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La lotta degli invisibili sotto padrone

Gli scioperi degli operai pontini e tarantini che culminarono nelle grandi manifestazioni del Settembre 1968 fecero da prologo e gettarono le basi all’approvazione dello Statuto dei lavoratori nel 1970. Quelle stesse lotte sono state ricordate, come in molteplici altre occasioni, anche nella giornata di ieri in cui ricorreva il cinquantennale dell’approvazione dello Statuto, che rappresenta ancora oggi una delle conquiste più importanti del movimento operaio italiano.

Un tipo di celebrazione che, a volte, può sembrare retorica se non si fa tesoro delle lotte e delle pratiche di quei momenti. Chi sicuramente sta continuando a tessere il filo delle lotte, dopo 50 anni, sono le migliaia di lavoratrici e lavoratori delle campagne, braccianti che vengono sfruttati mentre ogni giorno raccolgono la frutta e la verdura che finisce sulle nostre tavole. Proprio oggi, all’ora di pranzo, questi nuovi invisibili hanno proclamato sciopero: “Per la politica siamo centinaia di migliaia di esseri umani invisibili. Giovedì 21 Maggio saremo invisibili anche nelle campagne italiane” si legge nel comunicato dell’Unione Sindacale di Base Lavoro Agricolo. Gli invisibili fanno comodo quando producono per la GDO, quando riforniscono le tavole in Italia e in Europa, ma diventano ancora più invisibili quando chiedono diritti: un salario dignitoso, la possibilità di iscriversi all’anagrafe, un’abitazione dignitosa.
In sostanza: una vita umana.

Lo sciopero di oggi è stato incentrato soprattutto sul Decreto Rilancio, che prevede una prima regolarizzazione dei lavoratori della campagna, ma che, secondo USB, “ non consentirà a noi braccianti, né a tante altre categorie di invisibili e precari, il diritto alla dignità”. Le campagne vuote mostrate nei video di Aboubakar Soumahoro, il corteo di braccianti con le bandiere e gli striscioni “Sciopero degli invisibili – Perché non marciscano diritti” è solo l’ultima estremità di un filo che collega le lotte di questi ultimi anni.
Una delle estremità di questo filo è collocata nuovamente in una piazza di Latina, il 18 Aprile 2016, in una manifestazione definita “storica”, come scriveva Roberto Ciccarelli sull’edizione de Il Manifesto dell’epoca: 4000 braccianti Sikh organizzano, per la prima volta, uno sciopero per denunciare il sistema di sfruttamento dei padroni, il caporalato e le agromafie che gestiscono una parte importante della filiera agroalimentare del territorio pontino. Lo sciopero viene raccontato da Marco Omizzolo, sociologo, responsabile scientifico di In Migrazione,presidente del centro studi Tempi Moderni e ricercatore Eurispes, nel libro Sotto Padrone. Uomini, donne e caporali nell’Agromafia Italiana.

Il libro è un diario delle ricerche, delle lotte, degli scioperi degli ultimi dieci anni nell’Agro Pontino.     
Un viaggio lungo e complesso attraverso lo sfruttamento nelle campagne della provincia di Latina, in una condizione simile a quella dei braccianti pontini tra ‘800 e ‘900 che animarono il movimento socialista pontino con scioperi e occupazioni delle terre o come quelle dei contadini nel Dopoguerra che organizzarono gli scioperi a rovescio nei paesi dei Monti Lepini.
Le ricerche di Marco Omizzolo si sono trasformate in lotta: in occupazioni delle serre e in scuole di sindacalismo nelle campagne, alimentando la consapevolezza che i diritti non sono un privilegio.
“Sono diventato bracciante tra braccianti indiani sfruttati per osservare, indagare capire e infine organizzare insieme a loro le forme migliori di contrasto e mobilitazioni contro padroni, padrini e contro tutto il sistema di norme, prassi, pregiudizi e interessi responsabili delle più moderne forme di schiavitù” scrive Marco Omizzolo in Sotto Padrone. Un libro fondamentale non solo per la ricchezza di documentazioni e di testimonianze, ma soprattutto perché è la prova di come la lotta per l’autodeterminazione e la giustizia sociale si realizza solo quando questi concetti sono profondamente interiorizzati dai membri di una comunità.

 

Due storie a confronto:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il libro però non rappresenta la fine di un percorso. Come ricorda lo stesso Omizzolo, sono ancora 130 mila le persone in condizioni di para-schiavismo nelle campagne. A causa della crisi da Covid-19 si sono nuovamente ridotte le paghe e sono ancora tantissimi gli episodi di violenza dei padroni contro i lavoratori: il 19 Maggio, il giorno prima del cinquantennale dello Statuto dei Lavoratori, a Terracina un bracciante indiano è stato licenziato e picchiato dal padrone solo per aver chiesto una mascherina per tutelarsi durante l’orario di lavoro. A questa violenza si aggiunge un’aura di indifferenza: all’inizio del libro, Marco Omizzolo racconta il suo primo incontro con un bracciante indiano, il 16 Agosto 2008, quando un ragazzo sikh in bicicletta perde l’equilibrio davanti a lui su una strada di Sabaudia. Mentre Marco aiuta questo ragazzo a rialzarsi si accorge di essere osservato:“ Dal balcone di un appartamento – scrive nel libro – una coppia ci osservava. Mi sorprese il fatto che non fossero scesi, né che si fossero preoccupati delle condizioni del ragazzo.” L’immagine delle facce silenti di quella coppia rappresenta ancora i tanti che preferiscono guardare dall’altra parte, chiudere la bocca e coprirsi gli occhi di fronte allo sfruttamento e allo strapotere dei padroni e delle agromafie.

Le mobilitazioni nell’Agro Pontino, nel foggiano, a Nardò, a Rosarno e in tutte le campagne d’Italia sono l’ennesimo segnale per essere visti da chi non vuole vedere. Vittorio Foa, nell’introduzione del libro Alla Riversa di Giuseppe Cantarano, scrive che i contadini dei Monti Lepini, protagonisti degli scioperi a rovescio tra il 1951 e il 1952, non hanno nulla a che vedere con la figura del “combattente ” e dell’eroe, ma sono “figure umane complete di lavoro e vita, di coraggio e anche di paura, di acuta consapevolezza dei bisogni immediati e di senso della costruzione del futuro”. Così sono i braccianti in lotta dell’Agro Pontino, così sono gli invisibili oggi in sciopero.

                                                                                                                                          Luca Santangelo

 

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