“Oggi diamo il via a una rivoluzione culturale. Ora ci liberiamo dei raccomandati e dei parassiti”.
Queste le parole utilizzate da Luigi Di Maio nel commentare la nomina di Marcello Foa alla presidenza Rai. Peccato però, che la persona designata a capo di uno dei servizi pubblici più importanti del Paese, sostenga tesi e idee che sono ben lontane da un panorama culturale nuovo e innovativo, e che si avvicinano di più ad ambienti conservatori di destra.
Foa, infatti, è stato criticato per alcune sue uscite, esplicitate in tweet e stati pubblicati sui social network, che esprimevano dissensi nei confronti della teoria gender (“il coraggio di dire no al gender”) e appoggiavano la lotta dei no vax. A tutto ciò si sommano le ingiurie contro la massima carica dello Stato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quando il 27 maggio usava contro di lui l’aggettivo “disgustoso”, oppure quando ha retweetato un post di Di Stefano, leader di Casapound, che definiva Mattarella come “blasfemo, ignobile e incostituzionale”. Ma al suo curriculum Foa può annoverare anche condivisioni di tweet scritti da Francesca Totolo, ideatrice della fake news su Josefa e finanziata da Casapound; e la diffusione di fake news come quella secondo la quale Oseghale volesse mangiare Pamela nei tragici fatti di Macerata.
Immediate le polemiche da parte dell’opposizione con il PD e Leu che additano le nomine come l’ennesima “lottizzazione” del governo giallo-verde, intento per ora a spartirsi le poltrone piuttosto che utilizzare metodi di selezione basati su principi meritocratici e trasparenti, capisaldi della loro campagna elettorale e uno tra i “main argument” utilizzati contro il “vecchio establishment”.
C’è chi, come Enrico Mentana, non è stupito della scelta dei cinque stelle dato che in un post su Facebook ha affermato che “a memoria d’uomo non si ricorda una scelta sui vertici Rai che non fosse dettata dagli interessi della maggioranza di governo di turno. In questo ieri non c’è stato nessun cambiamento, alla faccia dei proclami”. Non ha tutti i torti, è normale che ognuno metta i propri uomini nelle sedi che contano ed è anche normale che ci sia l’ennesima spartizione di poltrone, d’altronde per governare bene e a lungo bisogna controllare più branche possibili del potere. “Cinismo politico” direbbe qualcuno, “ordinaria amministrazione” risponderebbe Machiavelli.
Ma siamo sicuri che avere una figura radicale, seppure professionista del mestiere, a capo del servizio pubblico più importante della nostra Repubblica, che sostiene i no vax, il populismo sovranista di Putin, e che riguardo alle ONG scrive: “Si chiama fabbrica dell’immigrazione, operata dalle Ong. Ma sulla grande stampa non troverete una riga”, sia la scelta giusta da fare?
Quale sarebbe l’innovazione culturale che una persona come Foa, può apportare a un servizio come la Rai? Parliamoci chiaro, non stiamo parlando del nuovo Goebbels, stratega della propaganda nazista del Terzo Reich, ma i programmi Rai sono i più seguiti dagli italiani e possono essere utilizzati in modo sbagliato trasmettendo idee e concetti impropri e dannosi per la nostra società. Vedere in prima serata programmi che inveiscono contro i vaccini, che hanno il “coraggio di dire no al #gender”, che trasmettono fake news e fanno le veci del governo, non è quello di cui abbiamo bisogno oggigiorno. Va bene spartire le poltrone, ma forse non staremo esagerando? Più volte si è parlato del giornalista come “cane da guardia” della società che sorveglia e porta alla luce i sotterfugi e gli errori di chi comanda, in che modo Foa svolgerebbe questa funzione?
Non ci è dato modo di sapere se una volta ottenuta la presidenza, ci sia un cambiamento di rotta ma se “il buongiorno si vede dal mattino” non si prevedono giornate soleggiate.
C’è da dire comunque che l’ultima parola spetta ancora alla Commissione di Vigilanza Rai, in cui il peso dei voti dei parlamentari di Forza Italia è più forte che mai e sposterà l’ago della bilancia verso una direzione o un’altra. Il voto è previsto per mercoledì primo agosto, per ratificare la nomina di presidente Rai ai cinque stelle serve la maggioranza qualificata dei 2/3, Di Maio e Salvini hanno ben 21 voti all’interno della commissione, sette sono quelli che hanno rispettivamente PD e Forza Italia e due sono quelli a disposizione di Leu e Fratelli d’Italia. Il Partito Democratico ha già detto che voterà contro, insomma, per l’ennesima volta la scelta ricade nelle mani del partito di Berlusconi.
Youssef Hassan Holgado
Be First to Comment