Corona di alloro e torta fatte in casa, abbigliamento casual, una copia della tesi sul tavolo soltanto per fingere un’apparente normalità, computer posizionato davanti a me, che sono comodamente seduta alla mia scrivania, rigorosamente in ciabatte per ironizzare. Sembra quasi uno scherzo, e dopotutto non accade tutti i giorni di laurearsi da casa nel primo giorno di Aprile, con una pandemia in corso. Il giorno della laurea è molto speciale per tutti gli studenti. È il coronamento di un percorso, a volte alquanto sofferto e tortuoso, il riconoscimento dei propri sforzi, dell’impegno e del sacrificio. Chiunque ha immaginato almeno una volta la propria festa e pensato agli amici, ai parenti con cui condividere questa gioia, con la differenza che quest’anno è arrivato un ospite d’eccezione a sorpresa: il coronavirus. Nessuno l’ha invitato e nessuno sa quando toglierà il disturbo, lasciandoci finalmente liberi.
La laurea in filosofia che ho appena conseguito e una lettura di Kant mi hanno insegnato che il concetto di libertà in realtà è alquanto relativo, e che l’uomo, nonostante la propria miseria e insignificanza di fronte ai fenomeni della natura, può comunque servirsi della propria preziosa e potente razionalità per opporvi resistenza. Oggi la razionalità umana si unisce alla tecnologia, che nonostante rimarrà sempre un surrogato del lògos e del dialogo tradizionale a volte può rivelarsi un’alleata, o in questo caso una valida alternativa. Gli atenei d’Italia si sono subito mobilitati per adattarsi alle nuove strane circostanze, e in particolare il mio Ateneo, l’Università di Verona, ha reso disponibili online non solo le lezioni ma anche risorse quali libri di testo o riviste, gradevole compagnia in queste giornate di quarantena. È stato prorogato il pagamento delle tasse scolastiche e anticipato quello delle borse di studio, per agevolare noi studenti quanto più possibile. Per seguire le lezioni, sostenere gli esami ed effettuare le sedute di laurea bisogna solamente scaricare l’applicazione “Zoom” sul proprio computer, che permette di effettuare delle video chat di gruppo semplicemente inserendo il numero del meeting e una password forniti dall’università.
Durante la seduta ufficiale, il presidente della commissione ha dato inizio alla chiamata, riunendo prima i vari docenti collegati dalle proprie case e successivamente accogliendo anche noi studenti all’interno di questo “spazio virtuale”. Ciascuno di noi ha discusso la propria tesi e poi ha atteso in una “sala d’aspetto” che i docenti deliberassero la votazione e ci richiamassero nuovamente in chat per la proclamazione, avvenuta con un applauso a distanza ma senza la solita stretta di mano. Guardando il lato positivo, questa insolita modalità non permette di vivere le stesse emozioni, ma nemmeno le stesse ansie. Purtroppo però questa applicazione non consente ad ospiti esterni di partecipare alla seduta di laurea virtuale, come invece è accaduto in altri atenei, ma è comunque possibile avere i propri amici accanto attraverso una videochiamata su Skype o su Whatsapp o una diretta Instagram privata come ho fatto io, se si ha un pubblico più numeroso.
A divertirsi durante questa esperienza fuori dal comune è stata soprattutto l’Università, che ha condiviso sui propri profili social i nostri scatti e i nostri pensieri, fiera del lavoro svolto, ma anche fiera di noi. Per quanto tutto ciò non potrà mai sostituire l’unicità del dialogo frontale e l’interazione tra insegnante e studenti, è comunque un atto di sfida. Un messaggio forte e chiaro: l’informazione non si ferma, non resta a casa, può raggiungerci ovunque e in qualsiasi momento. Forse una volta finito questo periodo tutti inizieranno a seguire le lezioni indipendentemente dall’obbligo di frequenza, apprezzandone il valore e l’autenticità, e comprenderanno che la vera festa di laurea è il successo interiore del movimento e della passione che trionfano contro la stasi, della forma che eccede la materia, del pensiero non vincolato alle logiche dello spazio-tempo.
Anche attraverso lo schermo traspaiono dagli occhi di studenti e insegnanti la fiducia nella collaborazione, la positività e la speranza di chi non vive in tempi facili e neanche felici. Tempi di crisi, che nonostante l’accezione negativa assunta oggi da questa parola, in greco significa originariamente “scelta”, “discernimento” e quindi opportunità.
I giovani, i neo-laureati sperimentali, sono figli del nuovo, protagonisti di una trasformazione sociale, politica ed economica prima che tecnologica. Hanno il compito di recuperare il senso greco del termine. Vivere un momento così importante in questo modo è un’occasione per riflettere sugli eventi, pensare a ciò che il nuovo non può sostituire, ma anche alle opportunità che può regalare. In futuro racconteremo la storia di un successo che eccede la negatività dei tempi e di una generazione piena di incertezze ma anche di entusiasmo. Racconteremo dell’unica epidemia virale che non potrà mai essere arginata: il contagio delle idee.
Martina Vinci
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