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Didattica a distanza: la parola agli insegnanti – Parte II

Nella prima parte della nostra indagine relativa al rapporto tra Didattica a Distanza e insegnanti, abbiamo ascoltato il parere di due professori che lavorano in Sicilia. Per questa seconda parte abbiamo deciso di risalire la Penisola fino a Torino, dove ci siamo rivolti a due giovani insegnanti, Giovanni Busà e Sara Paradisi.

Siamo giunti alla conclusione dell’anno scolastico ed è arrivato il momento di fare un bilancio. Come ha vissuto questi mesi di “didattica a distanza”? Quali sono state le principali difficoltà?
Prof. Busà: La DaD è stata una misura di emergenza del tutto sperimentale, per cui le difficoltà erano all’ordine del giorno, specie se penso che molti studenti hanno “giocato” i professori con scuse plausibili e non verificabili. Si tratta di una zona grigia che non è regolamentata dalla legge per cui è stato un po’ una trincea. Personalmente non ho avuto grosse difficoltà: in un modo o nell’altro sono riuscito a sentire gli studenti, malgrado questo mezzo depotenziato.

Prof.ssa Paradisi: La DaD ha creato non pochi problemi relativi ad esempio all’indebolimento dei rapporti umani tra docenti e studenti e tra gli stessi. Credo che le relazioni personali siano inscindibili dai processi di apprendimento. Inoltre, il carico di lavoro per noi docenti è aumentato molto, non vi sono stati limiti di tempo. È stato anche complicato valutare elaborati prodotti solo ed esclusivamente in un ambiente domestico, però un aspetto, non debole della didattica a distanza, è stata l’acquisizione da parte di docenti e studenti di competenze digitali fino ad oggi poco esplorate da tutti noi.

Recentemente è stato pubblicato il documento del comitato tecnico scientifico con il quale si danno indicazioni al Ministero sul rientro nelle scuole a settembre. Che cosa ne pensa delle indicazioni fornite nel documento? Ritornare sui banchi di scuola è la scelta giusta?
Prof. Busà: Non posso sapere se sarà la scelta giusta rientrare a scuola, ma sicuramente non è auspicabile continuare con la DaD: è avvilente come mezzo e funziona solo se si è già instaurato un rapporto personale e diretto (fisico) con i ragazzi. Le indicazioni date, con classi metà in presenza e metà online, sono abbastanza risibili e assurde: il rischio è di allargare le disparità tra studenti e di aumentare sensibilmente il carico di lavoro.

Prof.ssa Paradisi: Il documento fornisce delle indicazioni auspicando un rientro tra i banchi a settembre e non esclude la possibilità di una modalità mista in cui la didattica a scuola potrebbe convivere con quella a distanza. In un possibile rientro a scuola sarà assolutamente necessario tenere conto della sicurezza, garantendola a studentesse e studenti e a tutto il personale docente e non. Mi chiedo se questo sarà possibile nella realtà dei fatti; penso alle infrastrutture scolastiche in Italia, alle risorse disponibili e a quelle che mancano. Penso a quanto possa essere complicato per le alunne e gli alunni mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro e infine anche alle responsabilità che avremo noi docenti.

La Ministra Lucia Azzolina è stata al centro di diverse critiche durante la gestione dell’emergenza. Qual è la sua opinione?
Prof. Busà: Poteva evitare a inizio emergenza di dire che nessuno sarebbe stato bocciato: questo ha autorizzato i ragazzi a stare serenamente in panciolle; salvo poi aver corretto il tiro (debiti e anche possibili bocciature) all’ultimo minuto. Diciamo che, come l’intera classe politica italiana, manca di lungimiranza.

Prof.ssa Paradisi: La situazione che il Governo, e in particolare la Ministra Lucia Azzolina, ha dovuto affrontare è molto complessa. La didattica non poteva subire un arresto e la DAD è stato un modo per evitarlo. Le dichiarazioni relative al primo periodo dell’emergenza sanitaria, per esempio quelle riguardanti la promozione di tutte le studentesse e gli studenti, hanno però inevitabilmente causato un indebolimento dell’impegno, un rilassamento per alcuni alunni.

Uno dei temi più caldi, sollevato dalla didattica a distanza, è stata la difficoltà per molti ragazzi e ragazze di connettersi a causa di una rete malfunzionante o comunque non idonea. Hai avuto un riscontro in tal senso?
Prof. Busà: Esistono casi in cui realmente i ragazzi hanno avuto difficoltà per mancanza di strumenti o di connessione e la scuola ha provveduto in tal senso a fornire i device; credo però che molti abbiano usato queste presunte difficoltà come scusa (non si connettono ma sono perennemente a postare storie sui social). Tra i miei studenti ho avuto casi in entrambi i sensi.

Prof.ssa Paradisi: Non tutti hanno avuto immediatamente la possibilità di adeguarsi alla DAD. L’intervento del Governo però è stato efficiente, rilevando mediante le segnalazioni delle famiglie, le esigenze di dispositivi per studentesse e studenti meno abbienti. Il malfunzionamento o la non idoneità della rete ha coinvolto però non solo gli studenti, ma anche i docenti. Questi ultimi però non hanno ricevuto alcun supporto. Devo aggiungere che il comportamento di alcuni alunni si è rivelato molto creativo, soprattutto al momento delle verifiche orali, durante le quali molti hanno dichiarato di avere problemi di connessione o di microfono e fotocamera proprio in quelle occasioni.

Quanto è importante, nella costruzione del rapporto insegnante-studente, confrontarsi con gli alunni all’interno di una classe? Credi che questa sia una componente insostituibile per la formazione scolastica?
Prof. Busà: Il rapporto diretto in classe è la base dell’insegnamento. Come esseri umani siamo fatti per comunicare in maniera verbale e non-verbale: le modalità online non sono atte a questo scopo. Il rapporto umano è insostituibile: l’insegnante è il medium comunicativo.  La DaD è una misura di emergenza palliativa: non può sostituire l’insegnamento vero e proprio.

Prof.ssa Paradisi: Credo che il rapporto insegnante-studente sia fondamentale all’interno di una classe, come lo è quello tra studenti. La classe è inoltre il luogo in cui è possibile confrontarsi, crescere e intessere relazioni profonde.  La scuola ha bisogno di relazioni umane.

 Attilio Occhipinti

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