globo, Russia e Cina, con “uomini forti” quali Putin e Xi Jinping, non hanno di certo operato un monitoraggio a tappeto meno subdolo. Anzi, la loro opera è decisamente meno sotterranea e la repressione è, decisamente, alla luce del sole. L’America, però, si fregia di quel titolo di patria liberale dove queste cose non accadono o non dovrebbero accadere. Dunque, quando accadono, lo scandalo è doppio. Portare il vessillo della libertà e poi darsi in pasto al controllo senza filtro alcuno del popolo non è una cosa ammissibile.

Simone Bellitto

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *