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Pietro Orsatti racconta i suoi Ebook

Pietro Orsatti è un intellettuale italiano che ha deciso di investire nel mercato degli ebook, promuovendo e producendo libri attraverso la sua casa editrice digitale @Orsatti 63. Come scrittore, ha già pubblicato per Coppola Editore e, in digitale, per Errant Editions.

 

 

Pietro, da dove nasce l’intuizione di entrare nel mercato degli ebook?

Principalmente dalla frustrazione che afferra alla gola chiunque in questo paese cerchi di fare progetti alternativi di informazione e editoriali. Quello che mi interessa è scrivere e pubblicare buone storie, sulla carta del pane o su un formato ePub per me è eguale, se ho il controllo di quello che scrivo, di come lo rendo fruibile e di dove lo metto in distribuzione.

 

Quello degli ebook è un mercato saturo o si saturerà a breve per via di Repubblica o di altri giornali mainstream che hanno le risorse per invaderlo?

Saturo? Siamo proprio agli albori. Ci sono praterie. In realtà i grossi soggetti editoriali stanno cercando di frenare il mercato. Hanno un magazzino di vecchie abitudini e rapporti innominabili ancora pieno e da smaltire in fretta.

 

L’ebook non è un libro. Quali sono le reali differenze?

C’è qualcosa di profondamente sbagliato nell’affermare che ebook e libro siano cose differenti. Lo sono, solo se si cancella l’importanza del lavoro dell’autore, delle storie e di come sono scritte. In poche parole della qualità del racconto. Attaccarsi a una differenza che non è fondata sul contenuto, ma solo sulla confezione rende tutto questo dibattito stonato.

 

Quali sono i requisiti giuridici per istituire una casa editrice online?

Quelle di aprire un’azienda e di registrare i propri codici ISBN. Niente più e niente di meno di una qualsiasi impresa editoriale. E poi le idee e il buon gusto, ma quelle non sono cose che si ottengono grazie al Codice Civile.

 

L’ebook da spazio anche a scrittori che il mercato editoriale italiano non vuole lanciare? E’, in questo senso, democratico?

Assolutamente si e assolutamente no. Puoi agire attraverso l’autopubblicazione e aggirare i blocchi editoriali e contemporaneamente ti scontri con la difficoltà di essere venditori di se stessi. Che questo sia democratico o meno non lo so.

 

Gli ebook di Orsatti hanno fama di essere parecchio incentrati sui temi antimafia. E’ vero?

Qualcuno c’è, è innegabile. Ma non solo. Ci sono anche delle bellissime storie di donne e di crescita. In questo momento, dopo un paio di mesi di stop, dopo un mese e mezzo di lancio, sto lavorando su testi molto intimistici. E ben raccontati. Preferisco cercare belle storie e belle penne che specializzarmi su un tema.

 

Una recente polemica ha coinvolto Carlo Gubitosa, in merito ai blogger dell’Huffington Post. Tu che cosa ne pensi?

Perché l’Huffinghton è una piattaforma di blog?

 

In un divertente articolo, su I Siciliani Giovani, hai attaccato il giornalismo di sinistra dei giorni nostri o, meglio, una sua parte. Pensi che ci sia un futuro per il giornalismo italiano alla vecchia maniera, specie per quello tendente al letterario?

Ci dobbiamo tutti reinventare. Lo specchietto che ho pubblicato su Left/Paese/Pubblico in qualche modo racconta un fatto che ormai dovremmo aver capito tutti: chi trova spazi e denaro per dei progetti lo deve solo al proprio spicchio di conformismo.

 

Come vedi la piattaforma Ultima Kiosk? I tablet sono il futuro?

Ultima è una bella cosa che avrà vita breve. Perché non puoi dare solo una risposta tecnologica a un processo creativo. Bisognerebbe invertire i fattori. Sono un creativo, quale tecnologia può aiutare il mio processo creativo? Guarda, è uno dei punti che hanno consentito il successo del modello Apple. Essere a servizio, il più possibile e con meno passaggi possibili, del processo creativo e non imbrigliare attenzione e tempo nella gabbia della tecnologia, di questa o quella tecnologia. Penso che i tablet rappresentino, certo, un pezzo di futuro, ma non si tratta dell’invenzione della ruota.

 

 

Intervista di Giulio Pitroso

 

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