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Italia terra d’approdo, morte e fuga

Gli sbarchi dei clandestini in tutti i litorali siciliani non si fermano. L’ultimo è avvenuto ieri mattina nel siracusano con 250 stranieri per lo più siriani e con la presenza anche di una neonata partorita durante la traversata. Altri 93 sono stati portati a Portopalo dopo che l’imbarcazione si era arenata in una contrada della zona.
Lunedì, invece, si è svolta ad Agrigento la commemorazione delle 366 vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre. Era presenta anche Angelino Alfano che è stato contestato da alcuni manifestanti ai quali si sono uniti anche cittadini eritrei.
Da un lato c’è chi arriva con nuovi sbarchi e, dall’altra, chi ricorda le vittime degli sbarchi, ma c’è anche un terzo protagonista in questa vicenda. C’è chi resta, chi sopravvive, chi vuole ritrovare i parenti in Italia o all’estero e che si trova rinchiuso. I centri di accoglienza, che sembrano dei carceri, sono affollati e mal ridotti. Le condizioni igienico-sanitarie, e tutto ciò che ne consegue, versano in condizioni pessime. Sono i CPT dove sono chiusi in centinaia senza poter partecipare ai funerali dei propri cari. Altro centro d’accoglienza problematico è il CARA (Centro d’Accoglienza per i Richiedenti Asilo) di Mineo (CT) dove attualmente vivono in circa 4000, quando la capienza sarebbe della metà. Proprio ieri un gruppo di migranti del Gambia e del Mali è uscito dal centro per protestare contro i ritardi nell’ottenere l’asilo politico. È stata occupata la statale Gela-Catania con lanci di sassi verso le auto della Polizia e verso le vetture che passavano che venivano bloccate.
La settimana scorsa, il 13 ottobre, circa 200 migranti siriani e palestinesi sono scappati dal Palaspedini, un centro sportivo catanese dove si trovavano da circa una settimana, perché avevano rifiutato il riconoscimento. In realtà, racconta un familiare, non sono scappati ma sono stati fatti uscire dai poliziotti.

Qual è l’iter da seguire per ottenere la libertà?

La situazione non è per nulla semplice e a spiegarcela è Matteo Iannitti di Catania Bene Comune, il quale segue costantemente la situazione dei migranti in territorio catanese. Matteo ci racconta che ad occuparsi degli immigrati, da quando sbarcano al trasferimento in strutture ponte, è il Viceprefetto dottoressa Rosaria Giuffrè. Chi arriva a Catania, la maggior parte delle volte, è siriano e tutti hanno la possibilità di richiedere l’asilo politico. La normativa europea prevede che il diritto d’asilo valga solo nel Paese in cui si fa richiesta e quindi in quello in cui si viene identificati. Solo in un secondo momento si può fare la richiesta di ricongiungimento familiare con i parenti residenti all’estero. I tempi, purtroppo, sono molto lunghi e quindi strutture come il CARA risultano per questo molto affollate. Da ciò nasce il rifiuto di molti migranti di non voler essere identificati in Italia, con alcuni casi di sciopero delle fame. Ci sono state anche identificazioni estorte con la forza: è il caso accaduto lo scorso agosto all’istituto Doria.
Diverse associazioni nazionali si stanno battendo per ottenere un diritto d’asilo europeo che velocizzerebbe l’intero iter, risolvendo, quindi, gran parte dei problemi. L’appello per l’istituzione del diritto d’asilo europeo si può firmare sul sito www.meltingpot.org.

Federica Monello

 

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