Parallelamente a questo, indubbiamente c’è, nelle campagne che vanno da Gela fino a Pachino, come dire, un’ampia cultura dello sfruttamento del lavoro: questo avviene, soprattutto, a danno di lavoratori uomini tunisini, perché le donne tunisine non sono autorizzate nella loro struttura sociale e familiare a fare un’attività lavorativa presso i campi, e a danno dei cittadini rumeni, sia uomini che donne. Questo sfruttamento del lavoro comporta un avvilimento dei diritti individuali, una mortificazione della dignità umana e soprattutto un’evasione totale dei costi di diritto dello Stato sull’attività: evasione fiscale, elusione contributiva, evasione assicurativa e questo rende queste persone non solo sottopagate, al di sotto di qualsiasi livello di dignità, ma addirittura vulnerabili e suscettibili sotto ogni profilo, perché evidentemente non avendo previdenza, non avendo assicurazione, non avendo alcuna regolarità sono molto deboli e vulnerabili perché facilmente licenziabili, facilmente esposti ad essere espulsi da quell’azienda da un momento all’altro. Quindi accettano condizioni di lavoro prive di dignità, prive di sicurezza, prive di tutela e prive di qualsiasi diritto sindacale