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Ma dove va Beppe Grillo?

Luigi Pandolfi è un politologo italiano, ha scritto per Micromega, Huffington Post e Linkiesta ed una delle colonne portanti di Scenari Globali. I suoi libri più importanti: “Destra, correnti ideologiche e temi culturali nell’Italia repubblicana”(2000); “Un altro sguardo sul comunismo, teoria e prassi nella genealogia di un fenomeno politico” (2011); “Lega Nord, Un paradosso italiano in 5 punti e mezzo”(2011); “Crack Italia, La politica al tempo della crisi” (2011). Gli abbiamo voluto fare qualche domanda sul fenomeno 5Stelle e sulle prospettive del Movimento in Europa e in Italia.

 

Come giudichi la posizione di Grillo sul divieto di allearsi con altre formazioni e come questo limite può condizionare la sua formazione in Europa?
Intanto registriamo una fragorosa contraddizione: le alleanze, che in Italia sono aborrite, in Europa sono candidamente perseguite. In linea generale ciò è il segno della contraddittorietà di un movimento nato su basi politiche e culturali fragilissime, di cui oggi sono visibili tutti i limiti.

 

Lo scollamento tra la base e i suoi capi nel Movimento sembra essere sempre più evidente. Potremmo essere sul punto di vedere un’esplosione della struttura dei 5Stelle?
Non c’è dubbio che l’esito delle elezioni europee, il modo in cui è stata gestita e organizzata la campagna elettorale da parte di Grillo e Casaleggio, la stessa scelta degli interlocutori in Europa, abbiano aperto nel movimento un fronte di dissenso che potrebbe ulteriormente allargarsi nei prossimi giorni. Lo sfondamento elettorale non c’è stato, la sfida con Renzi è stata persa, rimane il dilemma sulla vera mission di questo movimento.

 

I Wu Ming hanno scritto un pezzo che ha fatto molto discutere sulle posizioni “né destra né sinistra”(“Appunti diseguali sulla frase ‘né destra né sinistra’”). Che cosa ne pensi?
Generalmente – e storicamente – questa espressione si è sentita sempre dalle parti della destra. Anche oggi Marine Le Pen la utilizza per qualificare il suo partito. In realtà la distinzione fra destra e sinistra ha ancora un suo significato, un suo valore, delimita il campo di due visioni della società, dell’economia, del mondo, diametralmente opposte. Il grande discrimine tra queste due visioni rimane il tema dell’uguaglianza, l’idea di una società in cui al primo posto c’è l’uomo e non il profitto, il mercato, la competizione.

 

Perché Grillo ha scelto di dialogare con lo Ukip?
Bella domanda. Verrebbe da dire “per esclusione”, stando alle differenze tra i due movimenti. 640px-Beppe_Grillo_-_Trento_2012_01Anche sul tema dell’Europa le divergenze sono palesi, tra il rifiuto categorico dell’Unione da parte di Farage e l’ambiguo euroscetticismo di Grillo. Ma il discorso potrebbe allargarsi anche all’ambiente, alle grandi opere, all’immigrazione, ai diritti. Ma forse non è necessario attardarsi nella ricerca di motivazioni convincenti, profonde. E’ sufficiente fermarsi alla spiegazione che lo stesso Grillo ha dato: “Un’alleanza con un gruppo parlamentare per il Movimento 5 stelle in Europa è necessaria, per contare qualcosa”. Viva la sincerità. Ma rimane il problema della spregiudicatezza dell’operazione, il fatto che si sorvoli sulle “specificità” dello Ukip, partito ultraconservatore e ultraliberista, di fatto xenofobo, nuclearista e nazionalista. Per farla breve, l’unico punto in comune tra i due movimenti sembra essere il populismo, sebbene declinato in maniera differente.

 

Le_Pen,_Marine-9586Tempo fa Marie Le Pen disse di Grillo che è “un tribuno sfiatato”. Ma che affinità ci sono tra le due fazioni? Si potrebbe parlare di due tipi di populismo differente?
Il Front National, al di là dell’operazione di restyling portata avanti con successo da Marine Le Pen, conserva quasi tutti i tratti della destra di matrice neofascista, basta avere la pazienza di leggere i suoi documenti ufficiali. Di nuovo c’è l’approccio ipercritico all’attuale modello di costruzione europea, che, complice la crisi, gli ha fatto guadagnare molti consensi tra i ceti popolari. Nel caso del M5S parliamo di un movimento con una identità confusa che ha costruito le sue fortune elettorali soprattutto sulle campagne anti-establishment (“noi e loro”), cavalcando efficacemente il sentimento di ripulsa di tanti italiani nei confronti di un ceto politico inconcludente e parassitario. Ecco perché, nel caso di Grillo, la componente populistico – demagogica è perfino più marcata.

 

La grande domanda è se il M5S debba entrare nei Greens o stare tra gli euroscettici. Contemporaneamente non è chiaro come si stanno rimescolando le carte in seno all’assemblea, vista la diffidenza di Farage verso Le Pen e i tentativi di quest’ultima di formare una specie di fronte unico della destra.
Mah, per quanto riguarda il rapporto con i Verdi mi pare che lo stesso Grillo, per bocca del professor Becchi, abbia in un primo momento escluso una qualche forma di collaborazione, definendoli “un puntello di questa Europa”, salvo poi ricredersi chiedendo loro un incontro per verificare la possibilità di fare un pezzo di strada insieme. Molta confusione, insomma, che conferma quanto dicevo più indietro a proposito di taluni tratti estemporanei di questo movimento. Per il campo delle destre non credo che si arriverà ad una convergenza tra l’ala capeggiata da Le Pen e quella che vedrebbe come protagonista Nigel Farage.

 

Le ipotesi che il Movimento entri nella GUE/NGL raccoglierebbero l’interesse di una porzione molto sparuta degli elettori telematici di Grillo?
Non saprei dire dei consensi che la scelta incontrerebbe tra i militanti e gli elettori. Certo il gruppo della sinistra unita non costituirebbe la casa “ideale” per una forza politica come il movimento di Grillo che liquida le categorie di destra e sinistra come etichette ormai superate dalla storia.

 

In un quadro non proprio chiaro, sembra però emergere che la vocazione maggioritaria (Verdi o euroscettici) per il Movimento sia comunque quella di entrare in gruppi a vocazione più o meno liberista, anche nel caso di un’adesione all’ALDE, immaginata più per contiguità con la storia politica dell’Idv che per una qualche base solida.
Si, è così. Ma poi perché stupircene? Forse che Grillo si sia distinto in questi anni per una lettura di classe della crisi? Populisticamente ha cercato consensi tanto tra i precari, i disoccupati, gli operai, quanto tra gli imprenditori che negli anni passati avevano affidato le proprie rivendicazioni a Berlusconi ed alla Lega. Gridare contro banche e finanza, poi, non fa la differenza. Storicamente la destra, soprattutto quella neofascista, ne ha fatto uno dei suoi principali cavalli di battaglia.

 

 

Intervista di Giulio Pitroso

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