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Le scuse a Pippo Fava

Il cinque gennaio, normale giorno di un normale freddo mese, non è l’anniversario della morte di Giuseppe Fava. O meglio, non solo. Il cinque gennaio è il giorno in cui i giornalisti, quelli “istituzionali”, dovrebbero deporre la penna sul tavolo ed abbandonare le sedie dalle quali attaccano gli stessi potenti che, in un modo o nell’altro, permettono loro di ricoprire quel posto e vendere i giornali per i quali scrivono. Dovrebbero, magari, scendere in piazza e tendere la mano, almeno virtualmente, a Pino Maniaci. Potrebbero chiedergli il significato di “fare Giornalismo”, per capire cosa si provi a denunciare il boss che ti abita affianco, con il quale incrocerai lo sguardo al bar, pensando: ”Ora m’ammazza.” E, soprattutto, dovrebbe essere il giorno in cui chiedere dieci, cento, mille volte, scusa a Pippo Fava. Sarebbe necessario che ciascuno di noi, quantomeno in veste di cittadino, si scusasse con chi ha avuto il coraggio, come ripetutamente ribadito da Riccardo Orioles, di fare giornalismo in nome dei contadini, dei pecorari, dei fattori; gli stessi che, con la propria connivenza al sistema di sempre, hanno causato la sua morte.
Ma forse è impossibile cancellare le oscene pagine di storia, scritte da quella stessa città, di cui si era “perdutamente innamorato”, definita “una puttana (..) volgare, sporca, traditrice (..) però anche ridente, allegra, violenta”; è forse impossibile cancellare l’evidente omertà del sindaco di Catania Angelo Munzone (Dc) e, soprattutto, la richiesta dell’”onorevole” Nino Drago (Dc) di favorire la rapida chiusura delle indagini perché “altrimenti i cavalieri potrebbero decidere di trasferire le loro fabbriche al Nord” .
E’, ancor di più, impossibile scusarsi perchè il cinque gennaio è ricordato come il giorno della partita Catania – Torino; la gente passa davanti alla tua lapide commemorativa, nella stessa via nella quale ventinove anni fa, codardi, ti uccisero e dica ” Speriamo di vincere”, invece che “Io ricordo Pippo Fava” .
Rimane, di ogni sei gennaio, solo un convoglio di gente, intimidita dal freddo; come una fotografia, con sempre meno personaggi.

 

Antonio Coco

2 Comments

  1. riccardo orioles riccardo orioles 26/01/2013

    Caro Antonio,
    il cinque gennaio, come gli altri 364 giorni degli anni, chi è rimasto fedele a Pippi Fava continua a lavorare per lui, esattamente come se fosse lì in redazione. E decine di ragazzi come te, in tutta Italia, cercano faticosamente di seguire la sua strada, con mille difficoltà e insufficienze ma credendoci; non erano ancora nati, quando lui è morto, ma l’hanno compreso benissimo lo stesso.
    Non è vero che, in quella foto, ci siano sempre meno personaggi. Ci siete voi di GZero, per esempio, o della Domenica di Napoli, o del lontano Altomilanese. Altro che Catania-Torino, altro che freddo e scoraggiamento. I ricchi e i vigliacchi, oggi come ieri, non c’erano e non ci so. Ma tanti ragazzi sì, senza soldi e senza potere,ma con il cuore del “carusi di Fava”. Trent’anni dopo! Cosa potremmo chiedere di più?
    Affuttuosamente
    riccardo

    • Antonio Coco Antonio Coco 26/01/2013

      Sono d’accordo con lei! Tuttavia,quella che emerge dall’articolo,è la desolazione dei “senzapotere”;trovo tristissimo,ovvero,lottare contro lo stesso potere che al funerale di fava non c’era (se ben ricordo era presente solo il governatore della regione). Noi,i “carusi di Fava”(chiedo scusa se con un po’ di presunzione ho anch’io l’ardire di considerarmi tale)vorremmo ricordare e cambiare;è passato il momento,a mio avviso, di limitarci a ricordare le vittime di questo potere. La ringrazio moltissimo del commento!

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