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L’elefante e gli struzzi

La grande astensione

C’è un elefante nella stanza della politica italiana. Un elefante che tutti vedono, ma di cui nessuno parla, che cresce e continua a pesare sempre di più, così tanto da far tremare le fondamenta del sistema democratico. Questo elefante si chiama astensione. L’ultima, ennesima comparsa di questo inquietante fenomeno si è avuta nelle recentissime elezioni regionali in Sicilia dove questo animale è arrivato a pesare oltre la metà degli aventi diritto arrivando al 54%. Un risultato che, già di per sé, fa rabbrividire.

Ma ciò che fa ancora di più rabbrividire e vibrare dalla rabbia è la reazione dei vari schieramenti politici a questo dato. Il centrodestra, vittorioso grazie a un candidato indipendente come Nello Musumeci, si è diviso su chi sia stato il partito più decisivo per la vittoria in vista dei giochi di potere per le politiche 2018. I Cinque Stelle, perdenti con il candidato Cancelleri, invece di interrogarsi su come siano riusciti a perdere in una delle regioni peggio governate e più rabbiose d’Italia, hanno iniziato a gridare ai brogli, secondo la miglior tradizione populista. Il PD invece, che presentava Micari, un candidato onesto, ma fuori dalla realtà, come la sua “sfida gentile” ha deciso di prendersela col suo stesso segretario Matteo Renzi, per una volta in cui quest’ultimo non c’entrava nulla – o forse proprio per questo -. La sinistra, infine, che presentava Claudio Fava, è sembrata abbastanza compiaciuta dall’essere riuscita per l’ennesima volta a fare quello che le viene meglio: fuoco amico sul PD.

In tutte queste reazioni dell’elefante astensionismo neanche l’ombra. La scelta sembra chiara: ignorare, parlare d’altro, tanto quelli come Genovese (passato dal PD a Forza Italia) e le sue 17 000 preferenze continuano a tenere a galla il partito e, finché la barca va, tutto bene. Eppure tutti, anche gli elettori se lasciati soli, senza interlocutori, perdono la bussola e si aggrappano a chiunque sappia raccontare loro un sogno, anche se nero e carico di odio come quello che CasaPound ha raccontato a Ostia e Trenzano. L’elefante silenzioso man mano sta cambiando forma e, se la politica non riesce a reinventarsi e a farlo tornare a partecipare, rischierà di esserne spazzata via, con la testa ancora sotto terra.

 

Giunio Panarelli

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