Sembra difficile da credere , ma esiste un Vasco italiano capace di sperimentare nuove forme linguistiche oltre ad ‘eh’ : di cognome fa Brondi ed è il venticinquenne cantautore ferrarese che, con il suo progetto musicale ‘Le luci della centrale elettrica’, ha tracciato la cruda radiografia di una generazione, quella degli anni Zero, del monossido di carbonio e dei call center, dei sogni castrati e dei centri commerciali.
Quella generazione che in riva al mare non può più cantare Battisti, ma soltanto ‘Canzoni da spiaggia deturpata’, come recita il titolo del suo album d’esordio: un groviglio musicale forte, feroce e geniale allo stesso tempo, apparso per la prima volta nel maggio del 2008.
Il disco, prodotto dall’etichetta discografica ‘La tempesta’, contiene numerosi brani di un precedente demo del cantautore, con titolo omonimo, rielaborati e riproposti in una nuova veste grazie al contributo di Giorgio Canali, che ne smorza gli spigoli e ne tempera l’irruenza, non sopprimendone tuttavia l’ardore e la forza d’urto.
La copertina ospita gli acquerelli del fumettista Gipi e, sul retro, il polo industriale Montedison di Ferrara fa da sfondo alla figura del Brondi e, se vogliamo, alla sua intera produzione artistica, che, proprio da quelle ‘luci della centrale elettrica’, prende nome e dalle quali ha mosso i primi passi, riuscendo a portare sui palchi di tutta Italia i ritmi serrati e incalzanti di un’acustica esplosiva quanto viscerale.
La voce del Brondi ci trascina in un flusso travolgente e infinito di parole, un tunnel psichedelico di frasi, a volte spezzate, prive di legami logici; un vortice claustrofobico di pochi accordi che ritornano ininterrottamente su se stessi e che sembrano oscillare come un pendolo ipnotico.
Nessuna censura, nessun filtro o artificio retorico, ma tramite una scrittura scandalosamente cruda, fatta di un realismo secco e tagliente, addirittura fastidioso, racconta frammenti di desolate realtà post industriali, di quotidianità malate e amori consumati tra bilocali da trecento euro al mese e sogni di rivoluzione, che si infrangono contro i soffitti. In una progressione ritmica e poetica impetuosa e attuale, si susseguono metafore scottanti, surreali, nonsensi estremi, grazie ai quali il cantautore ferrarese ci sputa addosso le speranze frustrate dei figli del nuovo nulla, fatto di cemento e di ‘chilometri di scontrini’, di ‘etilometri ubriachi fradici’, di piazze divenute mute, rimaste vuote…Sarà perché ormai l’unica possibilità è ‘la lotta armata al bar’.
E allora, ‘Cosa racconteremo ai figli che non avremo, di questi cazzo di anni zero?’ urla Vasco… Forse che avremo combattuto i governi delle ‘repubbliche democratiche fondate sui telespettatori’, o forse che saremo riusciti solo a ‘combattere l’acne’. Racconteremo di quando ci troveranno a rovistare tra i cassonetti d’immondizia le nostre utopie rimpiazzate da ‘futuri più accessibili, più probabili’, quando per una occupazione temporanea, andremo a ‘fare i camerieri a Parigi e a New York’ o ci arruoleremo nell’ ‘esercito del SERT’ per parlare ‘d’amore o di metadone’.
Sappiamo che si scioglierà ‘il vapore acqueo delle nostre illusioni’ e che ‘le nostre parole sono solo anidride carbonica’, eppure , forse a causa di ‘un malinteso senso del progresso’, questa ‘Per ora noi la chiameremo felicità’: è così che Brondi ha voluto chiamare il suo secondo album, pubblicato il 9 novembre del 2010, anticipato dal video del primo singolo estratto ‘Cara catastrofe’.
La formula è la stessa della precedente: il solito andirivieni febbricitante di semplici accordi fa da sfondo a squarci di paesaggi desolati e storie d’amore annaspanti ; ci scuote, ponendoci faccia a faccia con il ritratto del Bel Paese, tra crisi finanziaria, precariato, situazione ambientale e lotte studentesche.
Un nuovo sapore di rassegnazione e di amarezza, tuttavia lo differenzia da ‘Canzoni da spiaggia deturpata’… Sarà la consapevolezza che ‘avremmo fatto una figura migliore ad annegare ubriachi l’altra sera nel Tevere’ o che in fondo ‘non c’è niente da capire’.
L’unica cosa che sappiamo è che Brondi, nella sua essenzialità e nella sua schiettezza, ha coraggiosamente fatto della musica una cronaca attuale e fedele all’aria ‘inquinata’ che riempie le vite dei figli del nuovo millennio.
Ha dato voce a quella verità che ci circonda quotidianamente, che penetra i nostri attimi e le nostre giornate, difficile da digerire ,troppo dura, velenosa, scomoda per poterne parlare.
‘A me interessa che ti alzi i peli delle braccia, non che mi conti gli accordi, ma a cosa ci stiamo attaccando? Non faccio musica di quel tipo, non faccio musica barocca. Penso che sia chiaro, non me ne frega un cazzo’ afferma Vasco in un’ intervista.
Candida Mezzasalma
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