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L’Europa uccide la piccola agricoltura

La PAC, la Politica Agricola Comune, rappresenta una delle più importanti voci di bilancio dell’economia europea (circa il 43%), eppure, sebbene costi ogni anno all’Unione Europea circa 60 miliardi di euro, la notizia delle recenti modifiche (valide per il periodo 2014 – 2020), apportate al suddetto piano economico, è stata trattata con estrema indifferenza dai media italiani.

Obiettivi

Gli obiettivi principali della PAC, come difficoltosamente si legge nei criptici rapporti della Commissione Europea e del Parlamento Europeo, sarebbero quelli di garantire un’alimentazione adeguata ai consumatori europei e soprattutto assicurare una remunerazione dignitosa agli agricoltori europei, infatti, alla domanda: “Perchè abbiamo bisogno di una Politica Agricola Comune europea?” diversi rapporti della Commissione Europea rispondono dicendo che un piano economico comune sia utile per “assicurare la parità di condizioni nell’ambito dell’UE a garanzia di una concorrenza equa” e per “consentire agli agricoltori di continuare a esercitare la loro attività in circostanze nelle quali i mercati non possono garantire il giusto ritorno economico a fronte degli elevati costi di produzione”. Sembrerebbe, da quel che si legge in queste righe, che la Commissione Europea punti ad un obiettivo nobile, come quello di sostenere l’attività dei piccoli contadini, in crisi per via delle ingiuste leggi del mercato globale, se non fosse che l’80% dei fondi PAC sia riservato soltanto al 20% delle aziende comunitarie, e che quindi, la PAC, risulti essere soltanto un altro mezzo per poter accrescere e favorire i capitali delle grandi lobby e delle grandi aziende del settore agricolo.
Modificando l’accordo sulla politica agricola, l’Europa avrebbe avuto la possibilità di valorizzare realmente l’intero territorio comunitario, facilitando l’ingresso dei giovani nel settore agricolo, favorendo l’attività delle piccole imprese a discapito delle grandi multinazionali, diminuendo l’inquinamento, proteggendo l’ambiente e migliorando la qualità dei prodotti, con un conseguente calo nella spesa sanitaria. Ma, come già accaduto in altre circostanze, l’occasione è stata, ancora una volta, sprecata.

Giuseppe Cugnata

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