Press "Enter" to skip to content

Sad Meal

Quello che nasconde un succulento panino targato dalla grande M

 

Un menu grande con Big Mac, Coca e una porzione di maionese grazie’.

Probabilmente tra qualche anno perfino in Antartide  troveremo rassicuranti insegne gialle a forma di ‘M’, o perché no, un centro McDonald’s galleggiante sull’oceano Pacifico per qualsiasi navigatore voglia un ‘fast meal’ e pure ‘happy’.

In effetti, chi non sarebbe felice di concedere alla proprie papille gustative momenti di puro godimento , addentando una patatina o un hamburger succulento della multinazionale più famosa al mondo, nata a Chicago negli anni ‘50? Lo dimostrano ogni giorno quei 40 milioni di persone di ogni nazione, razza e religione che entrano nei 30.000 ristoranti McDonald’s  sparsi in ben 120 paesi della Terra.

Eppure, se quell’universo vincente,veloce, meccanicamente organizzato, pulito e piacevole che propina a un prezzo accessibile godurie per il palato,si denudasse per un attimo del suo corredo di vesti e maschere, qualcosa improvvisamente andrebbe storto: i nostri McChicken non sembrerebbero più così invitanti, né i nostri ‘Happy meal’ così  ‘allegri’.

McDonald’s spende ogni anno 1,8 miliardi di dollari in tutto il mondo in pubblicità e promozioni allo scopo di rinvigorire e portare avanti una immagine ben costruita di sé che coniughi rispetto ambientale, qualità, divertimento e sana nutrizione.

Un mix fin troppo artefatto e perfetto ( quasi come i suoi ‘cibi’) ,  una rappresentazione teatrale sfavillante ai cui spettatori è celato il retroscena di una  ricerca assoluta del profitto, di un imperialismo economico di portata globale che inevitabilmente si regge sullo sfruttamento scriteriato delle risorse animali e ambientali, così come degli stessi lavoratori.

Verso la metà degli anni ottanta  alcuni membri di un gruppo londinese di anarchici ‘ London Greenpeace’ lanciarono una campagna contro McDonald’s , diffondendo un volantino intitolato What’s wrong with McDonald’s ( cosa non va da McDonald’s ) che è stato tradotto e riproposto in diversi paesi e che ha dato vita al più lungo processo per calunnia mai svoltosi in alta corte in Gran Bretagna.

Constatando il successo della campagna, la multinazionale cominciò ad intensificare la sua propaganda mirata a fornire una immagine dell’azienda ‘pulita e impegnata’, curando allo stesso tempo minacce di querela per diffamazione a molteplici associazioni, costringendole a ritirare le loro accuse.

Nonostante l’inadeguatezza economica per sostenere una causa legale, motivo che precedentemente aveva fatto retrocedere numerosi attivisti, Helen Steel e Dave Morris , due militanti di London Greenpeace, decidono di scommettere sulla possibilità di dimostrare – in un processo durato ben 313 giorni, lottando contro una schiera di avvocati e di testimoni di alto profilo a favore della multinazionale – la veridicità delle loro affermazioni contenute nel volantino, le quali toccano temi scottanti come la qualità dei cibi venduti (panini e hamburgers), le modalità di allevamento degli animali, la responsabilità diretta delle opere di deforestazione in Sudamerica, il comportamento nei confronti dei dipendenti.

Durante il processo , nel quale McDonald’s ha rifiutato di fornire molti dei documenti riguardanti la società di suo possesso nonostante fosse costretto a farlo, richiedendo tra l’altro che ai due ecologisti imputati venisse negato il diritto di avere una giuria , sono emersi alcuni aspetti scomodi e non del tutto plausibili riguardo, in primo luogo, la sanità della Mcalimentazione.

 

 

 

 

 

Dei due miliardi di dollari che McDonald’s spende ogni anno in pubblicità , molto viene investito per riuscire ad attirare nel ‘Mc World’ tutta quella fetta di potenziali clienti che pur considerano   queste delizie un ‘cibo-spazzatura’.

Preme fortemente, infatti, la necessità di inculcare l’idea che un cibo palesemente  riconosciuto come strabordante di grassi, zuccheri e sale, povero di fibre e vitamine,  legato ad un maggiore rischio di malattie cardiache , cancro e diabete, sia invece esempio di qualità, genuinità, perfino immagine di una dieta equilibrata e salutista.

Come se non bastasse , ecco quanto afferma Luther Blissett nel suo saggio ‘Mc Nudo’, in riferimento ad un volantino auto-celebrativo della società : Nonostante il carattere lillipuziano tipico in pubblicità di chi ha qualcosa da nascondere ma che è obbligato a dire, il foglietto fornisce numerose informazioni ; ‘‘il gusto della qualità’’ inizia a macchiarsi di addensanti, coloranti, amidi modificati, edulcoranti, glutammato di sodio, acidificanti, aromi, sali di fusione, agenti lievitanti modificati e simpatiche siglette incomprensibili tipo E472e, E410, eccetera’ , di certo non splendide testimonianze di cibi prodotti in fattoria.

Nel 1991 il colosso della ristorazione mondiale è stato responsabile di una serie di avvelenamenti da cibo in Gran Bretagna, per i quali la gente colpita soffrì di gravi insufficienze renali; soltanto l’anno precedente, l’azienda aveva rinunciato a utilizzare uno tra i nove additivi considerato cancerogeno, pur continuando a giustificare l’innocuità dei restanti elementi, comunque dannosi alla salute , grazie alle positive sperimentazioni svolte su animali.

Lo stesso prof. Walker, esperto di McDonald’s in additivi e tossicologia, ha ammesso che gli animali hanno un metabolismo diverso dal nostro, che il numero limitato  di animali usato in ogni esperimento non è espressione dell’enorme diversità delle situazioni umane , che i risultati non sono sempre costanti e che le prove non permettono di prevedere le allergie.

‘Il veleno dell’America del nord’ fu l’appellativo dato al McDonald’s da un’associazione statunitense che opera nel campo della nutrizione e delle malattie cardiache, durante una dura campagna di protesta che portò per la prima volta l’azienda a usare olio vegetale ( nella minima percentuale del 10 %, dato che il restante 90 % proviene da grasso di manzo).

Oltre all’ambigua sanità dei sui menu, sotto i riflettori , che grazie al processo del ’96 si accesero sui misfatti dell’azienda, andarono a finire i metodi di macellazione degli animali, le pubblicità ingannevoli mirate a utilizzare i bambini come ‘specchietti per le allodole’ e infine le condizioni pessime di lavoro dei dipendenti.

La maggior parte degli animali provengono da allevamenti intensivi senza accesso all’aria aperta e alla luce del sole e nessuna libertà di movimento, dove i sistemi di macellazione sono mirati a sopprimere la maggior quantità di animali nel minor tempo possibile.

Il tasso di crescita del bestiame viene accelerato artificialmente ( in particolar modo i maiali, nell’ultima parte della loro vita vivono nelle ‘unità di ingrassamento’, in uno spazio di mezzo metro quadrato ciascuno) ; nel caso dei bovini, documentata è la condizione di stress, esaurimento e malattia derivata dalle ripetute gravidanze così come i metodi di uccisione tramite scariche elettriche.

Tutto questo e altro ancora  fa  parte dell’abisso oscuro che si cela dietro la faccia sorridente di Ronald, il simpatico clown testimonial del Mc : forse la più palese rappresentazione di un mondo che si professa persino creato ‘ a misura di bambino’.

Luther Blissett afferma: ‘Il bambino è purtroppo vittima preferita della pubblicità. La sua mente, così aperta a prendere i desideri per realtà, così innocente nel credere bello ciò che ci è mostrato bello, così privo di complesse categorie, rimane abbagliato dal McWorld, dalla sua pubblicità che tocca i cinque sensi: il colore vivo e brillante d’ogni cosa, la fischiettabilità dei suoi ritornelli mantrici, l’acquolina in bocca creata dagli esaltatori di gusto e presente in ogni cosa, la gratuità dei numerosissimi gadgets ’ tutte cose che attraggono il bambino e la famiglia costretta a seguirlo , inglobandosi  in questo universo gustoso e felice.

Felici e sorridenti devono essere per contratto i lavoratori , nonostante meno felici siano le loro buste paghe e le loro condizioni lavorative per il miglioramento delle quali non è ammissibile nessun tipo di organizzazione sindacale : ci deve essere qualcosa che non va se l’80 % di essi , per lo più ‘casualmente’ reclutati tra gente giovane e priva di specializzazioni , sono part-time e se l’azienda è ai primi posti al mondo per ricambio continuo del personale.

Paul Ariès ,autore di un saggio-inchiesta sul caso, scrive a tal proposito ‘ Il McDonald’s  ha approfittato della disoccupazione per generalizzare la precarietà’ : la politica ‘usa e getta’ evidentemente non riguarda solo gli imballaggi dei sui panini.

Consiglierei a chiunque, prima di addentare il proprio Mc toast, di percorrere per intero il perimetro del Piemonte e poter constatare in prima persona l’ampiezza di un’area di foresta pluviale che ogni mese viene abbattuta solo per fornire alla multinazionale la carta per un anno.

Il ruolo della principale catena di fast food nella distruzione delle foreste pluviali in Amazzonia, ovviamente mai riconosciuto ufficialmente nelle carte, viene spesso denunciato da Greenpeace International attraverso immagini satellitari, ricognizioni aeree, documenti governativi inediti e monitoraggio sul campo.

Nel 2006 L’organizzazione ambientalista ha pubblicato un nuovo rapporto che rivela il percorso della soia, dalle foreste pluviali alla famosa catena degli hamburger, importata dunque in Europa e USA per i mangimi degli allevamenti.

Il 40 % del polmone verde del pianeta sarà distrutto entro il 2050 se l’espansione dell’agricoltura dei ‘potenti’ continuerà con tali ritmi e con conseguenze catastrofiche per la biodiversità, per il clima globale, senza contare il prosciugamento delle risorse dei Paesi poveri coinvolti.

‘McDonald’s sta distruggendo l’Amazzonia per vendere carne a basso prezzo’ sono le parole di Gavin Edwards di Greenpeace.

Davanti a questo scenario, dove il denaro ci ha trasformato in dei greggi acritici da infarcire allegramente, dove la felicità si dispensa per formati standard preconfezionati, per un attimo mi chiedo fino a che punto lo stomaco possa oscurare la nostra mente, e se anche questa si nutra di Big Mac.

Buon Appetito.

 

Candida Mezzasalma

 

 

 

 

 

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *