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Reportage dal 7 Ottobre catanese

Non è una brutta giornata il sette ottobre. Suona più che altro strana in bocca: sette ottobre. Sembra un gioco di parole. A ben pensarci, l’anno scorso le mobilitazioni erano state fissate l’otto ottobre. Era stata una data importante, la fase ascendente di una parabola, una parabola che conosciamo bene. Come ogni anno ottobre, infatti, forse per vocazione storica, è il mese dell’agitazione. Un’agitazione che muore a gennaio, anche se ci sono precedenti storici che fanno pensare ad eccezioni che confermano la regola. Fu “d’Ottobre” la Rivoluzione Russa- anche se non è lo stesso mese del nostro calendario gregoriano-, l’Autunno Caldo del ’68 ebbe tappe importanti in questo mese e lo stesso Mussolini lo scelse per inscenare la Marcia su Roma, mentre si preparava ad una eventuale fuga in Svizzera. Sembra che tutte le storie abbiano punti in comune, ma sono ovviamente diverse tra loro.
Sarà che quando finisce l’Estate, la voglia di  tornare ai ceppi del lavoro salariato, dello studio forzato non si fa sentire. Sarà che i ragazzi vogliono star fuori da scuola, quando fuori ci sono belle giornate. Oppure è che ragazzi e adulti sono un po’ incazzati per i tagli alla scuola. Non è chiaro, non si può esprimere un giudizio su due piedi. Beh, certo, c’è chi può, come un operatore ecologico- “spazzino”, per i profani-, che se ne sta con la ramazza in mano, in via Androne: “Quannu ci iva iù a scola tuttu stu burdellu nun c’era. Chiù passa u tempu, chiù sti carusi nun ni vonu scola!”, come a dire che i ragazzi hanno solo voglia di non fare niente, di non fare una ramazza. Avrà ragione lui, che a scuola ci avrebbe dovuto passare qualche giorno di più? Oppure nemmeno lui sa esattamente cosa sta dicendo, perché le scuole non gli hanno insegnato niente? Magari la scuola non funziona. O, forse, ha ragione lui, come aveva ragione l’anno scorso un vecchio un po’ grasso su una bella auto, il quale aveva scelto parole meno dolci; rivolgendosi al corteo che aveva bloccato il traffico proprio nei pressi di via Androne, era persino sceso dalla macchina per farsi capire meglio.
Dovrebbero studiare, questi ragazzi. Dovrebbero studiare, invece di starsene in mezzo ad una strada a far baccano. E dovrebbero diventare adulti come gli altri catanesi, che hanno regalato alla Milano del Sud Stancanelli, Scapagnini e il suo buco di bilancio. In fondo, se Catania è una città mafiosa è colpa di questi adulti catanesi, che non vogliono sentire casino per strada. E’ anche colpa loro se arriva una lettera di minacce alla direttrice di “Sud”- cui esprimiamo qui la nostra solidarietà-, se questa cosa si può venire a sapere solo se si legge “Sud” o se si conosce “Ossigeno per l’informazione”. Gli adulti catanesi hanno imparato male dalle scuole o le scuole hanno insegnato male? Poco importa, perché il male investe anche Ragusa, anche la provincia di Messina, anche la Palermo di Telejato. E noi non riusciamo più a stare dietro alle minacce, ai comunicati di solidarietà e ci scusino coloro i quali non hanno sentito la nostra vicinanza; non lo facciamo per male, ma perché spesso lo veniamo a sapere troppo tempo dopo, oppure non lo veniamo a sapere affatto.
Beh, torniamo a  Catania. Fuori dai Benedettini ci sono circa duecento studenti. Ci dicono che sono così pochi perché la manifestazione è dedicata solo alle scuole superiori. “Eravamo diecimila in via Etnea” ci dicono gli esponenti del Movimento Studentesco Catanese. Gli altri si sono persi per strada. Succede. Ma non dovrebbe succedere.
Sul camioncino dell’MSC (che non è una ditta che organizza crociere, ma l’acronimo di Movimento Studentesco Catanese), ci sono i ragazzi del Collettivo Principe Umberto, i quali hanno molte cose da dire sia riguardo le condizioni igienico-sanitarie della loro scuola, sia riguardo questioni logistiche. Certo, un po’ azzardati gli interventi sulle banche, sui massimi sistemi, sulle grandi battaglie, in una Catania che sa tanto di Terzo Mondo e ha disgrazia molto più pratiche. Non mancano gli altri collettivi storici della città legati alle scuole superiori. Sul palco improvvisato, al microfono anche Matteo Iannitti, esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti, esponente principale dell’MSC. Parole, belle parole. Come sempre.
Il rischio maggiore per il movimento è che tutta questa fiamma si spenga presto, con il freddo invernale. E che si ritorni alla solita ciclicità della mobilitazione autunnale, mentre passano riforme, si fa macello delle strutture pubbliche e si sopportano gravi situazioni inutilmente. Se così fosse, non ci resterà che andare a scuola da quello spazzino di via Androne o dal signore un po’ grasso dell’anno scorso: loro sapranno insegnarci come digerire la pillola, come imparare a essere buoni cittadini delle tante mafiopoli italiane.

Giulio Pitroso

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