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La questione morale: un bisogno sempre attuale

Secondo l’agenzia “Transparency International” l’Italia è, insieme alla Romania, il Paese più corrotto d’Europa. Nelle ultime settimane del 2014 sul caso “Mafia Capitale” sono state fatte numerose ore di programmazione TV, articoli di giornale e varie e innumerevoli discussioni. Purtroppo non è però la prima volta che accade un episodio del genere: in questo Paese la corruzione e il malaffare hanno sempre trovato il miglior luogo di espansione e diffusione, a tal punto da entrare nella mentalità comune. Infatti oggi, l’88% degli italiani crede che la corruzione e le raccomandazioni siano spesso il modo più facile per accedere a una serie di servizi pubblici, anche se ogni anno la corruzione ci costa 60 miliardi di euro, il 4% del Pil.

Tutto questo è alimentato dalla finta indignazione che pervade tutti noi al sentire di scandali come quello sopra citato: ci meravigliamo, ci arrabbiamo, scriviamo un post su Facebook e poi torniamo alla vita di ogni giorno. D’altronde noi cosa possiamo farci? Come ci insegna Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”, noi siamo abituati ad abbassare la testa.

Accettiamo qualunque ruberia, la vediamo come qualcosa di normale, e neanche ci sforziamo di immaginare un’Italia diversa, un’Italia giusta. Molto più semplice abbandonarla per tempo, andare in Germania o in America dove “le cose funzionano”. Qua no, qui non potranno mai funzionare. In Italia i politici sono tutti uguali e quindi tutti corrotti. Peccato siano stati scelti da noi. Qualcuno ogni volta propone, per cambiare tutto, di demolire il sistema, dalle fondamenta, di mandare “tutti a casa”, raderlo al suolo e quindi, solo allora, ricominciare.

Ma, per fortuna, c’è anche chi ha pensato diversamente. Nel 1981, nell’ultima intervista che Enrico Berlinguer rilasciò a Eugenio Scalfari, oltre a descrivere una situazione dei partiti italiani molto attuale, il Segretario del PCI affrontò, per la prima volta, il problema della questione morale. Queste alcune delle sue parole: “La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenzialeperché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del Paese e la tenuta del regime democratico”.

Superare quei ragionamenti e quei comportamenti corrotti che caratterizzano una gran fetta della politica è il messaggio chiave di Berlinguer, ed è proprio quello di cui si ha estremo bisogno ancora oggi, dopo 35 anni. Non è un caso che, dopo le incresciose scoperte di “Mafia Capitale”, in tantissimi abbiano chiesto ed auspicato una “rinascita morale”, come ha detto lo stesso Papa Francesco. Il Governo ha finalmente risposto con delle norme più severe, ma questo probabilmente non basterà, poiché attualmente l’Italia vive, oltre alla crisi economica globale, anche una profonda crisi di valori che è sfociata, soprattutto nei giovani, in una forma assoluta di indifferenza per la politica, conseguenza alimentata anche dagli scandali di corruzione. È un problema gravissimo che sembra galleggiare a livello di opinione pubblica: i giovani scappano dall’Italia, pochissimi decidono di impegnarsi per la propria terra, di crederci, e ciò causerà inevitabilmente, come sosteneva lo stesso Berlinguer, una forte instabilità nel regime democratico. Chi vivrà in Italia nei prossimi anni? I nostri tassi di natalità sono tra i più bassi dell’Occidente, vi è un continuo esodo di ragazzi e gli immigrati arrivano nelle nostre coste solo per poi andare via, anche loro.

Che fare per invertire la tendenza? È necessario un cambio di passo della politica, un atto di coraggio per spazzare via tutto il marcio che caratterizza la nostra Italia, affinché si dia alle nuove generazioni fiducia e speranza verso il futuro, ricordando sempre un pensiero di Sandro Pertini: “Non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico: è un affarista, un disonesto”.

Enrico La Rosa

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