“Con quella faccia da straniera. Il viaggio di Maria Occhipinti” è un documentario del regista modicano Luca Scivoletto del 2013. Presentato in anteprima al Bifest-Bari International Film Festival nel marzo di quell’anno. Racconta la vita di Maria Occhipinti: una donna di Ragusa e una ribelle del Novecento. Nel corso dei suoi 62′ restituisce non solo il resoconto biografico, ma anche uno spaccato di vita che si ritaglia con dignità il proprio posto nella storia a partire dagli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Ed è proprio incastonandosi nelle trame di quell’evento che prende le mosse il racconto della vita di Maria Occhipinti.
Durante quegli anni il Regno d’Italia era un paese sconfitto, provato dai costi disumani della guerra e in rotta. Dopo l’occupazione della Sicilia e del Meridione da parte degli anglo-americani la Monarchia sabauda sfiduciava il duce, lo arrestava e firmava l’armistizio. È il cosiddetto armistizio dell’8 settembre 1943. Il Re Vittorio Emanuele III e il governo Badoglio, rivendicando la continuità istituzionale e politica sull’Italia, si trasferivano lontano dal fronte, a Brindisi, sotto la protezione anglo-americana. Dichiara guerra alla Germania e da quel momento l’Italia da paese sconfitto vuole farsi “co-belligerante”: ha bisogno di uomini da mandare agli anglo-americani in rappresentanza del regio esercito italiano e, dopo cinque anni di guerra, ricomincia a chiedere soldati ad un Meridione stremato. È in questo contesto che si inserisce la storia di Maria. Una ventiquattrenne ragusana al quinto mese di gravidanza che il 4 gennaio 1945 non esita a stendersi in mezzo alla strada per bloccare un mezzo destinato a trasportare le reclute, rastrellate indiscriminatamente tra i giovani ragusani. Così inizia l’insurrezione del “Nonsiparte” che venne repressa nel sangue nei giorni seguenti, com’era avvenuto in altre parti della Sicilia orientale.
Maria, che si era accostata al Partito Comunista, si era impegnata per diffondere idee di giustizia e di miglioramento sociale e non poteva accettare altri sacrifici bellici. In uno dei suoi comizi si era chiesta: “Cosa rappresenta il Comunismo per noi?” e rispondeva: “Pace e Libertà”.
Ricordando i disagi patiti dall’inizio della guerra, Maria era decisa ad opporsi come poteva al reclutamento, nonostante Togliatti avesse inaugurato con la “svolta di Salerno” l’appoggio del PCI e degli altri partiti del CLN al governo Badoglio. Dopo la liberazione di Roma Badoglio venne sostituito da Bonomi, presidente del CLN, ma l’arruolamento continuava a significare andare a combattere per Casa Savoia e continuare una guerra ritenuta insostenibile dalla popolazione.
In seguito al moto Maria venne arrestata, confinata ad Ustica – dove partorì – e poi trasferita a Palermo. Il Partito aveva già bollato i moti del Nonsiparte come un “rigurgito di fascismo”, senza comprendere i motivi di avversione del popolo prostrato dalle sofferenze già inflitte dalla guerra. Ritornata a Ragusa dopo aver scontato la pena si trovò esclusa dal suo partito, abbandonata dal marito, a disagio nella propria famiglia e disprezzata dalla sua città in quanto ex-galeotta e ribelle. Matura così la decisione di lasciare la propria terra e, insieme alla figlia Marilena, viaggia per il mondo per ritornare in Italia soltanto negli anni ’70 quando si stabilì a Roma. Maria divenne una figura ispiratrice del movimento femminista e anarchico della Capitale e più tardi anche del movimento pacifista ragusano che si formò contro le testate nucleari della base NATO di Comiso. Nel 1987 tenne il suo ultimo discorso pubblico proprio nel corso di quelle proteste.
“Con quella faccia da straniera” è un documentario che fa emergere con spontaneità la personalità di Maria Occhipinti a partire dalle testimonianze della sorella Rosa, della nipote Lorenza e della figlia Marilena. Le tre donne introducono gradualmente lo spettatore negli eventi storici mentre le analisi di storici e di attivisti si alternano agli stralci dell’intervista rai del 1975 in cui Enzo Forcella parla a tu per tu con Maria. Un documentario semplice, privo di enfasi, che evitando spettacolarizzazioni mette in evidenza i contorni potenti della figura concreta e culturale di Maria. “L’obiettivo era quello di attraversare la vita di Maria Occhipinti raccogliendone il senso profondo, in nessun caso di svolgere un esaustivo rendiconto di ogni momento della sua biografia” ha scritto Scivoletto nelle sue note, preoccupandosi soprattutto di conciliare “l’immediatezza dell’elemento visivo con la paziente tessitura del racconto orale”. Un documentario che a distanza di sette anni sembra quasi dimenticato, ma che restituisce tanto a chi si preoccupa di rispolverarlo.
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Massimo Occhipinti
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