Press "Enter" to skip to content

9 Aprile 1921 – L’eccidio fascista a Ragusa

Ogni anno, il 9 Aprile, ci incontravamo in Piazza San Giovanni, a Ragusa. Eravamo sempre gli stessi, circa 30 persone, forse qualcuna in più. C’erano i più anziani, gli attivisti che animano quasi tutte le lotte della città (e non solo), c’era anche qualche bambino e pochi ragazzi. La memoria storica era affidata, come spesso accade a Ragusa, alla voce tonante di Pippo Gurrieri, attivista di lunga data, orgogliosamente anarchico, amico e compagno di molti nelle battaglie per il sociale, per gli ultimi e per la pace. Quando prendeva il microfono ci zittivamo tutti e ascoltavamo la storia dell’eccidio fascista del 9 Aprile, il senso di questa celebrazione, del trovarsi insieme in piazza ancora una volta, un altro anno ancora. Poi, qualcuno di noi saliva su una scala e deponeva una corona di fiori sulla targa di pietra. Era posta diversi metri in alto come se la memoria di quel 9 Aprile dovesse rimanere una cosa difficile. Ma noi c’eravamo e ci siamo anche quest’anno: com’è ovvio, date le contingenze, la piazza sarà vuota, ma non per questo abdichiamo al nostro dovere di ricordare l’eccidio fascista che provocò la morte di tre lavoratori braccianti: Rosario Occhipinti e Carmelo Vitale, rimasti a terra in piazza san Giovanni e la morte di Rosario Gurrieri avvenuta dopo qualche settimana.

“Il clima – ricorda in una nota l’ANPI Ragusa – era quello delle intimidazioni, violenze, scorrerie che venivano perpetrati nei confronti degli operai, dei braccianti e dei democratici. Infatti, già qualche mese prima, il 4 novembre 1920, i fascisti locali, avevano tentato di assaltare il comune “rosso” a guida socialista. Il 9 aprile – prosegue la nota – era una giornata in cui i braccianti, riuniti a piazza San Giovanni, a Ragusa, aspettavano il comizio del deputato socialista Vincenzo Vacirca, ma nell’aria fredda di una primavera tardiva, si avvertiva la sospettosa presenza gelida dei fascisti. Infatti, arrivarono provocando la piazza e si scatenò l’inferno I fascisti incominciarono a sparare, mentre la polizia stava a guardare. Un bilancio pesante, oltre 50  feriti, in piazza c’erano anche donne e  bambini, e il sangue si sparse sul basolato. La gente scappò ma i fascisti continuarono liberi a percorrere le vie di Ragusa. Non si fermò la loro attività violenta e l’indomani vennero attaccati i luoghi simbolo delle sinistre e dei socialisti, bruciando la sede della Camera del lavoro. Anche il municipio venne assaltato e l’amministrazione comunale fu costretta a rassegnare le dimissioni. Altre amministrazioni della provincia furono obbligate a dimettersi perché costrette dalla violenza squadrista dei fascisti coordinati e ispirati da Filippo Pennavaria”.

Sono trascorsi 99 anni da quei fatti: la storia, così lontana nel tempo, ci sta vicina nel dolore delle persone per le ferite, per la morte, per la libertà che viene meno. Ne coltiviamo la memoria, allora, perché ciò ci sia da sprone per un impegno quotidiano ad estirpare ogni forma di fascismo che, ancora oggi, come l’erba tinta (cattiva, infestante ndr) continua ad infestare le nostre comunità.

Simone Lo Presti

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *