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Storia di una truffa a Catania

La fiera di Catania

Anni fa, da universitaria acerba, approdai a Catania, la città del vulcano. La curiosità mi spinse a girovagare per conoscerne i posti. Dal centro a Corso Italia, dal viale pieno zeppo di ville, purtroppo in decadenza nei pressi della villa Bellini, al monastero dei Benedettini. Passando per il fulcro della città, piazza Stesicoro. Nella piazza, da un lato spadroneggiano i resti dell’anfiteatro romano e, dall’altra, le bancarelle da fera ‘o lune (fiera del lunedì). Così come allora, la fiera rappresenta l’essenza di Catania. Dai sapori ai colori, alle urla dei commercianti. Vi puoi acquistare di tutto, dal pesce freschissimo, ma non sempre, a tutti i tipi di verdure, ma anche abbigliamento, articoli per la casa. Non mancano gli ormai prezzemolini cinesi che ti vendono di tutto, anche l’anima se potessero. Insomma, un mercato “in piena regola” come lo trovi nelle varie città italiane.

Il gioco-truffa

Cinque anni fa, come del resto pochi giorni fa, la cosa che mi colpì fu un piccolissimo banchetto itinerante per le vie della fiera. 995697261Un omaccione di tutto petto circondato da donne e uomini attirava la mia attenzione. Su di un piccolo tavolinetto di fortuna si trovano tre campanelle e banconote di medio e grosso taglio ben in vista. Era il noto gioco delle tre carte o delle campane: solo sotto una di esse si nasconde un qualcosa che, se trovato, ti fa vincere la somma che avevi scommesso. Quello che mi incuriosì non fu il gioco in sé ma chi lo gestiva. Andando spesso alla fiera notai che due personaggi erano sempre là con gli stessi ruoli. Il tipo che conduceva il gioco e un anziano signore, baciato perennemente dalla fortuna, che vinceva sempre e anche grosse somme. Lo specchietto per le allodole. È una vera e propria truffa che di anno in anno nessuno estirpa ma che trova, invece, sempre dei poveri creduloni. Tante volte avrei voluto raccontare questa storia e nel mio intimo l’ho fatto con amici e conoscenti, ma mi mancava il coraggio di denunciarlo pubblicamente. Non ho mai fatto ciò perché non ho mai avuto una prova lampante se non la mia personalissima esperienza. Giorni fa, ho letto la notizia segnalata da Ctzen, grazie ad una foto mandata da un lettore. Questo mi ha spinto a condividere la mia esperienza e a constatare che tutti sanno (vigili compresi) e nessuno fa nulla di concreto. Qualcuno potrà dire: “Sono tanti i problemi della città e tu pensi a questo?!” Si. È da questi episodi che si parte per cambiare il modus operandi di una grossa fetta di popolazione etnea. Si potrebbe anche iniziare dagli scontrini (sconosciuti in quel della fiera), dalle sigarette di contrabbando, e finire alle radici che tengono salda questa realtà.

Federica Monello

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