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Roma città colore

Davanti la Basilica in Piazza della Repubblica si avvistano le prime bandiere dell’USB (Unione Sindacato di Base) e iniziano a radunarsi le varie associazioni, i comitati e i presidi antirazzisti che prenderanno parte alla manifestazione “Get Up Stand Up”. Dietro gli striscioni si intravedono i volti dei manifestanti. Sorridenti ed euforici aspettano, ballando e cantando musica reggae, che il corteo inizi a sfilare per le strade di Roma fino ad arrivare a Piazza Venezia, dove si terrà il comizio finale.
Ci sono anche i ragazzi dell’Opposizione Studentesca Antifascista, vengono intervistati da un’emittente francese. Indossano dei gillet gialli, per ricordare le proteste che hanno scosso la Francia nelle ultime tre settimane. Il loro portavoce, un liceale biondo e magro, denuncia davanti le telecamere la condotta assunta dal Ministro dell’Interno contro i migranti lasciati morire nel Mediterraneo e torturati in Libia.

Il corteo inizia a muoversi e l’euforia iniziale si tramuta in una energica contestazione guidata da Aboubakar Soumahoro, sindacalista dell’USB da sempre vicino ai braccianti sfruttati nei campi agricoli italiani. Nonostante ultimamente sia stato sotto i riflettori, Aboubakar guida la manifestazione con una vivacità e vitalità degna dei migliori attivisti. Si arrampica sul camion che guida la folla, incita i compagni e prende il microfono per parlare ai presenti. Get Up, Stand Up!” è il motto principale che ripete prima di iniziare il suo discorso. È il titolo della celebre canzone di Bob Marley, una canzone che incita ad alzarsi e a lottare per i propri diritti, in questo caso i diritti dei lavoratori a nero sotto caporale, dei precari e dei giovani studenti costretti a lasciare l’Italia in cerca di lavoro.

“Questa è la nostra giornata – tuona Aboubakar- la giornata degli invisibili, dei facchini della logistica, degli studenti, dei precari, dei disoccupati, dei braccianti e di tutti quelli che il Governo vuole vedere in guerra tra di loro”. “Ma noi in guerra non saremo mai – continua- la nostra guerra è per la dignità, per i diritti. Per noi ciò che conta è la felicità e costruire speranza di fronte chi porta messaggi d’odio”.
I manifestanti sono in subbuglio, applaudono, gridano e approvano alle parole di Aboubakar che conclude: “Questa piazza vede gli esclusi, gli sfruttati prendere il loro destino in mano. Casa, soggiorno, salute, dignità e diritti per tutti! È finita la pacchia per il governo.” Al grido di “senza paura” e “chi tocca uno tocca tutti!” la folla ricomincia a muoversi verso Piazza Venezia scortata da due camionette della polizia.

Credit Photo: Youssef Hassan Holgado

A turno, tra una canzone e l’altra, prendono parola alcuni esponenti delle varie associazioni presenti. Si definiscono messaggeri, chiedono maggiore rispetto, di essere considerati, di entrare a far parte di un contratto di Governo in cui non c’è spazio per la giustizia sociale, non c’è spazio per loro, gli ultimi, gli invisibili. Si parla tanto di reddito di cittadinanza e di quota cento, mentre in materia di lavoro e immigrazione vige una narrazione securitaria portata avanti da Salvini attraverso il Decreto sicurezza, sgomberi e repressione. Una narrazione ostile e imparziale che volutamente si dimentica di tutti coloro che vivono una situazione di emarginazione all’interno della nostra società, di tutti coloro che vengono sfruttati nelle campagne agricole italiane lavorando e vivando in condizioni disumane stipati all’interno di ghetti e tendopoli. Luoghi in cui ancora si continua a morire nell’indifferenza del Governo. La morte di Suruwa Jaithe nella tendopoli di San Ferdinando è un esempio lampante.
Per tutta la manifestazione un ragazzo minuto ha tenuto alzato un cartello che raffigurava Soumaila Sacko. Il suo volto era impassibile, guardava fisso verso l’obiettivo della mia fotocamera. Dalla sua espressione riuscivo a percepire la rabbia e la sofferenza provocate da quella morte ingiusta. L’ennesima.

Credit Photo: Youssef Hassan Holgado

 

Il corteo finalmente arriva a Piazza Venezia. Nel discorso finale Aboubakar ha richiamato l’attenzione del governo verso tutti i lavoratori, migranti e non, con la speranza che il suo appello venga ascoltato.
Sulle note di Délivrance si conclude la manifestazione. Una canzone che è un inno alle ingustizie delle dominazioni coloniali. “Dove è l’umanità? Il mondo è deludente – canta l’ivoriano Tiken Jah Fakoly–  ho protestato contro il razzismo, il tribalismo, non è cambiato nulla. Ho gridato contro il conflitto, la repressione e l’oppressione, non è cambiato nulla”.
Nelle strade di Roma migliaia di lavoratori migranti hanno chiesto di essere ascoltati e compresi per essere mai più schiavi, mai più invisibili.

Youssef Hassan Holgado

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