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Venti di guerra cibernetica nell’era Trump

Donald Trump, come ormai è risaputo, è il 45mo presidente degli Stati Uniti. Una cosa decisamente meno risaputa (e che rimane una grossa incognita) riguarda lo sviluppo delle controversie cibernetiche che, negli ultimi tempi, hanno coinvolto gli stessi USA e la Russia. Quali saranno gli scenari futuri?

GUERRA 2.0

Che cos’è questa sconosciuta, la guerra cibernetica? Per chi non è a conoscenza, il termine guerra cibernetica (noto nell’ambito operativo militare del mondo anglofono come cyberwarfare) è l’insieme delle attività di preparazione e conduzione delle operazioni militari eseguite nel rispetto dei principi bellici condizionati dall’informazione. Si può tradurre nell’intercettazione, nell’alterazione e nella distruzione dell’informazione e dei sistemi di comunicazione nemici, procedendo a far sì che sul proprio fronte si mantenga un relativo equilibrio dell’informazione. Naturalmente è opera impossibile ridurre in un solo articolo tutte le fattispecie riguardanti la cyberwarfare.

Ciò detto, in un mondo, governato alla tecnologia, i dati e le informazioni vengono utilizzate dai Governi non solo per reprimere il dissenso interno, controllare i media e influenzare l’opera pubblica ma, in aggiunta, anche operare attacchi mirati per combattere il nemico. Nemico di una guerra invisibile, fatta di sequenze binarie e algoritmi, ma non per questo meno efficace.

Appare dunque scontato che i padroni di queste guerre sono le potenze più sviluppate: Stati Uniti, Russia e Cina rappresentano il gotha di questo nuovo tipo di battaglia dove i soldati sono gli hacker. 

NUOVE PRESIDENZE, VECCHIE RUGGINI?

Gli Stati Uniti d’America hanno ammesso di essere stati sotto attacco da parte di diversi Stati, ad esempio Cina e Russia. I due attacchi più famosi sono passati alla storia con i nomi di Titan Rain e Moonlight Maze. Sotto la presidenza Obama, ciò nonostante, il maggior nemico è stato rappresentato proprio dalla Russia di Putin.

Dunque, il cyber-warfare, sta diventando un campo di battaglia reale. La notizia delle attività in corso sulla Russia è per certi aspetti più o meno un’ufficializzazione di questo genere di attività. Nel mese di Ottobre (in piena campagna elettorale) presunti attacchi russi alla rete americana hanno bloccato per alcune ore alcuni tra i maggiori siti e piattaforme della rete statunitense e mondiale. Basti pensare (qualcuno magari lo ha notato) a quei giorni in cui Facebook e Twitter (solo per fare alcuni esempi) sono andati spesso in down e sono crashati per alcune ore, ponendo un freno al traffico social mondiale.

Già durante l’ultimo mandato di Obama, gli Stati Uniti avrebbero tuttavia già risposto agli attacchi: secondo la NBC, noto network della TV a stelle e strisce, hacker militari statunitensi sono penetrati nella rete elettrica russa, in quella che gestisce i network delle telecomunicazioni e tra i sistemi di comando del Cremlino, “rendendoli vulnerabili” a possibili attacchi con armi informatiche “segrete”. Prove tecniche di trasmissione di una guerra alle porte? Forse è ancora presto per dirlo, ma forse no. Come si inserisce Donald Trump e la sua nuova presidenza in questo delicato scenario?

Trump, nonostante la sua presunta avversione per i colossi dell’informatica e la New Economy, grazie al Cyber Review Team, composto di specialisti provenienti dalle Forze Armate, dal mondo investigativo del cosiddetto law enforcement e dall’universo privato dell’industria e della consulenza, sta già mettendo in atto un piano per revisionare il sistema di difesa cibernetico e approfondire le problematiche relative alle infrastrutture critiche.

E il grande amico Putin, che spesso ha tessuto le lodi di Donald e, nemmeno tanto celatamente, ha sostenuto la sua candidatura a scapito di quella di Hillary Clinton? Beh, una guerra è pur sempre una guerra. Gli “amici” di oggi possono diventare, senza particolari patemi, i nemici di domani.

Simone Bellitto

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