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Once Upon a Time in Mexico

L’interminabile colonna di pick-up squarcia il silenzio della campagna messicana. Sugli sportelli dei veicoli si legge a chiare lettere una scritta: “AUTODEFENSA CIUDADANA”. Siamo nello Stato del Michoacan, sul versante occidentale del Messico. La capitale, Città del Messico, dista poche decine di chilometri, tanto che il Michoacan risulta esserne quasi il prolungamento della periferia. Agli occhi di molti, questo sconosciuto frammento di mondo potrebbe apparire privo di un qualsiasi peso politico, l’ennesimo luogo dalla pronuncia complicata di cui dimenticarsi subito, eppure è proprio qui che si gioca la più importante partita politica, a livello internazionale, nella lotta al narcotraffico. Da circa un anno a questa parte, infatti, il Michoacan è stato teatro di una vicenda che ha, a dir poco, del paradossale: per combattere la criminalità organizzata, migliaia di uomini armati sono scesi per le vie dei maggiori centri urbani, con l’intento di realizzare quello che né la polizia, né il governo sono mai riusciti a compiere: sottrarre i beni dello Stato dalle mani dei signori della droga ed eliminare il business delle estorsioni. Fenomeni come questo non sono nuovi in Messico, basti pensare alla “Policia Comunitaria” nello stato di Guerrero, o all’EZLN nel Chiapas. La particolarità di questa vicenda sta proprio nel luogo in cui si è verificata: il Michoacan è, infatti, il primo produttore di marijuana e metanfetamina destinate al mercato estero e rappresenta un passaggio obbligato nel traffico di droga dal Guatemala al mercato nordamericano.

Ripercorriamo le tappe di questa vicenda

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2010 – 2012: sulla scena del Michoacan si affaccia un nuovo nucleo criminale, ancora più cinico e spietato dei suoi predecessori: il cartello de “Los Caballeros Templarios”. Nati da una scissione dal preesistente cartello de “La Familia Michoacana”, i Caballeros Templarios dimostrano fin da subito la collusione con alcune delle alte cariche istituzionali del Michoacan e del PRI, il partito attualmente al governo, in Messico.

Inizio 2013: l’attività dei Caballeros Templarios si fa insostenibile. Nelle cittadine di La Ruana, Buenavista e Tepalcatepec nascono i primi gruppi armati del “Comando Unito di Autodifesa del Michoacan” meglio noti con il nome di “autodefensas”, composti da cittadini di ogni classe sociale (dai contadini ai liberi professionisti), con l’intento di combattere militarmente i nuclei dei Caballeros. Il leader più influente del movimento è Josè Manuel Mireles Valverde.

Autunno 2013: il potere delle autodefensas è aumentato esponenzialmente. Il Comando dispone di migliaia di unità, di armi sofisticate e di mezzi di comunicazione all’avanguardia. Diverse municipalità sono controllate direttamente dal Comando Unito di Autodifesa. I centri più popolati sono contesi tra autodefensas e Caballeros.

Fine 2013 – inizio 2014: il governo decide di inviare l’esercito nelle zone più calde. Inizia un vero e proprio stallo alla messicana tra esercito, autodefensas e Caballeros.

13 gennaio 2014: il governo ordina alle autodefensas di cessare il fuoco e di riporre le armi. Estanislao Beltran, leader delle milizie cittadine, rilascia un’intervista alla BBC nella quale afferma: “Se ora abbandonassimo le armi, senza che i boss della droga siano stati arrestati, metteremmo le nostre famiglie in pericolo, perché gli uomini dei cartelli verrebbero e ci ucciderebbero tutti, perfino i nostri cani”.

14 gennaio 2014: ad Apatzingan, uno dei maggiori centri del Michoacan, l’esercito spara sulla folla e uccide quattro persone, tra cui una bambina di undici anni.

27 gennaio 2014: viene arrestato Dionisio Loya Plancarte, noto come El Tío (Lo Zio), uno degli uomini di spicco del cartello dei Caballeros Templarios.

28 gennaio 2014: alcune fonti rivelano un possibile piano, da parte del governo, per introdurre le milizie cittadine nelle forze armate statali, sotto forma di “Corpi di difesa rurale”.

Febbraio 2014: sono 20 i comuni nelle mani delle autodefensas e della polizia federale. Estanislao Beltran dichiara di voler raggiungere il controllo di tutti i 113 comuni dello Stato del Michoacan.

Tanti dubbi

Le vicende del Michoacan e dei gruppi di autodifesa lasciano dietro di sé una miriade di dubbi irrisolti. Innanzitutto bisognerebbe chiedersi chi manovri, effettivamente, le milizie civili. Un dubbio persistente, anche tra i vertici dello stesso cartello dei Caballeros Templarios, che hanno più volte accusato le autodefensas di essere al soldo di altri cartelli rivali, uno tra tutti il “Cartello di Jalisco – Nueva Generacion”. Pur non volendo prendere alla lettera le parole dei Caballeros, il rischio di infiltrazione criminale all’interno delle milizie è comunque plausibile, data l’estrema ramificazione del movimento e la mancanza di un vero e proprio potere politico centrale che ne regoli i meccanismi interni; a questo proposito vale la pena ricordare le parole del giornalista e professore di scienze politiche, Salvador Diaz Sanchez, in merito ai possibili rischi legati all’estrema instabilità del movimento.
Un altro dubbio a cui i capi del movimento di autodifesa non sono riusciti a dare una spiegazione ragionevole riguarda l’impressionante livello di tecnologia negli armamenti, contraddittorio rispetto alla natura stessa del movimento: “come può un gruppo di cittadini (perlopiù contadini e piccoli imprenditori) disporre di fucili d’assalto, fucili di precisione, uniformi, giubbotti antiproiettile, mezzi di radiocomunicazione e blindati?” A tal proposito, i referenti del gruppo armato sostengono di essersi finanziati con i proventi delle aziende liberate dai Caballeros e di essersi procurati le armi o comprandole legalmente, o sottraendole ai Caballeros morti durante gli scontri a fuoco. Una risposta, questa, che non fa altro che avviluppare il movimento in un intricato groviglio di nodi e ambiguità.
Ad ogni modo, l’unica cosa di cui si ha certezza è che il movimento si sta diffondendo in maniera costante, proporzionalmente ai sempre maggiori interessi politici ed economici buttati in gioco, e che non basteranno i confini nazionali messicani a frenare quella che si presume essere una valanga sociale di dimensioni globali.

 

Giuseppe Cugnata

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