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C’è chi può e chi non può. Lui Pu-tie

“Chi si fa un giro in quelle zone vede che le porte delle case sono quasi tutte murate, perché lui le ha comprate”. A parlare è Giuseppe Lissandrello, attivista sin da giovane nei movimenti culturali a Ragusa. “Quelle zone” sono le vie del quartiere Putìe, caratteristici vicoletti affacciati sulla vallata S. Domenica del centro storico, vissuto ormai da brave donne pagate per amore. “Lui” è Gianni Chiaramonte, imprenditore ragusano, protagonista indiretto della nostra storia.
“Tutto è cominciato nel 2006 quando io dovevo comprare una casa-racconta Giuseppe- in quel quartiere, che già iniziava a spopolarsi. La trovai, piacevole, abbastanza grande da poter fungere anche come un piccolo locale e praticamente svenduta. Il mio obiettivo era quello di portare avanti una riqualificazione della zona tramite un centro culturale per i ragazzi. Perciò mi sono subito attivato per poter acquistare l’immobile, ma mi è stato detto che al comune era stata fatta una specie di legge, la quale affermava che l’unico scopo per quella zona fosse comprare il 51% di tutte le case”.
La “legge” a cui Giuseppe si riferisce dovrebbe essere una delibera comunale la quale prevede che il possessore del 51% degli immobili di quel quartiere è autorizzato ad acquistare il restante 49% a prezzo di catasto e, materialmente, sfrattare gli altri abitanti. In realtà al Comune di Ragusa solo in pochi conoscono qualche accenno relativo alla questione, i dirigenti non sanno e, piuttosto, esaltano la funzione dei piani di recupero all’interno del “piano particolareggiato”. Tuttavia, qualora davvero esistesse una delibera così articolata, si andrebbe incontro ad una lesione dei diritti umani: infatti, come si evince dalla Dichiarazione Universale (articolo 25), “ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione[…]”.
Ciò che al centro storico di Ragusa pare debba accadere, o stia accadendo, va sicuramente in direzione opposta. Lo stesso Giuseppe Lissandrello la definisce “un’illegalità legalizzata. Io, però non voglio muovere una critica contro l’imprenditore, che fa comunque il suo mestiere, quanto contro l’amministrazione che per l’ennesima volta sta avvalorando un progetto lontano dalla propria cittadinanza”. Il progetto citato dovrebbe consistere – secondo le “voci” della città- nella costruzione di una struttura a scopo turistico. “Il Comune così ha autorizzato una ditta a devastare un quartiere, che potrebbe essere destinato ai ragazzi, dedicato alla nascita di un centro culturale, di aggregazione, posti inesistenti a Ragusa”, sia che la delibera esista o no.

Simone Lo Presti

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