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Dead Skeletons – Dead Magick (2011)

In giro si legge di tutto, e sono ormai ben poche le versioni a cui non dar credito.
La fase embrionale del gruppo è subito singolare: i tre componenti sono titolari di un emporio chiamato “Death” a Reykjavik, capitale a sud dell’Islanda, e si fanno notare già nel 2009: brevi notizie sparse sul web, primi video su youtube, peraltro apprezzatissimi (vedi “Dead Mantra”), e via con l’alone di mistero.
Una scelta commerciale, penserete voi. Certo, così è stato.
Una scelta machiavellicamente arguita proprio per venire a galla, per salire su e magari restarci un po’, visti i buoni propositi.
Attenzione sia chiaro: non è che appoggiamo l’ingannevole e volutamente fatato mondo della pubblicità, anzi tutto il contrario, ma del resto non è forse così che circola la musica, perfino quella più sotterranea?
Il disco parte diretto e coinvolgente con “Dead Mantra”: batteria ossessiva a doppio tempo, chitarra ipnotica in riverberi e basso monolitico, voce disturbata a rivelare “He who fears death cannot enjoy life”, così per quasi 9 min.
A primo ascolto diremmo: ecco i cugini dei Sigur Ròs in versione “nero psichedelico” e bla bla bla.
Beh, scusate la sincerità, ma ci sembra piuttosto riduttivo e inappropriato. Vediamo il perchè.
Si continua con la spettacolare quanto impronunciabile “Om Mani Peme Hung”, piccola perla viva di riferimenti agli amici Brian Jonestown Massacre.
Poi “Kingdom of God”, dal carattere Black Angels, tra psichedelia texana e dark-shoegaze alla Jesus & Mary Chain; così come “Psychodead”, ricordi di una neo-wave di reminiscenza Swans e Suicide.
Arriviamo quindi a “Get on the train”, ancora cupa e inquietante: parte industrial, quasi elettrica, basso impuntato e batteria pure, la chitarra a dettare il ritmo in pieno thriller-ambient. Così salti sul treno, per quasi 6 minuti. Da far paura ad “American Psycho”.
Si continua con “Dead Magick I”, sempre macabra e malata, allo stesso modo se non peggio: effetti sinistri e tastiere evocative, celebrazione magica di un rituale funerario a cui non si ha scampo, a cui si crede di dover partecipare per sentirsene parte, anche solo mentalmente.
Esoterismo e cabale insomma. Esoterismo e cabale dall’Islanda.
La stessa Islanda delle stranezze di Bjork, dei paradisi Sigur Rós-iani, dell’elettronica di Mùm e Gus Gus, tanto per citarne i più famosi.
Non sembra vero, lo so. Eppure c’era da aspettarselo che un’isola così sconosciuta e affascinante, così geograficamente isolata e inospitale, partorisse prima o poi qualcosa di diverso dal solito bianco, qualcosa di arcano, qualcosa di più consono alla propria natura.
Si cambia con “Ask Seek Knock”, melodica, lenta e orientaleggiante; “Ljosberinn” e “When The Sun Comes Up”, riti rock, esumazioni del canto alla Sigur Rós, tra lingua islandese, inglese, tibetano e quant’altro, ricordando preghiere religiose e non.
E ancora “Live! Lifau!”, sospesa tra post-goticismo alla Bauhaus e Sisters of Mercy, e poi “Yama”, danza desertica e spettrale, insistente consacrazione tribale al dio della morte e della giustizia -Yama! Yama! Yama!-.
Se ancora non si fosse capito, è fin troppo superfluo rimarcare il carattere filo-buddista e filo-induista del gruppo. E se per di più non fosse chiaro, questa non è musica per stomaci delicati, né per menti aliene alle novità, abituate ad annoiare e annoiarsi, e allo stesso modo veraci di tutto ciò che rende calmo e piatto il loro piccolo mondo.

Il Bene e il Male esistono così come sono da sempre esistiti”.

Chi teme la morte non apprezza la vita”.

Così si riassumono i tre componenti Nonni Dead, Henrik Bjornsson e Ryan Carlson Van Kriedt. Schietti, ermetici e oscuri. Chiari fin dall’inizio. Come dargli torto. Non c’è mai stato niente di così semplice.
I Dead Skeletons hanno alte pretese sì, ma hanno scelto di iniziare dal basso, talmente dal basso da scendere quasi sottoterra, e ancora più giù sino ai confini del mondo e della musica, senza però mai eccedere, stando un po’ all’inferno e un po’ al paradiso, mai in mezzo.
Un po’ come a voi: o vi piace o non vi piace, o bianco o nero.
Niente purgatorio e niente grigio oggi.

Ecco le tracce dell’album:

1. Dead Mantra

2. Om Mani Peme Hung

3. Kingdom of God

4. Psychodead

5. Get On The Train

6. Dead Magick I

7. Ask Seek Knock

8. Lj¢sberinn

9. Live! Lifau!

10. When The Sun comes up

11. Yama

12. Dead Magick II

 

VOTO: 9 / 10

Di Alessandro Battaglia

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