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“Diritto dell’ambiente, Diritto all’ambiente”

Nell’anno delle proteste giovanili per il clima, aggregatesi attorno al movimento #FridaysForFuture e dell’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, il tema dell’ambiente si è imposto nel dibattito pubblico italiano ed internazionale, riempiendo le agende politiche e mediatiche. Il riscontro dell’opinione pubblica ha fatto emergere una notevole sensibilità persino in quella parte del mondo che, ormai da generazioni, vive un benessere mai conosciuto in precedenza e comincia a rendersi conto delle possibili conseguenze derivanti dagli eccessi dei propri stili di vita.

Tale è l’attenzione sull’argomento che il Consorzio universitario della provincia di Ragusa ha deciso di avviare un corso di perfezionamento postlaurea sulla legislazione ambientale con il convegno inaugurale del 4 e 5 ottobre dal titolo “Diritto dell’ambiente, Diritto all’ambiente” presso l’aula magna della struttura didattica speciale di Lingue e letterature straniere di Ragusa con il partenariato dell’istituto IDEST.

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Apertura dei lavori

La degenerazione ambientale è connessa non soltanto a questioni allarmanti come i rifiuti tossici e l’abuso delle energie fossili, ma anche ai comportamenti individuali che ognuno potrebbe adottare. Per questo il problema che si pone il presidente del Consorzio, Cesare Borrometi, all’apertura dei lavori non viene circoscritto soltanto alla repressione dei reati ambientali, ma anche all’impegno per la loro prevenzione. Persino molte attività produttive “legali” hanno un impatto dannoso sull’ambiente:“Siamo candidati ad essere i nuovi dinosauri” commenta drammaticamente.

L’intervento introduttivo del 4 ottobre è stato affidato all’avv. Corrado Carrubba, già commissario dell’Ilva di Taranto, che ha delineato la storia degli strumenti normativi italiani scaturiti dalla richiesta di giustizia ambientale a partire dagli anni ’70 fino alla legge sugli ecoreati del 2015. Carrubba fornisce, poi, uno spunto di riflessione interessante: con i suoi 40 capi di imputazione riguardanti non soltanto reati ambientali, ma anche relativi alle condizioni di lavoro e a questioni di produzione industriale il “processo Ilva” ha dimostrato che la questione ambientale non può essere scorporata da quella sanitaria. “Il diritto ambientale è connesso sempre di più al diritto alla vita dei cittadini e alle condizioni dei lavoratori. Esso non può limitarsi al settore penale e amministrativo, ma deve essere strumento di indirizzo e di incentivo dell’economia”, conclude Carrubba. Dalla relazione tecnica del prof. Luca Bertonazzi, ordinario di diritto amministrativo presso l’Università degli studi di Milano, emerge come il valore-ambiente abbia avuto gradualmente una certa incidenza sulle regole generali dell’azione amministrativa in materia di autorizzazioni e di valutazioni tecniche vincolanti.

A conclusione della prima giornata si è svolta, infine, una tavola rotonda che ha avuto come protagonisti il procuratore di Gela Ferdinando Asaro, quello di Siracusa Fabio Scavone e di Ragusa Fabio d’Anna che si sono ritrovati a condividere difficoltà molto simili: procure sottodimensionate con poche forze per dedicarsi a processi che devono essere preparati da una lunga fase istruttoria e che richiedono energie considerevoli per essere portati avanti. Un confronto impari con le multinazionali che hanno operato nel settore petrolchimico in questi territori dagli anni ‘50/’60 quando ancora non c’era un’attenzione sociale e giudiziaria per la questione ambientale. La difficoltà principale? Tempi di precrizione troppo brevi per eventi che producono i loro effetti a lunga scadenza.

 

Chiusura di lavori

La seconda giornata dei lavori del Convegno si apre con la lectio magistralis di Raffale Guarriniello, magistrato e presidente della Commissione amianto del MATTM. Il suo intervento sulla giurisprudenza della Cassazione in materia di ecoreati evidenzia un certo impegno profuso dal 2015 ad oggi con l’applicazione di ben 59 sentenze, di cui 11 pronunciate in Sicilia. Soffermandosi sul reato di disastro ambientale Guarriniello fa notare come quattro sentenze su cinque si sono concluse con la prescrizione. Una difficoltà ricorrente. Da qui l’interrogativo su come stabilire i termini di prescrizione di questo nuovo reato quando i precedenti hanno fatto già emergere delle notevoli contraddizioni. Anche il Caso Eternit, avviato nel 2009 – che è stato condotto attraverso l’art. 434 del codice penale – si concluse con una sentenza di prescrizione nel 2014: in particolare si ritenne che la consumazione del delitto coincidesse con il momento in cui ebbero fine le emissioni nocive di amianto, ovvero con il fallimento della ditta di Casal Monferrato nel 1986. Data dalla quale si partì per calcolare i tempi della prescrizione. Conciliare un tale criterio con il fatto che una malattia come il mesotelioma pleurico, causata dalle polveri di amianto, abbia un periodo di incubazione che può raggiungere anche i trent’anni è del tutto inadeguato.

L’ultimo grande macrotema del Convegno è stato, infine, quello della Green Economy. Un settore preso molto in considerazione nelle politiche governative come si evince dall’intervento di Tullio Berlenghi, attuale capo della segreteria tecnica del Ministero dell’Ambiente. Berlenghi ha evidenziato come la consapevolezza sui limiti dello sviluppo illimitato sia cresciuta notevolmente tra gli anni ’70 e gli anni ’80 senza però andare di pari passo con degli interventi significativi. Significativo, secondo lui, sarebbe l’impiego sistematico di un’economia circolare che usa in maniera efficiente le risorse e punta a non avere scarti. Infine, Berlenghi pone l’accento sulla questione delle “esternalità ambientali”: i costi ambientali finiscono per ricadere sulla collettività, non sono costi di chi fa business e che si arricchisce privatamente ai danni di tutti.
Sull’argomento si pronuncia anche l’ex Ministro Edo Ronchi, padre del decreto legislativo 22/1997 sulla gestione dei rifiuti. Ronchi vede nella Green Economy l’unica strada percorribile: tra una crescita che non crea equità e una decrescita che rischia di aggravare le condizioni di chi sta peggio occorre puntare sulla sostituibilità delle risorse e ristrutturarsi sulla capacità degli ecosistemi di assorbire l’impatto antropico. Non è comunque una strada semplice, evidenzia l’ex Ministro, poiché in tema di valutazioni di impatto ambientale si vengono a creare sempre delle tensioni tra un’idea di natura come valore in sé e una visione della natura come “capitale” che offre dei servizi ecosistemici. La riflessione economica è intrecciata con la sostenibilità posta dalla Green Economy per condurre la transizione verso un nuovo paradigma.

Massimo Occhipinti

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