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“Palestina”: Una mostra di verità

Il percorso che ha portato Franca Schininà in giro per il mondo a fotografare la verità e cercare di farla conoscere al mondo intero, passa per Ragusa fino al 6 gennaio 2019. È stata infatti inaugurata lunedì 11 dicembre, presso il Centro Polifunzionale Interculturale di Ragusa, la mostra fotografica di Franca Schininà denominata “Palestina”. Alla presentazione della mostra, sponsorizzata dall’Università delle Tre Età, ha partecipato una nutrita cornice di pubblico. Hanno presenziato l’evento anche il sindaco Giuseppe Cassì e l’assessore Giovanni Iacono, mentre ha introdotto la mostra Salvatore Burrafato, Presidente della sede UniTre di Ragusa, prima dell’intervento di Vincenzo La Monica, Resp. Immigrazione della Caritas di Ragusa, e si alcuni attivisti ragusani impegnati recentemente in una missione di pace proprio in Palestina.

Salvatore Burrafato ha evidenziato come Franca Schininà si consideri un’allieva di Giuseppe Leone, il quale l’ha indirizzata verso la fotografia in bianco e nero, caratteristica stilistica presente in tutte le sue opere. Franca Schininà durante la sua lunghissima carriera professionale si è occupata, attraverso iniziative e reportage, di diverse tematiche: diritti umani, bambini orfani, ospedali psichiatrici e tanto altro. Dal 2009 si è occupata della controversa situazione politica in Palestina. Ripercorrendo le fasi primordiali del conflitto israelo-palestinese, a partire dalla Risoluzione 181/1947 dell’Onu, Burrafato ha ricordato come l’escalation delle violenze sia iniziata a partire dal 1948 “con i primi assalti da parte degli ebrei nei confronti dei villaggi palestinesi”. Il territorio – continua- è poi stato risucchiato sempre più e l’identità dei palestinesi è stata annullata, portando nel tempo alla totale sopraffazione del popolo palestinese da parte di quello ebraico”. “Il contesto internazionale -ha concluso Burrafato- vede la connivenza dell’Occidente nei confronti del grave conflitto israelo-palestinese, in uno scenario dove, tristemente, le Risoluzioni dell’Onu che hanno spesso ammonito Israele, non hanno mai avuto un seguito concreto”.

Dopo l’intervento del Presidente Burrafato, Franca Schininà ha raccontato la sua toccante testimonianza. Ha iniziato spiegando le ragioni che l’hanno avvicinata alla sua missione.
Spinta dalla madre ad occuparsi dei deboli, la sua sensibilità l’ha portata a immergersi nel dolore altrui. Volendo combattere lo “tsunami di ingiustizia che dilagava fra i deboli”, l’unico mezzo che aveva a sua disposizione per registrare l’ingiustizia presente nel mondo, documentarla e farla conoscere era la fotografia.

La fotografa cita diversi personaggi conosciuti durante la sua esperienza palestinese, tra questi, in particolare, Vittorio Arrigoni, attivista e giornalista ucciso a Gaza nel 2011. Arrigoni teneva un blog chiamato “Guerrila Radio” dove cercava di diffondere la tragica verità a cui ogni giorno assisteva con i suoi occhi. Firmava ogni suo articolo con la dicitura finale “Restiamo Umani”, come se di umano in quel massacro potesse esserci qualcosa.

Schininà denuncia la triste realtà dei servizi giornalistici in televisione, raramente allineati alle tematiche reali del conflitto israelo-palestinese, servizi che proclamano soltanto una verità ovattata. In questo contesto si inserisce nel racconto Filippo Landi, giornalista di Rai Tre, e conosciuto in Israele dalla fotografa. Landi trasferitosi a Betlemme, scriveva giornalmente i suoi articoli per dimostrare che il conflitto israelo-palestinese non era quello di cui parlavano i giornali, e definendo quello che stava succedendo in Palestina un “inferno dantesco, una macelleria, uno squartamento umano”.

Il racconto delle emozioni vissute in Palestina ha evidenziato il senso di sconforto e di impotenza degli operatori di pace, di chi, come lei, si trovava lì ad assistere a scene disumane, a scorgere visi pieni di sofferenza e dolore. Non potendo aiutare in maniera concreta in nessun modo, l’unica soluzione era quella di fare da nastro trasportatore, e di portare la verità nel proprio Paese.

Gli insediamenti israeliani sono stati condannati anche dal Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, che ha riconosciuto il comportamento di Israele come una chiara violazione del diritto internazionale. Nonostante ciò, Israele è stato l’unico Paese a rifiutare di presentarsi davanti al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra nel gennaio 2013.

L’interrogativo finale che l’autrice della mostra si chiede è: come fa, di fronte a tali crimini, l’umanità a restare indifferente? La Palestina è dietro l’angolo, non è dall’altra parte del mondo. Eppure ogni anno si parla di Olocausto, ma mai di Palestina, perché?
Quello che ci chiediamo anche noi è: per quanto ancora l’Occidente, nonostante le violenze non accennino a terminare, continuerà a girarsi di spalle, persistendo a farsi scudo attraverso la finzione del diritto internazionale?

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