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Catania bolgia infernale

107 gradini, corrispondenti a 107 diverse città. Nel nostro caso specifico viene resa la misura dei “servizi ambiente e salute” nella classifica per la qualità della vita 2011 secondo il quotidiano Il Sole 24 Ore. E il dato che immediatamente risulta evidente è l’incontestabile fatto che la nostra cara città di Catania, in tale graduatoria, stenta con affanno a quota 392 (ex aequo con Siracusa), al triste 86mo posto. Inoltre, rispetto all’anno precedente è stato fatto un ulteriore passo indietro di una casella nell’impietoso “gioco dell’oca” sull’efficienza e vivibilità degli agglomerati urbani nostrani.

Ma qual è la ragione di questa discesa e reiterata permanenza nei bassi gironi di questo Inferno targato made in Italy?

Innanzitutto il basso, bassissimo, livello di occupazione di certo non favorisce la crescita economica e sociale. Fenomeni scoraggianti come il clientelismo ed il lavoro sommerso fanno da cornice a tutta una serie di riflessioni su quanto sia poco praticabile trovare o mantenere una professione, che sia nei limiti della legalità o meno.

L’ordine pubblico è senza dubbio inficiato da una sempre più inaffidabile gestione dello spazio sociale e vitale, e dallo spirito purtroppo, sempre meno celato, di inciviltà e di disaffezione alle regole che ramifica fra le coscienze svuotate di una popolazione sempre più lasciata in balia di se stessa.

Popolazione che sempre più è costretta a vivere al limite della decenza in spazi sempre più ristretti, fatiscenti ed asfissianti. Ne è testimonianza lo sviluppo schizofrenico e disordinato della città, e la cattiva gestione e l’abbandono di quartieri popolari di periferia come Librino-San Giorgio o Villaggio Sant’Agata, ma anche di quartieri centrali come l’Antico Corso o di veri e propri monumenti alla cultura, vedi alla voce teatro Coppola che solo di recente ha visto un suo parziale “restauro” per opera di volenterosi artisti della città che lo hanno occupato.

Inoltre la mancanza di spazi condivisi per i cittadini, allegata alla necessità di riconvertire il tempo libero in attività culturali utili e formative per l’animo dei giovani catanesi, ha ormai da tempo collocato in un misero “limbo” giovani e giovanissimi, lasciati allo sbando, che così diventano veicolo singolare per lo sviluppo di microcriminalità e di violenza giovanile. La diseducazione e l’intolleranza sono ormai quasi uno “status symbol” per i ragazzi che domani dovrebbero rappresentare le classi sociali plasmanti la nuova struttura della città.

Per concludere “ciliegina sulla torta” di questo rimarchevole baccanale delle coscienze può essere considerato lo sfregio alla tomba di Giuseppe Fava. Gesto che, come minimo, sarebbe meritevole della punizione inflitta alla dantesca Taide, sommersa di sterco fin sopra i capelli nel mesto girone degli adulatori.

Come tirare Catania fuori da questo triste circolo vizioso? Ai “posteriori” l’ardua sentenza.

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