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Antiracket Ragusa: intervista a Paolo Pricone

Il Medioevo economico e sociale del nostro tempo costringe gli uomini a modificare le proprie reazioni alle situazioni contingenti. È questa una rivoluzione degli usi comuni anche davanti alle ingerenze dei potenti. Così infatti l’humus creato dalla crisi d’identità di un uomo che muta e non si riconosce più ha dettato una reazione straordinaria, per portata storica e peso, di alcuni imprenditori di Bagheria (PA) che lo scorso Novembre hanno denunciato i propri estortori, affiliati alle cosche mafiose locali. È chiaro che si tratta di una scelta provocata dallo stato di soffocamento delle diverse attività commerciali e non per una botta improvvisa di antimafia e legalità, come hanno dimostrato gli accadimenti successivi: quasi nessuno dei denuncianti ha poi voluto comparire pubblicamente, in un articolo di giornale o in un servizio televisivo, segnando il confine tra sfinimento e paura.
Il fenomeno del racket è, tuttora, uno dei principali asset della Mafia spa e, forse per sfinimento o più probabilmente per senso civico, diversi gruppi di cittadini hanno deciso di organizzarsi in associazioni Antiracket con l’obiettivo di coinvolgere quanti più cittadini ed imprenditori possibili, in modo da creare un fronte comune a sostegno di chi subisce le estorsioni.

“Ci siamo insediati con lo sportello impresa ed abbiamo ricevuto parecchi imprenditori con diverse problematiche sorte prima della nostra costituzione”. A parlare è Paolo Pricone, segretario dell’Associazione Antiracket di Ragusa poche settimane dopo un episodio poco chiaro che ha riguardato l’insegna della sede dell’associazione, ritrovata una mattina a terra, davanti l’ingresso della sede. “Sdramatizzo e non creo allarmismi, quindi mi piace pensare che sia stato solo un atto vandalico. Anche se come d’incanto la tabella del Comune, installata nella stessa struttura, sia stata miracolosamente evitata”. La sede si trova a Ragusa Ibla, in Piazza Pola, ed è stata inaugurata circa un anno fa. La questione principale di cui si occupa l’associazione ragusana è quella dell’usura bancaria. Tuttavia, sono numerosi i problemi che l’associazione incontra nel suo operato. È chiaro che “uno dei principali ostacoli è legato alla paura di denunciare il proprio usuraio: in particolare – racconta Paolo Pricone – mi riferisco al fatto che la vittima vede nell’usuraio la sua ancora di salvezza anche se consapevole del danno che subisce, come se avesse la sindrome di Stoccolma. Considera, poi, che la paura di denunciare è dovuta anche al fatto che l’usuraio potrebbe attuare meccanismi per “rovinare” la vittima, come ad esempio episodi di vittime che hanno un immobile all’asta con procedure avviate dai propri aguzzini”. È un fiume in piena Paolo, segno che tiene particolarmente a cuore la causa sociale per cui si “adopera – lo sottolinea – a titolo gratuito”. Mi spiega degli obiettivi a breve termine, coinvolgendo sia le istituzioni (Comune, Camera di Commercio), sia le associazioni di categoria (ASCOM) nell’organizzazione di alcune iniziative di sensibilizzazione per i cittadini ragusani. Punto di partenza potrebbe essere il consumo critico? “Qualcuno potrebbe considerarla, a torto, una pratica discriminatoria, ma sono di operatori commerciali che non sono stati sensibilizzati a dovere o che non hanno ancora capito di cosa si tratta. A tal fine stiamo organizzando una giornata intitolata “Pago chi non Paga”. Il Presidente dell’ASCOM, Ingallinera, si è mostrato molto favorevole ed entusiasta nell’organizzare questa manifestazione e che sarà sua cura sensibilizzare e promuoverla tra i suoi iscritti”.

 

Simone Lo Presti

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