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Realtà e allucinazione: lo smarrimento dell’uomo nella percezione

Realtà e allucinazione: lo smarrimento dell’uomo nella percezione

Heidegger diceva che l’essere dell’uomo, l’Esserci, è innanzi tutto essere- nel –mondo. L’uomo è aperto al mondo, e solo nella comprensione del mondo può vivere.
Ogni progetto dell’uomo, infatti, comprende il mondo come una sua possibilità, la possibilità che egli è. Da quella possibilità l’uomo è assorbito, e in tale relazione essenziale l’uomo vive.
La comprensione del mondo è già sempre inserita in esso secondo una certa tonalità emotiva, che determina ogni percezione, ogni atto e ogni rapporto.
L’uomo è in questo rapporto senza mediazione, egli è gettato nel mondo e si ritrova a dover vivere in un insieme di relazioni che lo rimandano ai significati già presenti negli oggetti intramondani.
L’uomo, insomma, è il rapporto col mondo, non può vivere senza essere presso di esso. Non esiste prima un mondo come semplice-presenza a cui poi l’uomo da un significato, ma un complesso di significati in cui avviene la comprensione come progetto.
L’individuo che assume delle droghe, modifica il rapporto con il mondo, alterando i significati degli oggetti mondani in cui da sempre si trova a vivere. Dopo l’assunzione di droghe, l’individuo comincia a percepire il mondo in modo del tutto alterato rispetto alla totalità di significatività che abitualmente determina la comprensione.
Per questo, nel caso dell’LSD, ad esempio, si parla di trip, di un viaggio, che immette l’uomo in un nuovo mondo in cui le percezioni sono molto diverse. Il fenomeno è conosciuto comunemente e non desta stupore, eppure basterebbe la considerazione di esso a mettere in discussione ogni supposta teoria sull’oggettività della conoscenza, e sulla possibilità di quest’ultima di cogliere le cose in sé.
Tale presunzione, infatti, si fonda sull’esistenza di una percezione esatta, ossia di un criterio assolutamente arbitrario, che per secoli ha fatto sì, ad esempio, che si considerassero le percezioni degli animali non umani inferiori, o che se ne ignorassero le peculiarità.
Come dice Nietzsche, “In generale, la percezione esatta – il che significherebbe l’espressione adeguata di un oggetto nel soggetto- mi sembra un’assurdità contraddittoria: in effetti tra due sfere assolutamente diverse, quali sono il soggetto e l’oggetto, non esiste alcuna causalità, alcuna esattezza, alcuna espressione, ma tutt’al più un rapporto estetico, intendo dire una trasposizione allusiva, una traduzione balbettata in una lingua del tutto straniera, il che richiederebbe in ogni caso una sfera intermedia e una capacità intermedia che fossero capaci di poetare e inventare liberamente”.
Già Kant aveva affermato l’impossibilità, da parte dell’uomo, di cogliere gli oggetti in sé. Noi possiamo solo cogliere gli oggetti come sono per noi. L’intelletto, per Kant, è “l’autore dell’ esperienza”, gli oggetti che noi conosciamo sono determinati dal soggetto conoscente. Ciò non significa che l’io crei l’essere delle cose: la materia della conoscenza deriva dall’esterno, l’intelletto però produce la forma “oggettiva” del materiale sensibile.
Molti anni prima, già Descartes ipotizzò che alle nostre percezioni non corrispondessero cose analoghe nella realtà. Egli ritenne “che fuori di me esistessero cose delle quali mi venivano tali idee, e che queste idee fossero in tutto somiglianti a quelle cose; ed era in ciò che mi ingannavo, oppure, anche nel caso che il mio giudizio fosse vero, non lo era però in virtù della ma percezione…Mi veniva in mente che potrebbe darsi che un Dio mi abbia dotato di una natura tale che io mi inganni anche a proposito di quanto mi sembri chiarissimo”.Qualunque cosa possa fare questo essere maligno, non potrà mai farmi dubitare del fatto che esisto: cogito ergo sum.
Portando il discorso alle estreme conseguenze, potrebbe darsi che questo stesso foglio che state leggendo sia in realtà completamente diverso, o che non esista affatto. Potrebbe essere una “creazione” della nostra mente, che determina in tal modo le nostre percezioni. Un individuo in preda agli effetti della droga, infatti, lo percepirà in modo totalmente diverso.
Eppure, allo svanire degli effetti della droga, egli tornerà in questo mondo, con le sue angosce, i suoi problemi, i suoi sentimenti, le sue virtù, le sue paure, la sua vita. E il mondo, reale o immaginario che sia, gli si presenterà com’era, con le sue possibilità, e fra quelle possibilità bisogna scegliere. Tirarsi indietro non equivale a salvarsi. Vivere in un universo drogato è anch’esso un modo di essere- nel- mondo,che si sottrae alla comprensione di esso, facendosi inghiottire in rapporti estraniati dall’essere dell’uomo che, in questo mondo, vive fuori di sé, fino ad annullarsi.

Giacomo Pisani

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