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Educazione: risparmiamo sulle menti

‘Che dunque il legislatore debba  preoccuparsi  soprattutto dell’educazione dei giovani , nessuno può dubitarne: in realtà è questo che , negletto in uno stato,rovina la costituzione.’

Chissà come reagirebbe oggi, alle parole di Aristotele, un governo che, come un abile sarto si sta, anzi, si stava (grazie al cielo ormai mi è lecito usare il passato) divertendo a sforbiciare e ricucire la stoffa educativa del nostro paese per confezionare abiti sempre più stretti e asfissianti.

La troupe del cavaliere ci lascia con un taglio complessivo di 125.620 posti dal 2009 al 2011, una situazione di sottofinanziamento cronico che mette a dura prova la qualità e la funzionalità degli istituti, l’offerta formativa e la ricerca: sono questi i risultati della ‘cura dimagrante’ che io chiamerei più palesemente assassinio della scuola pubblica italiana, luogo comune di pari opportunità, nucleo primario di cultura, istruzione, crescita, democrazia.

Cos’è dunque l’educazione se non motore e linfa vitale di una comunità?

Le radici latine del verbo ‘educare’  e-ducere: condurre fuori) ci svelano il senso profondo, il cuore fervente di una parola che sembra invece essersi cristallizzata e incartapecorita dietro schemi istituzionali, quali quelli dell’istruzione scolastica di tipo nozionistico : educare non significa  ‘infarcire’ sistematicamente o indottrinare ma al contrario ‘tirar fuori,’ estrapolare quel potenziale unico ed irripetibile che si trova in ogni coscienza umana.

‘ Voi siete educabili. Esiste in ciascun di voi una somma di facoltà, di capacità intellettuali, di tendenze morali, alle quali l’educazione sola può dar moto e vita, e che, senza quella, giacerebbero sterili, inerti, non rivelandosi che a lampi, senza regolare sviluppo’

( Giuseppe Mazzini)

Quante volte abbiamo frainteso il valore della scuola e non abbiamo considerato i rischi del diventare ‘sterili, inerti’? Quante volte l’immagine di ‘scuola’ è stata limitata indegnamente alle quattro mura di un edificio crollante, dove magari un qualche professore mediocre, rivolgendosi allo sguardo spento di alunni agonizzanti, ripeteva con tono passivo le medesime parole del libro sbirciate di soppiatto?

A scuola le pareti non sono le uniche a essere ricoperte di muffa ma, in modo decisamente più allarmante, lo sono i suoi membri e coloro che dall’alto dovrebbero sostenerla e rivitalizzarla.

Non potremo mai pretendere una scuola ideale, se al di là degli impedimenti posti dallo stato,non saremo noi i primi a credere veramente  in essa,se non cominceremo a riconoscerla come radice essenziale di ogni percorso di crescita e formazione.

Sembra così facile oggi sbarazzarsi di ciò che è già marcio alle fondamenta e adagiarsi su  una nuova onda indirizzata verso  lidi molto più appetibili poiché immediati ed economicamente succulenti, eppure mai come adesso è necessario essere capaci di rinunciare a sé stessi, negare il proprio torna conto egoistico ,per costruire qualcosa di molto più grande, per lasciare in eredità al mondo una  piccola perla di speranza, per seminare  e far crescere nuovi germogli in mezzo ad una  terra arida e poco fertile.

Ora come non mai il pensiero ha bisogno di eroi che lo portino in volo, al di là delle barriere della corruzione perversa di scaltre e piatte menti politiche, battendosi contro gli ostacoli laceranti della realtà.

Mi rivolgo agli educatori di oggi, che siano  insegnanti , genitori o chiunque altro e li invito ad accettare con consapevolezza il loro ruolo di plasmatori di nuove menti  libere, di  personalità uniche e ineguagliabili.

Una ‘crisi educativa’, quella dei nostri giorni, che parte dunque dai vertici politici ed economici del  Paese ma che arriva a toccare le singole e più intime coscienze del  cittadino e le necessità di ogni ragazzo che nel 2011 inizia il suo cammino dietro un banco di scuola.

Sono proprio loro, i ragazzi, e in particolare gli studenti del primo anno del liceo scientifico ‘Vaccarini’ di Catania, a rispondere  ai microfoni di ‘generazione zero’.

Chiara ci dice ‘ solo studiando possiamo garantirci un futuro migliore,raggiungere i nostri obiettivi’eppure tra le loro parole  si intravede la disillusione di chi a 14 anni viene già bombardato da slogan di lutto che insistentemente ribadiscono alla mente le immagini delle  macerie e dei  problemi della vita comune : la preoccupazione di non  trovare un lavoro fisso,la precaria garanzia di un futuro sereno.

Mi chiedo dunque perché davanti a questo scenario scommettere ancora in qualcosa di così rischioso? Mi chiedo perché continuare a battersi e non scappare?

La paura è uno dei mezzi più comuni tramite il quale il mondo tende a preconfezionarci proprio come i surgelati delle sue multinazionali, identici e comodi da cucinare, eppure non ha mai portato frutto né ha dato motore a nessuna delle rivoluzioni,non ha risvegliato gli animi né ha contribuito ad arricchirli ma solo, lentamente , a farli morire.

 

Candida Mezzasalma  

 

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