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Emergenza al Cara di Mineo

“Arriviamo al Residence degli Aranci di Mineo e notiamo subito la precarietà delle esistenze: ragazze che si prostituiscono sulla Catania-Gela per qualche spicciolo per migliorare la propria fragile vita all’interno del Cara, gente che vaga invano alla ricerca di non so cosa, militari all’ingresso armati fino ai denti che perlustrano l’area con mezzi blindati come se da un momento all’altro dovesse scoppiare una guerra, ma soprattutto confusione ed incertezza. Sembra un vero e proprio campo profughi da Terzo Mondo piuttosto che un centro d’accoglienza di un paese europeo”. Queste le parole di Giuseppe Coniglione, consigliere comunale di Vizzini (CT) ed esponente del Coordinamento dei Consiglieri del Calatino sulle Politiche dell’Accoglienza.  Ma di che cosa stiamo parlando? Qual è questo campo profughi a cui si riferisce Coniglione?

La grande accoglienza

Domenica scorsa, il 13 aprile per intenderci, un’ispezione al Cara di Mineo (CT) da parte dell’onorevole Erasmo Palazzotto (Sel), effettuata insieme al Coordinamento, ha rappresentato una vera e propria testimonianza di quello che è l’ambiente in cui sorge il centro del calatino. Un centro su cui è stato detto e scritto parecchio negli ultimi tempi, a causa di alcune nebulose vicende che hanno attirato i riflettori della cronaca.

Foto, palermo.repubblica.it
dal sito di palermo.repubblica.it

“Ad un certo punto ci sparpagliamo, stanchi del direttore e degli operatori che ci hanno sguinzagliato dietro – continua Coniglione – ed io e Giuseppe La Rocca, consigliere comunale di Grammichele (CT), iniziamo a vagare per la struttura e veniamo subito accerchiati da una moltitudine di persone delle più svariate etnie e nazionalità, che vogliono comunicare con noi, in tutti i modi, la loro rabbia e disperazione”. Poco più di un mese fa, all’indomani della costituzione del Coordinamento dei Consiglieri del Calatino sulle Politiche dell’Accoglienza, avevamo speso qualche battuta sulle condizioni del centro di Mineo, ma le parole di Coniglione non lasciano spazio all’immaginazione. Andiamo avanti.
“Stringiamo confidenza con alcuni ragazzi del Pakistan, di vent’anni a malapena, i quali ci fanno visitare, felici delle nostre attenzioni, la loro ‘casa’ (se così si può chiamare) dove vivono in dodici, maschi e femmine, di diverse etnie e nella precarietà più assoluta. Ci fanno vedere dove dormono, su materassi di spugna senza lenzuola e direttamente sul pavimento; la toilette a malapena funzionante. Notiamo subito l’assenza di una doccia nella loro ‘casa’ – sottolinea il consigliere di Vizzini – benché il direttore ci avesse detto, poco prima, che tutte le case avevano le docce. ‘Come fate per lavarvi?’, chiediamo estraniati. Ci mostrano uno straccio a terra e ci fanno capire che ‘si arrangiano’”. L’arte di arrangiarsi, insomma. “’Dove mangiate? Dove vi sedete?’, domandiamo sempre più confusi. E ci fanno capire che mangiano a terra o sui letti, ‘si arrangiano’ anche qua. Io e Giuseppe La Rocca ci guardiamo attoniti, perché da oltre un anno fanno questa vita ed ancora le commissioni non hanno esaminato le loro richieste d’asilo politico e non si sa per quanto tempo ancora dovranno vivere in questo stato”. Il racconto di Coniglione sembra quasi preso da uno di quei documentari che si vedono in tv sulla vita nei Paesi disastrati dell’Africa, quelli martoriati dalle guerre. Eppure, siamo sempre in Italia. O forse no?

Prossime mosse

“Nei loro sguardi la semplicità di ragazzi come noi, sfuggiti dalla miseria per ritrovarsi in un limbo da cui sembra impossibile uscire, in cui alcune etnie detengono addirittura il monopolio del commercio clandestino di qualsiasi cosa con il consenso della direzione, perché così in qualche modo ‘si arrangiano’, a detta del direttore. Usciamo dalla loro casa, ci salutano con affetto e continuiamo a parlare con altri”.
Coniglione ci informa che presto l’onorevole Palazzotto porterà un dossier sui fatti del Cara di Mineo in Commissione Immigrazione alla Camera. Un atto dovuto, che si aggiunge al lavoro del Coordinamento dei consiglieri del calatino. D’altronde, parliamo del centro di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa. Parliamo di quasi quattromila persone, mica di noccioline. Una realtà di questo tipo merita forse una certa evidenza, oltre i confini locali.

Le foto nell’articolo pubblicato su palermo.repubblica.it

Attilio Occhipinti

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