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La necropoli di Monte Casasia: parla il Prof. Giuseppe Cultrera

SNC00021Alle pendici di Monte Casasia, nel territorio di Monterosso Almo (RG), sorge uno dei siti archeologici tra i più importanti e allo stesso tempo degradati della zona iblea e di tutta la Sicilia meridionale. Per saperne di più abbiamo rivolto qualche domanda al Prof. Giuseppe Cultrera, esperto e appassionato di storia e archeologia e curatore di numerose pubblicazioni d’arte, letteratura e cultura popolare, relative alla Sicilia all’area iblea.

Quando è stato scoperto il sito archeologico?

Fu scoperto casualmente negli anni’60 (si racconta, da cacciatori che cercavano di recuperare un furetto introdotto in una cavità…); l’intervento, tardivo, delle istituzioni portò, nella breve campagna di scavi del 1966, alla localizzazione e scoperta dell’importante sito indigeno, risalente al VII secolo a.C.

Approssimativamente quante tombe ci sono nel sito?

Nei sondaggi e scavi furono identificate molte sepolture già violate e ne furono aperte diverse. Furono anche identificate tracce di un abitato primitivo (capanne in pietra e legno). Molti ipogei, tutti destinati a sepoltura, sono ancora visibili.

Che fine hanno fatto i reperti trovati all’interno delle tombe?

Numerosi reperti estratti negli scavi del 1966 e altri recuperati dalle forze dell’ordine o dalla Soprintendenza in quegli anni, furono depositati nei locali del museo archeologico di Ragusa; ed una piccola parte esposti.

Nonostante, negli anni, siano stati programmati diversi piani di recupero della zona, da parte degli enti amministrativi, l’area mostra attualmente un preoccupante stato di degrado, cosa pensa al riguardo?

In effetti oltre agli scavi conseguenti alla scoperta, nei successivi 40 anni altri interventi di studio, manutenzione e tentativo di recupero ci sono stati (uno nel 1972/3). Il sito isolato è stato oggetto spesso di scavi abusivi o vandalismo. Il comune di Monterosso, nel cui territorio ricade Monte Casasia, ha tentato varie volte di valorizzarlo. Ma il problema della cura e manutenzione dei numerosi siti archeologici è stato ed è sempre attuale e di difficile soluzione (vedi ad esempio il sito chiaramontano di Scornavacche che versa in situazioni analoghe!). Uno studio sul sito è quello di: M. Frasca, P. Pelagatti e F. Fouilland (1995, Accademia dei Lincei).

In qualità di storico, crede che il sito archeologico possa offrire vantaggi all’area Iblea, anche dal punto di vista economico?

Certamente potrebbe (il condizionale nella promozione dei beni culturali siciliani è d’obbligo) rappresentare assieme a tanti altri siti limitrofi dell’area iblea, una risorsa per il turismo cosiddetto “culturale” che è richiesto da sempre maggiori utenti. Bufalino, il grande scrittore di Comiso, rispondeva a un giornalista che gli chiedeva come affrancare l’isola dai mali atavici, specie la mafia: – “con biblioteche e scuole”. Che sono utili non solo per conoscere di più ma specialmente per acquisire una coscienza civile e sociale. Con cui non solo si potrebbe riscattare l’Isola, ma intraprendere utili percorsi progettuali politici, sociali e culturali (nei quali rientra la tutela e promozione dei beni culturali). Ma anche questa risposta, purtroppo, inizia e finisce con un condizionale!

Intervista di Giuseppe Cugnata

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