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Cina – Le atroci contraddizioni di un Impero economico

«In Cina, fin dall’antichità la maggior parte degli individui dotati di una potente ambizione hanno sognato di essere imperatori. Questo tipo di ambizioso si ritrova in tutte le epoche della storia senza interruzione. Nel momento in cui ho cominciato a predicare la rivoluzione, tra coloro che si aggregarono a quest’idea, fin dall’inizio sei o sette su dieci nutrivano questo genere di sogni imperiali. Ma diffondendo l’ideale rivoluzionario il nostro obiettivo non era soltanto di rovesciare la dinastia imperiale, era proprio quello di instaurare la Repubblica. Tredici anni dopo la fondazione della Repubblica c’era sempre qualcuno che non aveva rinunciato alla vecchia ambizione di prendere il posto dell’imperatore, ed è precisamente per questa ragione che anche nei ranghi del partito rivoluzionario ci furono costantemente persone impegnate a sgozzarsi a vicenda».

(Simon Leys)

Contraddizioni

La Cina odierna è un colosso, un gigante dell’economia mondiale. Questo è, senza ombra di dubbio, un dato di fatto. Quali sono, però, i costi di quest’immane progresso economico? Qual è lo spaventoso trade-off cui il popolo cinese deve far fronte? Esistono, sostanzialmente, determinati capisaldi nel sistema cinese che rappresenta, rimembriamolo, il più grande regime autoritario ancora seduto sul proprio trono. Lo smisurato sviluppo economico è anche figlio di altre questioni ben poco onorevoli. Svetta in primo luogo lo sterminato inquinamento atmosferico ed ambientale perpetrato dalle grosse quantità di polveri sottili rilasciate nell’aria quotidianamente: il 68,4% del fabbisogno energetico cinese è soddisfatto dal carbone e circa 1,2 milioni di morti premature sono avvenute nel solo 2010 a causa dell’inquinamento. Ogni protesta ambientalista è opportunamente boicottata come mera propaganda anti-comunista. Un altro tassello di questo composito puzzle è dato dalla proverbiale “tolleranza” cinese in materia di stampa. Durante il maoismo le purghe per le offese al leader supremo cinese erano esemplari e terrificanti. Il nuovo regime ad economia aperta non ha mitigato di certo il clima: esemplare è la vicenda del giornalista Chen Yonghzou, caso degli ultimissimi giorni. Accusato di aver diffamato una società edile di stato, la Zoomlion, il giornalista è stato imprigionato senza mezzi termini. Le campagne contro le notizie potenzialmente “nocive” da parte della stampa sono state una sorta di ritornello ricorrente durante la nuova presidenza di Xi Jinping. Il paradosso più grande è quello fornito dalla vera e propria gogna televisiva a cui è stato costretto il giornalista: una sorta di umiliante mea culpa pronunciato via etere su presunte tangenti accettate dal giornalista per scrivere infamia contro la Zoomlion. Ovviamente la vicenda di chiaro ha ben poco, se non il fatto che, probabilmente, un giornalista ha dovuto pronunciare un’abiura degna dell’interregno delle Guardie Rosse durante la Rivoluzione Culturale. Il progresso economico è inficiato da crateri grossi in ambito sociale/civile, grossi quanto quelli lunari.

Storia di un orrore

Quelli sopra citati sono semplicemente due esempi del volto attuale della Cina. Un illuminante libro di Federico Rampini, L’ombra di Mao, metteva in evidenza, già una decina d’anni fa, le contraddizioni attuali figlie di quella Cina senza pace che era la culla del maoismo. Molte delle seguenti turpi raffigurazioni sono state ispirate dalla lettura di questo testo. La Cina non si è mai dimostrata quel grande trampolino di rilancio delle rivendicazioni popolari e contadine che ha sempre millantato. I massacri e l’occupazione forzata in Tibet rappresentano la sempiterna lotta cinese per estirpare qualsiasi realtà non allineata a Pechino. Il triste primato di morti per carestie dovute al Grande Balzo in Avanti (non ancora numericamente accertabile purtroppo) è il preludio alle rovinose epurazioni e orrori portate avanti dai giovani decani della Rivoluzione Culturale. Le Guardie Rosse furono un esempio encomiabile per i cugini cambogiani, che nei Khmer Rossi e nelle loro aberrazioni hanno fatto toccare all’umanità uno dei gradini più bassi in assoluto. Intanto in Occidente spopolava il maoismo che (forse) ignorava l’orrore dietro la cortina di ferro. La morte di Mao e il “cambio di gestione” poté cambiare lo stato delle cose? Assolutamente no. La feroce apertura all’individualismo e all’efferato capitalismo burocratico centralizzato dallo Stato ha mietuto anch’esso parecchie vittime. Le aperture pseudo – democratiche hanno attizzato il fuoco alla vigilia del crollo dell’Unione Sovietica. La ferrea risposta del massacro di Tienanmen, nel 1989, è roba oramai che tutti conoscono. Su quel sangue il regime si è fortificato. Il “benessere” ha prodotto nuovi cataclismi: l’AIDS e la piaga sociale dell’eroina, quotidianamente, soprattutto nelle zone povere dello Yunnan e dell’Hunan, hanno macinato una quantità sterminata di vittime, piegate e asfaltate dall’insensibilità spietata della nomenklatura centrale. Le repressioni tornano ciclicamente anche in tempi recenti: nel 2006 una manifestazione di contadini, esasperati dal soffocante sviluppo incontrollabile e dalla esautorazione delle terre viene repressa senza mezzi termini nella violenza. Fa particolarmente senso mettere uno dopo l’altro in tavola queste tessere di domino così emblematicamente disarmanti. Una delle nazioni economicamente più progredite a questo mondo è anche il Golgota di buona parte dei diritti civili costituzionalmente sanciti in parecchie nazioni del mondo occidentale. Le costituzioni, per carità, avranno anche le loro inqualificabili lacune. Essere però burattini in mano di uno stato autoritario è, comunque sia, decisamente cosa peggiore.

Simone Bellitto 

 

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